Por Fesr 2007/2013: stato di attuazione e prospettive, la relazione di Oliverio
A seguire pubblichiamo integralmente la relazione presentata oggi dal Presidente della Giunta Mario Oliverio al Consiglio Regionale della Calabria, sullo stato di attuazione e le prospettive offerte dal “Programma Operativo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2007/2013”
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INTRODUZIONE
Signor Presidente, Signori Consiglieri, ho proposto che questa seduta del Consiglio fosse specificatamente dedicata a una tematica di fondamentale importanza per la Calabria, che riguarda l’attuazione e le prospettive della Programmazione.
Ogni Programma, per l’ampiezza delle politiche, la rilevanza strategica, il quadro delle implicazioni e le problematiche gestionali e attuative, merita una trattazione ampia e più partecipata possibile.
Per queste ragioni, dedicherò questa esposizione, in particolare, al principale strumento che, com’è noto, è costituito dal Programma Operativo del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (POR FESR 2007/2013). Naturalmente, proporrò di dedicare, sempre in tema di fondi europei, le prossime sedute del Consiglio all’analisi degli altri Programmi, relativi al Fondo Sociale Europeo (FSE) - a cui peraltro farò rapidi cenni anche oggi -, al Fondo Europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (FEASR) e al Fondo Europeo della Pesca (FEP).
Il tema che ci accingiamo a discutere è fondamentale per la nostra economia e la nostra società. Per questo, avverto il dovere di fornire al massimo organo di rappresentanza democratica della Regione una fotografia dettagliata e oggettiva dello stato della situazione. Naturalmente, esporrò le mie valutazioni e argomentazioni in merito, anche in riferimento alla situazione economico-sociale della regione.
Nel contempo, illustrerò quelle che sono le decisioni già adottate e le azioni operative che il Governo regionale intende mettere in atto per gestire efficacemente e con efficienza la fase di chiusura del POR. Fase che, com’è noto, si concluderà alla fine di quest’anno, nel quale occorrerà, innanzitutto, tentare di minimizzare il rischio di disimpegno delle risorse, che pure sussiste, in ragione dei gravi problemi gestionali, operativi e di spesa che abbiamo ereditato dall’Amministrazione che ci ha preceduti nel governo della Calabria.
Proprio perché avverto l’esigenza di porre all’attenzione e alla discussione del Consiglio informazioni precise della situazione che abbiamo trovato e delle azioni che abbiamo - da subito - messo in atto, in questa relazione tratteggerò il quadro generale, con riferimento ai principali indicatori, e mi soffermerò sulle problematiche principali, rimandando all’appendice tecnica allegata, predisposta dagli uffici regionali, l’analisi e l’approfondimento di tutti gli elementi specifici e di dettaglio.
LO STATO DI ATTUAZIONE E LE PRIME MISURE ADOTTATE
In Europa, la Calabria è tra le regioni più in ritardo di sviluppo. I Fondi Europei dovrebbero servire per aiutare i territori come il nostro a recuperare terreno e favorire la crescita e l’occupazione.
Come a tutti noto, anche in considerazione dei pesanti vincoli regolamentari, dalle ristrettezze del bilancio ordinario e dello stato dell’economia regionale, gli strumenti comunitari - il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), il Fondo Sociale Europeo (FSE), il Fondo Europeo per l’Agricoltura e lo Sviluppo Rurale (FEASR), il Fondo Europeo per la Pesca (FEP) - così come il Fondo Nazionale di Sviluppo e Coesione, costituiscono, di fatto, gli unici strumenti per gli investimenti sullo sviluppo, la crescita e l’occupazione.
Per questa ragione, l’efficienza gestionale, operativa e di spesa dei Fondi è cruciale, costituendo la precondizione per il loro efficace utilizzo.
Al 31 ottobre scorso, che è la data a cui fanno riferimento tutti i dati ufficiali anteriormente al mio insediamento, la Calabria era tra le ultime nella spesa dei Fondi della Programmazione 2007/2013.
I dati, presentati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri lo scorso 4 novembre 2014, fotografavano una situazione così sintetizzabile: la Calabria era, dopo la Campania, l’ultima Regione d’Italia per la spesa sul FESR certificata al 31 ottobre.
Il POR FESR era giunto ad appena 872,7 milioni di euro di spesa, corrispondente al 43,7 % del totale (1,998 milioni di euro). Totale che, peraltro, a seguito del Piano di Azione e Coesione (PAC) del 2011, era stato ridotto di circa un miliardo rispetto alla dotazione iniziale. Senza questa riprogrammazione, la capacità effettiva di spesa certificata a ottobre scorso sarebbe stata ancora peggiore in percentuale, riducendosi al 29,1%.
Per inciso, anche il Fondo Sociale Europeo (FSE) presentava - sempre al 31 ottobre - una situazione critica, collocandosi, la Calabria, all’ultimo posto in Italia, con 505,3 milioni di euro spesi, pari al 63,1%.
Quindi, a ottobre scorso, cioè a poco più di un anno dalla chiusura dei Programmi, la Regione Calabria:
- aveva speso meno della metà delle risorse del POR FESR;
- aveva speso meno dei due terzi delle risorse del POR FSE.
In particolare, per il POR FESR, dovendo rendicontare tutta la spesa programmata (1,998 milioni di euro) entro dicembre 2015 per evitare la perdita definitiva delle risorse, lo scenario che si presentava ad ottobre 2014 era questo: nei successivi 14 mesi, il POR FESR avrebbe dovuto spendere 1 miliardo e 126 milioni di euro, cioè molto di più del totale dei sei anni precedenti.
In altre parole, per spendere tutte le risorse rimanenti, a partire da ottobre 2014 e per i successivi 14 mesi, la spesa avrebbe dovuto viaggiare ad una velocità dieci volte superiore a quella realizzata fino a quella data.
