Studenti catanzaresi “malati” di internet, lo rivela uno studio sulle dipendenze
I giovani catanzaresi sono "malati di internet". Potrebbe essere questa la sintesi di uno studio e di una pubblicazione scientifica finanziata dall'Amministrazione provinciale e curata da una docente di psichiatria dell’Università di Pisa, Donatella Marazziti e da un giornalista, Mario Campanella che a sua volta è un esperto di dipendenze e di disturbi dell'infanzia.
Lo studio verrà presentato il prossimo 3 febbraio proprio a Catanzaro ed il dato che, da una prima lettura, emerge significativo è che il 35,5 % degli studenti del capoluogo presenta “dipendenza dal web” e il 4 % ha una “sospetta Hikikomori”.
Lo screening ha riguardato oltre 250 studenti di età tra i 14 ed i 19 anni di tutta la provincia e suddivisi in base alla provenienza geografica. Dei test anonimi sono stati sommi strati ai ragazzi adeguando il questionario sulle dipendenze alle particolarità dei minori: escluse, per esempio, domande sulle eventuali compulsioni sessuali. Di questi, il 35%, appunto, “fa fatica a staccarsi da Internet”, commentano Marazziti e Campanella, e prediligono social network come Facebook o Whatsapp: i maschietti, in maggior parte preferiscono anche Playstation ed Xbox.
Dal campione si sono evidenziate anche cinque casi di giovani che avrebbero presentato “una chiara tendenza alla sindrome Hikikomori”, una che non consente più di relazionarsi al mondo esterno e comporta una “raffigurazione totalizzante del mondo virtuale”. Indicativo anche il dato sulla provenienza sociale e culturale dei ragazzi che non rappresenta secondo i relatori dell’indagine, “una discriminante sull'utilizzo della rete e dei meccanismi informatici e anche sulle dinamiche dipendenziali”.
Nell’esperimento, coinvolti due istituti: il liceo classico Galluppi e l'istituto tecnico Ferraris, le cui caratteristiche dimensionali e demografiche sono apparse eterogenee. Hanno collaborato anche l'istituto Roma Sapiens di Roma, attraverso due psicologhe, Gabriella Reda e Amelia Vommaro, e una psicoterapeuta, Lucia Nardi.
“Abbiamo scelto la Calabria sia per la sua storia radicale di regione del sud fortemente identitaria, sia perché bisognava testare l'incidenza delle dipendenze su un capoluogo di regione che – spiegano Marazziti e Campanella - non avesse macro-dimensioni. Dall'analisi effettuata sulle risposte emerge una sorta di legittimazione della dipendenza, che da un lato viene vissuta come ‘normale’, nel senso che sembra non provocare grandi frustrazioni, mentre dall'altro (in una logica contraddittoria comunque propria dell'adolescenza) la possibile assenza di collegamento genera ansia e confusione. Vi è da sottolineare che – concludono Marazziti e Campanella - questo 35 % si collega 4/6 ore o più ogni giorno o utilizza per analogo tempo i giochi informatici, mentre una buona parte del rimanente 65%, pur rimanendo in una soglia temporale più accettabile, si connette per almeno quattro ore giornaliere".