Cassazione: no a nozze gay, sì a tutela se lede principi fondamentali
Niente pubblicazioni e matrimonio per la coppia gay, sì allo statuto di diritti e doveri coerente con il rango costituzionale delle relazioni anche omosessuali, così come prevedono la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo.
A stabilirlo è la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza 2400/15, pubblicata il 9 febbraio. Gli ermellini hanno respinto il ricorso di una coppia gay che voleva sposarsi in Campidoglio e pubblicare le nozze. Nelle motivazioni si esclude che l'assenza di una legge per le nozze omosessuali produca la "violazione del canone antidiscriminatorio". La Suprema Corte sottolinea però "la necessità di un tempestivo intervento del legislatore" per dare "riconoscimento".
Infatti le norme ad hoc, tuttavia, in Italia ancora non ci sono e la protezione per le unioni omosessuali può acquisire un grado di protezione equiparabile a quello del matrimonio in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una disciplina legislativa determina una lesione dei diritti fondamentali che scaturisce dalla relazione fra persone dello stesso sesso.
Nel nostro sistema giuridico di diritto positivo il matrimonio tra persone dello stesso sesso non può produrre effetti perché non risulta previsto fra le ipotesi legislative di unione coniugale. Ma il nucleo affettivo delle relazioni omosex possiede comunque un rilievo costituzionale diretto grazie all’articolo 2 della Carta fondamentale: l’unione gay può dunque ottenere una protezione pari al matrimonio ogni volta che la mancanza di una disciplina legislativa si risolve nella lesione di un diritto fondamentale.
Insomma: il matrimonio omosessuale contratto all’estero non è contrario all’ordine pubblico italiano, anche se è escluso che nel nostro Paese il titolo straniero possa produrre gli effetti del vincolo matrimoniale. Ancora: tendere a rendere omogenei i diritti non è un’operazione riservata alla Corte costituzionale ma ben può essere svolta dal giudice comune perché l’interpretazione può essere anche orientata alla Cedu oltre che alla Carta fondamentale italiana.
Insomma: il legislatore nazionale può scegliere la forma più opportuna per regolamentare le unioni fra persone dello stesso sesso, mentre riconoscere il vincolo coniugale fra omosessuali sarebbe una creazione della giurisprudenza, che non rientra nell’armonizzazione dei diritti per il profilo dell’esercizio e della titolarità. Per Giovanni D'Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” si tratta certamente di un passo avanti di notevole portata che dovrebbe costituire un riferimento da prendere immediatamente in considerazione, come sottolinea oggi la Cassazione, anche da parte del legislatore del governo nazionale che non deve più perdere tempo per il riconoscimento definitivo della parità di diritti tra coppie di qualsiasi genere esse siano.