Dal canto suo, per inciso, il POR FSE avrebbe dovuto spendere, negli stessi 14 mesi, quasi 300 milioni di euro, cioè viaggiare ad una velocità quattro volte superiore a quella media dei sei anni precedenti.
È ovvio che il raggiungimento di questi obiettivi implicava, quindi, non solo un’eccezionale capacità di accelerazione e rendicontazione della spesa da parte della Regione, ma anche una corrispondente e straordinaria capacità di risposta del sistema calabrese (imprese, sistemi produttivi, enti locali).
Questa la situazione che ho trovato all’atto del mio insediamento, il 10 dicembre 2014.
Questa è la situazione che il governo regionale di questi anni ci ha lasciato in eredità.
Con questi numeri, al momento del mio insediamento, salvare le risorse dal disimpegno appariva una missione quasi impossibile.
A questa prospettiva generale, si legava una situazione di estrema emergenza, che occorreva affrontare subito ed era direttamente legata al basso livello della spesa a ridosso della prima scadenza comunitaria, quella del 31 dicembre 2014, rispetto alla quale incombeva il grave rischio di perdita di risorse: entro tale termine, difatti, la Regione avrebbe dovuto rendicontare 305,6 milioni di euro sul FESR e 96 milioni di euro sul FSE.
Una situazione drammatica, molto difficile, al limite del collasso.
Si imponeva, dunque, un intervento di emergenza, per scongiurare il rischio di perdere le risorse da rendicontare entro il 31 dicembre. Intervento che bisognava scandire con una tabella di marcia forzata, dall’esito incerto, per tentare di salvare il salvabile ricorrendo a tutti gli strumenti di accelerazione e rendicontazione della spesa consentiti dai Regolamenti comunitari.
Per questa ragione, siamo intervenuti mettendo in atto un’azione straordinaria di accelerazione e rendicontazione e siamo riusciti a raggiungere il target di spesa, rendicontando in poche settimane un volume straordinario di risorse: alla fine abbiamo portato la spesa del POR, per l’annualità 2014, a 463,1 milioni di euro.
Si tratta del massimo valore in tutto il periodo di spesa, che parte dal 2009, addirittura superiore alla somma delle spese complessivamente certificate nel 2011, 2012 e 2013.
Grazie a questo piano straordinario di rendicontazione, la spesa complessiva del Programma da 868,8 milioni di euro (che era l’ultimo dato di spesa disponibile, aggiornato al 31 ottobre) è salita a 1.192,5 milioni di euro al 31 dicembre.
Quest’attività, fra personale dell’Amministrazione regionale (Autorità di Gestione, responsabili di linea, unità di monitoraggio e controllo), strutture di assistenza tecnica, revisori contabili e task torce ministeriali, ha visto in campo circa 220 unità che hanno intensamente operato fino al dicembre 2014 per raggiungere tale obiettivo.
Non è finita. Oltre all’emergenza sulla spesa, abbiamo dovuto fronteggiare un’altra situazione paradossale. E’, infatti, dal 2011 che la Commissione Europea ha interrotto i pagamenti sul FESR, avendo rilevato, a più riprese, una perdurante e seria insufficienza del sistema dei controlli.
Il tema della sospensione dei pagamenti rappresenta una criticità estremamente rilevante, che ha gravi effetti non solo sull’attuazione del Programma ma anche sulla stessa gestione del bilancio regionale, con conseguenze sia sul raggiungimento dei target di spesa sia sulla disponibilità finanziaria in termini di cassa.
Di fatto, l’interruzione del flusso dei pagamenti da parte della Commissione Europea impatta direttamente sul bilancio della Regione, che è costretta, per compensare il mancato incasso dei rimborsi comunitari, a fare leva sulle sole risorse ordinarie per realizzare gli investimenti programmati.
Una situazione che, evidentemente, se protratta per lungo tempo, come sta avvenendo in Calabria, può indurre gravi criticità nella gestione del bilancio e costringere l’Amministrazione, di fatto, a ricorrere massicciamente ai cosiddetti “progetti retrospettivi” per rispettare gli obiettivi di spesa dei POR.
La vicenda, la cui cronistoria è riportata nell’allegato tecnico alla presente relazione, presenta aspetti di particolare gravità.
La Commissione Europea, sin da febbraio 2011, aveva notificato alla Regione l’interruzione dei rimborsi delle domande di pagamento e richiesto l’adozione di misure correttive ai sensi del Regolamento (CE) 1083/2006. Nonostante le controdeduzioni formulate, a più riprese, dall’Autorità di Gestione, unitamente all’informativa sull’adozione di misure correttive e strutturali per rispondere alle carenze evidenziate - evidentemente giudicate insufficienti o inadeguate in sede comunitaria - la Commissione ha comunque disposto, a gennaio 2012, la sospensione dei pagamenti intermedi del POR Calabria FESR 2007-13 e ha prescritto l’adozione di appropriate misure migliorative del funzionamento del sistema di gestione e controllo. Sospensione che è ancora in essere, dopo che sono trascorsi ormai più di tre anni.
Anche su questo fronte abbiamo dovuto mettere in campo un intervento risolutore.
Abbiamo, per questo, risposto alle ultime osservazioni della Commissione sul sistema dei controlli, che sollevavano dubbi rispetto alle scelte organizzative operate dalla precedente Giunta Regionale sull’attribuzione di funzioni dell’Autorità di Gestione.
La missione di Audit, che la Commissione ha svolto nel mese di gennaio, ha avuto esito positivo.
Per queste ragioni, ci attendiamo, nei prossimi giorni, la conferma ufficiale dello sblocco dei pagamenti da parte della Commissione Europea.
LE PRINCIPALI CRITICITÀ
Come dettagliato nel documento tecnico allegato a questa relazione, il Programma Operativo sconta un ritardo generalizzato su quasi tutti gli Assi prioritari.
