I timidi segnali di reindustrializzazione sono sempre visti con sospetto e paura. Sentimenti irragionevoli, dettati da una narrativa dell’industria sporca, cattiva ed inquinante che oramai precedono ogni dibattito sull’occupazione, sullo sviluppo e sulla sostenibilità ambientale.
di Francesco Placco
Da qui ai prossimi mesi due progetti sono destinati a far discutere e ad animare la campagna elettorale dei crotonesi. Parliamo dell’impianto di biogas (QUI) e del rigassificatore (QUI), due impianti che dovrebbero sorgere nell’area industriale di Crotone e che avranno il compito di produrre e smerciare biogas prodotto dal compostaggio di rifiuti organici.
I ben informati sapevano del progetto già dallo scorso anno (QUI), quando a Doha, in Qatar, venne presentato il Progetto Hekate (QUI) che punterebbe, nello specifico, a rendere la città di Crotone un hub per l’importazione e la distribuzione del gas. Un progetto allettante e sul quale è ancora prematuro esprimere un giudizio ma che rappresenta un unico quanto timido segnale di reindustrializzazione.
La notizia non ha fatto in tempo ad essere di pubblico dominio, che il rigassificatore è stato subito definito “una vera e propria bomba in quiescenza alle porte della nostra città”.
Parola della senatrice Elisabetta Barbuto, che nell’annunciare l’ennesima interrogazione alla Camera dei Deputati (LEGGI) ha rispolverato i soliti temi cari ad una parte del fu Movimento 5 Stelle, ultimamente ripresi da altri esponenti. In sintesi? Non ci serve. Non ne abbiamo bisogno. Meglio altro. Non s’ha da fare!
Non si è fatta attendere la risposta della società direttamente interessata, che ha risposto a tutte le domande poste dalla senatrice con un comunicato stampa (LEGGI) ribadendo il totale rispetto di leggi ed iter.
Il progetto per il deposito da 20.000 metri cubi di gas naturale liquefatto, supportato dalla sezione locale di Confindustria e da Assocostieri (QUI), avrebbe ottenuto tutti i via libera necessari da Comune, Corap e Snam, mentre attenderebbe ora “solo” il parere della Regione e del MISE.
Leggere queste vicende porta inevitabilmente al passato, sotto più aspetti. Non è la prima volta infatti che ci viene proposta, in modo ingannevole, una sorta di “manna dal cielo” proveniente dall’estero: oggi parliamo di gas dal Qatar, in passato si parlava di infrastrutture cinesi (LEGGI) o villaggi turistici israeliani (LEGGI). E sappiamo tutti come andò a finire.
D’altro canto, non possiamo non ricordare la vicenda di Gioia Tauro. Un progetto simile venne presentato nel 2005 dalla LNG Medgas Terminal Srl, e venne approvato a distanza di 7 anni (QUI).
Nonostante le proteste nel 2013 sembrò essersi trovato un accordo (LEGGI) tra sindacati e associazioni, ottenendo anche il via libera dei portuali (LEGGI), eppure ad oggi, a distanza di quindici anni, del rigassificatore non c’è ancora traccia.
Un’impasse bella e buona, tra progetti farlocchi che rischiano di partire a danno di tutti e imprenditori seri bloccati nei loro progetti da proteste ed inquisizioni antiscientifiche.
Nel frattempo, la lentezza ed i continui ritardi finiscono per “regalare” le opere strategiche ai nostri vicini, come la Croazia, che da anni sfrutta a suo favore l’indecisione italiana autorizzando diversi impianti LNG cofinanziati dall’UE (QUI).
Il dibattito sullo sviluppo industriale di Crotone va avanti da tempo, sin da prima della tragica chiusura delle fabbriche. La conversione, la reindustrializzazione, la bonifica… parole che oramai assomigliano più ad una lista di punti da snocciolare in campagna elettorale (aspettiamoceli, da qui a breve) che non a delle priorità di assoluta urgenza; parole svuotate di ogni importanza visti anche gli anni passati “a vuoto”, senza che nulla si muovesse concretamente.
Il timido segnale di reindustrializzazione offerto dall’impianto in questione – che non sarà in grado di risollevare le sorti della città, ma neppure di affossarla o danneggiarla qualora dovesse prendere forma – è da coltivare e promuovere nell’ottica dello sviluppo non solo del circondario, ma anche nazionale.
Ostacolarlo a prescindere, dividendo l’opinione pubblica, è un danno perpetrato prima di tutto a quella città che idealmente si vuole difendere e promuovere.