Le performance finanziarie più rilevanti, che si registrano nei settori ambiente e trasporti, sono state ottenute prevalentemente grazie al ricorso ai progetti retrospettivi. Oppure, come nel caso del settore dei sistemi produttivi, grazie ai fondi di ingegneria finanziaria, che consentono di certificare spesa al momento della loro attivazione, fermo restando che la rendicontabilità finale dipenderà dall’utilizzo delle suddette risorse da parte del sistema produttivo.
Le criticità sull’attuazione del Programma sono di diversa natura, in alcuni casi di carattere generale, in altri connesse alle singole misure.
Un aspetto critico tra i più evidenti riguarda l’eccessiva numerosità e l’estrema frammentazione degli interventi, con una prevalenza degli interventi di importo inferiore a 5 milioni di euro (pari al 58% del totale), seguiti dagli interventi di importo superiore a 5 milioni (32%) e dagli strumenti di ingegneria finanziaria (10%).
Anche sulla governance del POR, emergono problematiche e criticità rilevanti. La maggior parte delle operazioni sono a “regia regionale” ovvero attuati da beneficiari diversi dall’amministrazione regionale. A parte lo scollamento tra le misure a titolarità e quelle a regia regionale, la cui calibratura va attentamente rivista, nel caso degli interventi a regia, oltre ai tempi di avvio delle procedure e selezione dei beneficiari, in questi casi, sia aggiungono i tempi per progettazione, l’acquisizione dei pareri di legge, l’indizione e l’aggiudicazione delle gare.
Nell’ambito dell’Asse I – Ricerca Scientifica e Società dell’Informazione, la scarsa capacità di coordinamento tra gli attori e la debolezza della governance hanno inciso significativamente sulla performance degli interventi per il sostegno alla ricerca e all’innovazione, un tema cruciale per la competitività dei sistemi produttivi e per l’innovazione sociale.
Considero le politiche per la ricerca e l’innovazione degli ultimi anni come un evidente fallimento e un’occasione persa, che ha comportato, tra l’altro, il mancato rafforzamento del sistema regionale dell’innovazione. Se disponessimo di una infrastruttura sistemica per la messa in rete e il rafforzamento dei diversi attori del sistema (università, centri di ricerca e trasferimento tecnologico, ecc.), potremmo oggi affrontare in modo molto diverso il nuovo Programma Operativo 2014/2020, con migliori prospettive di implementazione della strategia di specializzazione intelligente che dovrà non solo accompagnare e indirizzare le misure per l’innovazione ma anche costituire il cuore strategico della nuova programmazione, in coerenza con gli indirizzi comunitari e nazionali.
Tuttavia, va detto che, tra le poche iniziative di rilievo avviate nel Programma, sempre nell’Asse I sono compresi anche gli interventi per la creazione dell’infrastruttura della banda ultra larga, che coprirà, entro il 2016, l’intero territorio regionale e costituirà un elemento di grande potenzialità per la nostra regione.
L’Asse II Energia, nonostante registri una delle migliori performance del Programma, si compone di un numero molto elevato di interventi: tale frammentazione è uno degli aspetti più complessi della fase gestionale e attuativa. Ciò nonostante, è probabile che questo al settore vengano assegnate ulteriori risorse nell’ambito della rimodulazione del Programma che dovremo effettuare entro l’estate.
Le misure per il sistema ambientale comprese nell’Asse III fanno registrare una buona performance finanziaria, garantita, tuttavia, soprattutto dai progetti promossi nell’ambito degli APQ. Le misure più rilevanti (difesa del suolo, sistema idrico, il sistema dei rifiuti e le bonifiche) scontano la debolezza delle strategie di settore, l’assenza di coordinamento delle diverse componenti delle filiere, l’incertezza del quadro normativo regionale regolamentare e pianificatorio. Si pensi, ad esempio, ai rifiuti, dove la componente infrastrutturale non è mai partita e solo con i provvedimenti che la nuova Giunta Regionale ha definito, è stato dato impulso agli interventi di rinnovo e manutenzione degli impianti esistenti.
L’Asse IV - Qualità della vita ed inclusione sociale, promuove soprattutto interventi per l’adeguamento infrastrutturale e tecnologico delle scuole e gli interventi per la sicurezza e la legalità. Il primo gruppo, la cui attuazione è affidata al Ministero dell’Università e della Ricerca, non registra particolari criticità e dovrebbe essere portato a termine nel corso del Programma.
L’Asse V - Risorse naturali, culturali e turismo sostenibile, che avrebbe dovuto promuovere e valorizzare i più importanti asset di questo territorio, ha completamente fallito. Le misure per il turismo e la cultura mostrano un gravissimo ritardo attuativo. Secondo le previsioni, la spesa al 31 dicembre 2015 non consentirà di coprire l’intera dotazione e probabilmente l’Asse subirà una decurtazione nella rimodulazione del Programma. Le criticità sono imputabili principalmente alle misure che sono ricomprese nei PISL - sui quali mi soffermerò in seguito - e agli interventi di riqualificazione e valorizzazione dei beni culturali, avviati con grande ritardo solo a seguito di una lunghissima fase di pianificazione settoriale. In linea generale, è evidente che la strategia di sviluppo turistico sostenibile e di valorizzazione del patrimonio culturale va completamente rivista e rifondata su nuovi modelli e d una nuova visione strategica.
L’Asse VI - Reti e collegamenti per la mobilità, che promuove interventi per il sistema dei trasporti e la mobilità, è fortemente condizionato dalla ritardata, o in alcuni casi, mancata attuazione dei Grandi Progetti: le metropolitane di Catanzaro e Cosenza, la strada a scorrimento veloce Gallico-Gambarie, la nuova Aerostazione di Lamezia. La buona performance finanziaria dell’Asse si giustifica prevalentemente grazie ai progetti retrospettivi.
Di fronte a questo quadro, una riflessione approfondita s’impone come un passaggio obbligato. Non voglio mettere in discussione le scelte iniziali e non voglio entrare nel merito della rilevanza di questi interventi. Dobbiamo, però, esaminare attentamente cosa è successo, anche per non ripetere gli stessi errori nel futuro.
Alcuni elementi emergono con chiarezza dall’analisi dei dati.
Sono state congelate ingenti risorse del Programma su interventi che ancora non sono partiti, che produrranno pochissima spesa entro i termini di chiusura del Programma e incideranno in maniera significativa sulla prossima programmazione, che dovrà coprire le spese non realizzate nella fase attuale.
Si tratta certamente di operazioni complesse, i cui tempi di realizzazione non sono forse compatibili con le stringenti scadenze comunitarie. Tuttavia, come nel caso dei Grandi Progetti, siamo ancora, nel 2015, alle fasi iniziali: per questo, non possiamo parlare di ritardi fisiologici. La verità che è mancata un’azione forte da parte dell’Amministrazione volta ad accelerare le fasi preliminari, ottenere una rapida approvazione dei progetti da parte della Commissione, predisporre e gestire con efficacia le gare e affidare i lavori.
I lavori delle metropolitane non sono stati ancora avviati: per Catanzaro siamo in fase di sottoscrizione del contratto, mentre per Cosenza non sono stati ancora affidati i lavori, visto che ben due gare sono andate deserte. I lavori della strada Gallico-Gambarie sono stati consegnati solo qualche giorno fa. L’intervento per la realizzazione della nuova Aerostazione di Lamezia si trova ancora nelle fasi preliminari, alle quali abbiamo impresso immediatamente un’accelerazione: stiamo, infatti, per notificare alla Commissione la procedura per ottenere il consenso sul regime di aiuto. Tutti questi interventi produrranno pochissima spesa da rendicontare su questo Programma e, quindi, dovranno essere finanziati con le risorse comunitarie 2014/2020 o con il prossimo Piano di Azione Coesione.
Altro grande punto di crisi del Programma è rappresentato dalle misure di sostegno alle imprese, finanziate prevalentemente nell’ambito dell’Asse VII. In questo caso, le debolezze risiedono, da una parte, nella modalità di gestione delle procedure di aiuto e, dall’altra, nel disegno e nella gestione degli strumenti di ingegneria finanziaria.
Si tratta di uno dei temi che ho affrontato con incisività anche nell’ambito della DGR per l'accelerazione e la chiusura del Programma che tratterò nel seguito. Il sistema regionale di aiuti alle imprese, va completamente rivisto, introducendo meccanismi di automaticità e coinvolgendo il sistema delle imprese sin dalla programmazione degli interventi. Nel passato sono stati definiti strumenti non sempre corrispondenti alle reali necessità delle imprese e con una gestione procedure non efficiente. Non esistono strutture specializzate interne alla Regione e al contrario ogni settore gestisce le proprie misure senza le necessarie competenze e conoscenze. Non si ricorre a strutture esterne di qualità né si fatto ricorso ad organismi intermedi; inadeguata è stata la risposta offerta da Fincalabra, alla quale è affidata la gestione di numerose misure di aiuto. I dati sono inconfutabili: i tempi che intercorrono tra la pubblicazione degli avvisi e la formalizzazione e l’erogazione delle prime risorse alle imprese superano quasi sempre l'anno.
Abbiamo trovato ferme procedure che avrebbero potuto rappresentare una risposta importante in una fase di forte criticità per gli investimenti produttivi. Abbiamo sbloccato le risorse per i contratti di investimento che sono finalizzati a creare e rafforzare i sistemi produttivi locali attraverso il sostegno alla realizzazione di infrastrutture e servizi per l'innovazione, l'internazionalizzazione, la logistica e la commercializzazione. Le risorse rese disponibili sono pari a 65,8 milioni di euro e saranno erogate sulla base di una graduatoria di merito a gruppi di imprese che soddisferanno i requisiti di qualità progettuale e sostenibilità finanziaria dei relativi programmi di investimento.
Nei prossimi giorni rilanceremo anche il tema degli aiuti alle imprese che operano nel turismo e nella valorizzazione delle risorse naturali e culturali.
Un altro tema dolente è quello del credito. I fondi di ingegneria finanziaria ai quali sono stati assegnati un volume consistente di risorse, pari a circa 120 milioni di euro, sono stati utilizzati pochissimo. Se è pur vero che il contenuto utilizzo è ascrivibile alla bassa domanda di finanziamenti da parte delle imprese, quale conseguenza della contrazione degli investimenti e della crisi economica, non sono affatto tollerabili i ritardi tecnico-amministrativi per la messa a regime dei diversi strumenti. Anche qui bisogna lavorare per semplificare, ridurre gli oneri a carico delle imprese e puntare su pochi strumenti.
In una situazione di estrema difficoltà economica, come quella che stiamo vivendo nella nostra regione, le risorse dei fondi strutturali devono necessariamente contribuire all’obiettivo dello sviluppo, rimettendo le piccole imprese, in primo luogo manifatturiere, al centro delle nostre politiche economiche.
Questo significa rivedere l’ordine delle priorità e significa utilizzare parte delle risorse comunitarie in funzione anticongiunturale, immaginando una scansione temporale degli interventi capace di sostenere, nei primi anni della programmazione, la moltiplicazione degli effetti degli investimenti aumentando la competitività e l'occupazione.
Tale azione avrebbe un duplice obiettivo: da un lato generare domanda pubblica e aspettative nel circuito dell’economia regionale, dall’altro attivare interventi che, sebbene innescati in funzione anticiclica, abbiano comunque valore strutturale e innovativo, e rafforzino il tessuto produttivo sostenendo la propensione all’investimento ed alla innovazione.
Le misure per lo sviluppo territoriale previste dall’Asse VIII richiederanno un approfondimento specifico e una valutazione appropriata, che ho chiesto agli uffici di avviare. Le due grandi direttrici dell’intervento regionale nella Programmazione 2007/2013 sono state i Progetti Integrati di Sviluppo Urbano (PISU) e i Progetti Integrati di Sviluppo Locale (PISL).
I PISU, dopo una lenta fase iniziale, che ha comportato una riduzione finanziaria delle misure, sono ormai avviati e dovrebbero garantire la spesa dell’intera dotazione loro assegnata.
Critica è, invece, la situazione dei PISL che, al 31 dicembre 2014, hanno registrato, sulle misure infrastrutturali e servizi, solo il 3% della spesa, mentre sulle misure di aiuto alle imprese non si registra, in sostanza, nessun avanzamento. Diversi interventi sembrano essere in fase di avvio e aver terminato le fasi di appalto e aggiudicazione, per cui ci aspettiamo che una parte della spesa venga realizzata entro il 2015. La maggior parte degli interventi rischia, però, di non poter essere ultimata entro i termini di chiusura del Programma e, pertanto, stiamo individuando canali finanziari alternativi, per salvaguardare gli investimenti delle amministrazioni locali e consentire il completamento dei progetti.
I ritardi dei PISL sono frutto della complessità procedurale che ha caratterizzato l’impostazione delle misure e delle difficoltà attuative che contraddistinguono l’attuazione delle opere pubbliche. La selezione degli interventi e la stipula degli accordi con i soggetti beneficiari è stata segnata da una serie di passaggi intermedi estremamente complessi e ridonanti, se guardiamo alla tipologia degli interventi effettivamente finanziati. In gran parte dei casi, l’integrazione sembra essere rimasta sulla carta, sono stati individuati numerosi interventi puntuali, frammentati, di modesta dimensione finanziaria. Alle criticità legate al disegno dello strumento e delle fasi preliminari di valutazione e approvazione, si aggiungono quelle inerenti le fasi attuative dei progetti, in merito ai tempi necessari per i pareri di compatibilità, alle procedure di aggiudicazione, ai ritardi nelle fasi attuative.
Del resto, consentitemi di rammentare che, già quattro anni fa, quando il percorso dei PISL era ancora in fase di avvio, da Presidente della Provincia di Cosenza avevo espresso, nelle diversi sedi formali, molte e diverse perplessità sull’impostazione della stratega di sviluppo locale della Regione: la mia amministrazione fu, infatti, l’unica a non sottoscrivere il Protocollo d’Intesa, non condividendone i presupposti e non ravvisandovi né una concreta politica di sviluppo sostenibile né obiettivi di spesa realmente perseguibili nei tempi del Programma.
Sono fermamente convinto che le nostre politiche di sviluppo debbano valorizzare la dimensione territoriale e il principio di integrazione degli interventi e delle competenze, sia per armonizzare degli interventi promossi dalle risorse comunitarie e gli interventi ordinari sia allo scopo di coordinare e far dialogare i diversi soggetti coinvolti nella realizzazione di progetti e programmi.
Ma l’attenzione al territorio, che va sempre sostenuta da una visione strategica regionale, deve tradursi in una forte azione da parte della Regione che va orientata, innanzitutto, a rafforzare la capacità degli enti locali di sollecitare e interpretare la domanda di sviluppo delle comunità e tradurla in una visione strategica coerente, integrata e unitaria, che eviti la frammentazione e la dispersione delle operazioni. Nel contempo, occorre migliorare la capacità delle amministrazioni locali nella progettazione e gestione degli interventi, per evitare i ritardi e le difficoltà che oggi registriamo.
IL PIANO D’AZIONE PER L’EFFICIENZA DELLA SPESA E LE PROSPETTIVE DI CHIUSURA DEL PROGRAMMA
Il 2015, che coincide con l’anno di chiusura dei Programmi Operativi del FESR e del FSE, si presenta difficile. L’eredità che ci lascia il passato governo regionale è pesante.
Per il POR FESR 2007/2013, in particolare, la sfida per il 2015 appare densa di rischi, in quanto il target da raggiungere è pari alla totalità del Programma, cioè 1.998 milioni di euro.
La distanza che, oggi, ci separa da questo target ammonta a circa 806 milioni di euro.
In considerazione di questo differenziale e dell’importanza cruciale che il raggiungimento del target citato rappresenta per la Calabria, la Giunta Regionale ha approvato, con la Deliberazione n. 26 del 23 febbraio, un Piano d’Azione per l’Efficienza di Spesa, che ridisegna il quadro programmatico, gli strumenti operativi e il cronoprogramma all’interno del quale le singole strutture regionali dovranno operare al fine di massimizzare i risultati di spesa per l’annualità corrente.
Con questa Deliberazione della Giunta, si esce da una fase di continua emergenza caratterizzata da soluzioni “spot”, per approdare a una fase di programmazione sistemica delle azioni da porre in essere per garantire la migliore esecuzione del Programma.
In particolare viene scandita, con cadenza temporale definita, una serie di adempimenti che ciascun attore regionale coinvolto (Autorità di Gestione, Dipartimento della Programmazione, Dipartimenti responsabili dell’attuazione, etc.) dovrà compiere al fine di raggiungere l’obiettivo di spesa prefissato.
Con l’adozione del Piano d’Azione vengono introdotti, inoltre, importanti innovazioni nella gestione del Programma, tra i quali l’attivazione di un monitoraggio rafforzato degli interventi, grazie all’implementazione di nuove funzionalità del sistema informativo che consentono di controllare in maniera continua e rendere visibili l’andamento del programma e i risultati raggiunti.
Si prevede, inoltre, la costituzione di specifiche task force tematiche, dedicate alla risoluzione delle problematiche connesse a tipologie di interventi particolarmente rilevanti, come i PISL, i PISU, i Grandi Progetti, i regimi d’aiuto, gli strumenti di ingegneria finanziaria e le infrastrutture pubbliche di rilevanza strategica.
Il Piano d’Azione è stato condiviso con la Commissione Europea, che ha apprezzato il puntuale lavoro di programmazione svolto in così poco tempo. I servizi della Commissione saranno costantemente aggiornati sull’andamento del Piano come sulle eventuali criticità riscontrate.
La batteria delle soluzioni operative che sono state definite dal Piano è ampia e comprende, tra l’altro: la riprogrammazione delle economie; la gestione delle eventuali modifiche delle decisioni comunitarie sui Grandi Progetti; l’individuazione di operazioni che potranno essere completate con le risorse della programmazione 2014/2020; il monitoraggio degli strumenti di ingegneria finanziaria, per valutarne l’effettivo impatto sulla spesa; la semplificazione delle procedure di erogazione e gestione dei regimi di aiuto; la programmazione dei pagamenti anche al fine di evitare la concentrazione della certificazione della spesa a fine anno; la messa in campo di un sistema di monitoraggio rafforzato del POR, al fine di rilevarne in via speditiva lo stato di avanzamento e migliorarne l’attuazione; l’attivazione di specifiche task force per gli interventi in ritardo di attuazione, al fine di porre in essere tutte le misure necessarie per accelerare la spesa.
Come detto, il Piano d’Azione per l’Efficienza della Spesa fissa una road map puntuale in tema di chiusura della Programmazione 2007/2013, al fine di recuperare i ritardi accumulati. Il Piano dispone, per ogni macro-procedura, le azioni da porre in essere, la tempistica, le responsabilità e gli adempimenti, delineando un processo attuativo che dovrà garantire lo svolgimento delle diverse operazioni, evitando situazioni emergenziali e riducendo al minimo le criticità.
La messa a regime dell’attività di monitoraggio "rafforzato", in particolare, è intesa a evidenziare tempestivamente e con procedure molto semplificate lo stato di avanzamento e attuazione del Programma.
Questo insieme coordinato di azioni e misure per l’accelerazione e la rendicontazione della spesa ci consente di formulare previsioni più attendibili per la chiusura del Programma.
La sfida per scongiurare il rischio del disimpegno delle risorse è del tutto aperta: su di questa grave la pesante eredità di questi anni, con tutto il carico di implicazioni e problemi che porta con sé. Tuttavia, con le misure che abbiamo già definito e con le altre che seguiranno, possiamo guardare con un pizzico di fiducia in più ai mesi che ci attendono da ora fino alla conclusione del ciclo di programmazione.
GLI IMPATTI DEL CICLO 2007/2013 SULLA NUOVA PROGRAMMAZIONE 2014/2020
Le situazioni di criticità che ho appena illustrato sulla Programmazione 2007/2013 hanno prodotto risultati negativi non solo, com’è ovvio, sull’andamento della spesa e sull’efficacia degli investimenti all’interno del medesimo quadro programmatorio, ma hanno addirittura generato un impatto, molto serio, anche sul nuovo ciclo 2014/2020.
Questo punto merita una particolare attenzione.
Per questo, intendo fornire al Consiglio alcune informazioni generali e, soprattutto, alcuni specifici elementi di valutazione sulla nuova Programmazione 2014/2020 che, in varia misura, sono strettamente interconnessi con il ciclo 2007/2013.
La prima questione che, all’atto del mio insediamento, ho dovuto registrare è che, anche sul fronte della nuova programmazione 2014/2020, la Regione aveva accumulato gravi ritardi.
Quando ho assunto formalmente la carica di Presidente della Regione, il 10 dicembre 2014, la procedura di trasmissione del POR 2014/2020 agli uffici della Commissione Europea non era ancora completata ed era ferma da mesi.
Lo sblocco è avvenuto su mia iniziativa e il POR è stato trasmesso a Bruxelles il 18 dicembre scorso.
Voglio essere molto esplicito: a causa dei ritardi accumulati dalla precedente amministrazione, il ciclo della Programmazione 2014/2020 in Calabria potrà formalmente essere avviato non prima di alcuni mesi e solo una volta avuta l’approvazione da parte della Commissione Europea.
Il Consiglio Regionale e i calabresi devono sapere che questo comporterà, di conseguenza, un ritardo anche nell’avvio dell’attuazione del POR 2014/2020.
Anche sul tema della dimensione finanziaria del Programma - che comprende sia le risorse del FESR che il FSE - ci sono alcune informazioni fondamentali che intendo fornire al Consiglio con estrema chiarezza.
La dotazione finanziaria del Programma, inizialmente pari a 3.568 milioni di euro a seguito della ripartizione tra le Regioni, è stata ridotta a 2.378 milioni, a causa della diminuzione del tasso di cofinanziamento nazionale, che dal 50% è passato al 25%.
Questa riduzione, applicata alla Calabria, alla Sicilia e alla Campania, è stata assunta con decisione del Governo nazionale proprio in ragione dei bassi livelli di spesa di queste tre Regioni nell’ambito della Programmazione 2007/2013.
In altre parole, per la Calabria, la bassa percentuale di spesa registratasi sui Programmi 2007/2013 ha avuto un impatto negativo anche sulle risorse assegnate per il ciclo 2014/2020.
Si tratta di un fatto oggettivo e incontrovertibile: a causa dell’incapacità gestionale del precedente governo regionale, la Calabria può contare, per la Programmazione 2014/2020, su un monte complessivo di risorse che, tra FESR e FSE, è inferiore a quanto inizialmente programmato in una misura pari a ben 1.190 milioni di euro.
Questo dato, di evidente inaudita gravità e mai verificatosi prima d’ora, peserà sull’economia e la società calabrese per tutti gli anni a venire.
Anche su questo fronte, abbiamo dovuto agire con rapidità e decisione, avviando un’interlocuzione con il Governo nazionale, allo scopo di recuperare, nella misura massima possibile, le risorse non assegnate.
Questa interlocuzione ha avuto esito positivo: i danni ereditati dalla pessima gestione del passato sono stati, in parte, riparati. Posso pertanto comunicarvi, con soddisfazione, che il Cipe, nella seduta del 28 gennaio, ha approvato la proposta relativa al cofinanziamento pubblico nazionale dei programmi europei per il periodo di Programmazione 2014-2020, stabilendo che le risorse del Fondo di Rotazione concorrono al finanziamento dei Piani di Azione e Coesione destinati agli stessi territori. In altre parole, la decurtazione subita dal POR 2014/2020 sarà recuperata, in gran parte, sul fondo nazionale.
Questo ci consentirà, da una parte, di gestire con più efficienza ed efficacia un POR con minore dotazione finanziaria. Dall’altra, ci permetterà di impegnare minori risorse del bilancio regionale per il cofinanziamento.
Ovviamente, sulle risorse recuperate sul Fondo di Coesione, l’interlocuzione con il Governo nazionale procederà speditamente, attraverso l’apertura di un tavolo che avrà l’obiettivo di definire gli obiettivi del programma parallelo - che confluirà in un nuovo Piano d’Azione Coesione - e le modalità di integrazione e complementarietà con il POR.
PROBLEMI STRUTTURALI ED EFFICACIA NELLA PROSPETTIVA FUTURA
Nella crisi italiana, il Sud versa in una situazione di difficoltà finora mai sperimentata, per fattori di ordine strutturale nell’architettura dell’economia e della società, da cui derivano, in particolare, le situazioni di estrema gravità sul versante dell’occupazione, della qualità dei servizi e delle prospettive di investimento.
Il ritardo strutturale del Sud condiziona anche la congiuntura. Alla distanza col Centro Nord in termini di reddito e occupazione, stazionaria da un cinquantennio, si accompagnano divari in quasi tutti i servizi pubblici fondamentali per la qualità della vita: sanità, accesso al servizio scolastico e livelli di apprendimento, cura dei bambini, trasporti pubblici, gestione dei rifiuti urbani, servizi energetici, giustizia, sicurezza, cura per gli anziani, ricerca e innovazione, reti e società digitali, servizio idrico integrato, servizi alle imprese, ecc.
L’insieme di questi servizi, da cui dipendono la crescita economica e l’inclusione sociale, configura l’agenda della politica per lo sviluppo e la coesione.
La Calabria acuisce e rende più evidenti e spesso più gravi le situazioni che si manifestano, in generale, in tutto il Mezzogiorno, finendo per presentarsi come una sorta di spazio simbolico dell’arretratezza, perennemente intrappolato nella morsa tra emergenze contingenti e criticità strutturali di lungo periodo.
Il ritardo, l’inefficienza gestionale e la bassa efficacia dei Fondi comunitari costituisce un importante elemento di ulteriore aggravamento di un quadro, di per sé, già profondamente depresso sul piano dell’economia.
Il ciclo 2007-2013 si è presentato al suo anno conclusivo, il 2015 appunto, con risultati di spesa assai negativi, che costringeranno il nuovo governo regionale a un intervento, straordinario e senza precedenti, per tentare di salvare il salvabile degli 806 milioni di euro che bisognerà rendicontare entro dicembre.
Da che esiste la programmazione comunitaria, la Calabria è tra le Regioni italiane più in difficoltà nell’attuazione dell’agenda comunitaria per lo sviluppo e la coesione e nella gestione dei Fondi Europei. Tutti i cicli di programmazione che si sono succeduti dal 1994 ad oggi hanno avuto, pur tra le differenze d’impostazione ed anche di attuazione, un comune denominatore: la scarsa efficienza integrata con l’inefficacia delle politiche.
La programmazione comunitaria, sul piano della crescita economica e sociale, non è riuscita a generare quegli impatti e quei risultati, che pure erano attesi ed erano stati posti come finalità generali. Al netto di pochi interventi che hanno registrato avanzamenti importanti (come nel settore dell’energia o nell’attuazione dell’agenda digitale), di rari fattori in lieve miglioramento e di sporadiche singole esperienze positive (che riguardano imprese, progetti o amministrazioni virtuose, che pure esistono e si segnalano come casi interessanti), nessun indicatore-chiave e nessun problema strutturale dell’economia è stato significativamente intaccato o risolto, né sono state create le condizioni per un reale recupero del divario in termini di reddito, produzione di ricchezza, occupazione, qualità dei servizi, qualità della vita dei cittadini.
Che sono esattamente le finalità verso le quali dovrebbero tendere, con il concorso degli strumenti della programmazione nazionale e comunitaria, le politiche regionali.
All’inefficienza gestionale e di spesa, particolarmente grave e ulteriormente acuìta nel corso degli ultimi anni, si sovrappone, come in una sinergia al negativo, una profonda inadeguatezza nell’utilizzo efficace dei Fondi, che finiscono per essere ridotti a meri strumenti finanziari - peraltro sostitutivi e non aggiuntivi alla spesa ordinaria -, spesso del tutto sganciati dalle problematiche economiche e sociali del territorio e incapaci di sostenere concrete politiche di sviluppo.
In questo contesto di generale difficoltà nella gestione dei Fondi, con onestà intellettuale e responsabilità politica va però sottolineto un fatto che emerge in tutta evidenza e in modo incontrovertibile dai dati: la Programmazione 2007/2013 ha finora segnato il punto più basso delle esperienze programmatorie in Calabria.
In particolare, gli ultimi anni hanno visto precipitare la capacità d’impegno, spesa e rendicontazione da parte della Regione.
Aldilà dei dati assoluti che ho prima illustrato e che ho dovuto registrare al momento del mio insediamento, il 10 dicembre scorso, un aspetto appariva particolarmente preoccupante e riguardava la variabile più importante nell’analisi dell’avanzamento finanziario della Programmazione: la velocità. In un certo senso e in qualche misura, un Programma può anche registrare volumi di spesa modesti, ma ciò che conta è quanto sta andando veloce e, soprattutto, se accelera o decelera.
La Calabria mostra, a partire dal 2011, una grande difficoltà nella velocità di avanzamento degli impegni e della spesa. Peraltro, nei primi due anni di attuazione (2009/2010), la situazione era abbastanza simile tra le quattro Regioni della Convergenza (Sicilia, Campania, Puglia e Calabria). Anzi, la Calabria presentava la situazione migliore, con la spesa certificata all’8,93% ed un volume di impegni che, al 2009, cioè alla fine del primo anno di attuazione, era già pari a 618 milioni di euro. Sostanzialmente, nel biennio 2009-2010, la Calabria viaggiava alla stessa velocità delle altre Regioni della Convergenza.
Sono gli anni successivi al 2010 a divaricare le performance delle Regioni: per la Calabria la situazione sembra addirittura via via peggiorare e la curva della spesa si appiattisce. Infatti, è proprio il triennio 2011-2013 che ha fatto registrare i dati più allarmanti, con un andamento della spesa certificata che addirittura regredisce, passando da 195 milioni del 2011 a 158,5 nel 2012, fino a toccare il valore minimo di 108 milioni nel 2013 (il secondo più basso di tutto il ciclo di programmazione). Anche il 2014 si sembrava destinato a chiudersi con valori molto modesti che avrebbero confermato una tendenza al rallentamento o, comunque, all’appiattimento della curva della spesa: nei primi 10 mesi, infatti, la spesa certificata era appena pari a 143,4 milioni.
L’andamento degli ultimi anni collocava la nostra Regione in controtendenza rispetto alla normale dinamica dei processi di spesa. E’ noto, infatti, che la velocità di spesa dei Programmi, di norma, cresce nel tempo. Anzi, la spesa dovrebbe accelerare via via che le operazioni e i progetti, soprattutto quelli infrastrutturali, arrivano a realizzazione e le diverse linee di intervento maturano e procedono verso le fasi attuative e di chiusura. L’ultima fase di un Programma è, di regola, quella con la maggiore accelerazione nella spesa. In Calabria succedeva esattamente il contrario. Solo con la manovra emergenziale messa in atto negli ultimi 20 giorni dello scorso dicembre, l’accelerazione della spesa certificata ha ribaltato le cose, riportando la situazione a una dinamica più normale.
Le ragioni di questa perdurante inefficienza gestionale e di spesa del FESR sono molte e non vogliamo, in questa sede, utilizzare artifici demagogici o strumentali.
Rientra nella responsabilità di noi tutti e della classe dirigente in generale, su un argomento che è cruciale per il futuro della Calabria e dei calabresi, mettere in campo una discussione franca, libera da condizionamenti, svincolata dalle appartenenze, rigorosa e seria nell’analisi.
Una discussione senza reticenze e libera, fondata sull’etica della responsabilità a cui siamo tutti chiamati, in questo consesso, per rispondere alla fiducia che i cittadini e gli elettori hanno in noi riposto e che costituisce il fondamento e la ragione del nostro mandato.
Questa operazione di verità deve essere intesa e considerata come uno esercizio di democrazia e di trasparenza, un dovere morale verso i cittadini verso i quali tocca, ogni giorno, alimentare e rafforzare il senso di fiducia nella politica e nelle istituzioni.
Ed è anche, consentitemi, una manifestazione di rispetto verso il ruolo che ci compete come rappresentanti del popolo nelle istituzioni regionali: perché da questo derivano, tra l’altro, non solo le responsabilità di chi ha governato e i compiti di chi dovrà governare negli anni a venire, ma anche il complesso delle funzioni costituzionali che ognuno, nell’ambito delle proprie prerogative, è chiamato a esercitare.
Il quadro che ho sintetizzato in merito alla situazione ed alle prospettive dei Fondi Europei esprime con chiarezza la difficoltà e lo stato di crisi di fronte al quale ci troviamo.
Ragioni e responsabilità sono diverse e complesse. Vi contribuiscono sia fattori di ordine generale e di tipo giuridico e amministrativo (come l’incapacità a gestire la complessità dell’impianto legislativo e normativo comunitario e nazionale e la conseguente farraginosità dei procedimenti), sia fattori riferibili alla scala locale e regionale dell’azione istituzionale (come le evidenti inefficienze della macchina burocratica regionale, l’inefficienza dei controlli e le difficoltà gestionali in capo ai beneficiari, non adeguatamente supportati dalla Regione).
Fattori di criticità finora mai adeguatamente trattati e governati, ai quali si sommano:
- la debolezza di indirizzo dei centri di competenza e coordinamento nazionali, cui corrisponde analoga debolezza del livello regionale;
- le incertezze originate dal susseguirsi di tagli di finanza pubblica e gli effetti di “spiazzamento” della spesa a causa del patto di stabilità interno;
- la focalizzazione sui processi anziché sui risultati e la scarsa mobilitazione locale;
- la polverizzazione degli interventi e la frammentazione della spesa;
- il disallineamento delle azioni amministrative rispetto agli obiettivi della programmazione;
- la segmentazione e la distribuzione parcellizzata della programmazione tra fondi (FSE, FESR, FEASR, fondi nazionali) e tra strutture gestionali, apparati, assessorati, società ed enti regionali;
- la conseguente gestione non unitaria, incoerente, non integrata, a compartimenti stagni;
- la pletora improduttiva dei centri di costo, delle strutture gestionali e dei soggetti attuatori, con particolare riferimento agli enti strumentali e alle agenzie in house o controllate dalla Regione;
- la mancanza di una seria funzione di controllo strategico,
- l’insufficienza della partecipazione, della trasparenza e del coinvolgimento del partenariato nelle scelte;
- la parcellizzazione delle risorse tra gli assessorati e il loro utilizzo in pratiche, diffuse e pervasive, di acquisizione del consenso.
- la mancanza di una mappatura organica dei procedimenti, nonché l’enorme carico burocratico e la pesante farraginosità dei procedimenti medesimi;
- il comportamento amministrativo, da parte degli uffici e dei dirigenti, tutto piegato alla logica dell’adempimento, invece che del risultato;
- la conseguente sottoutilizzazione delle capacità e delle competenze che pure sono presenti e diffuse nel personale regionale;
- la disorganizzazione dei flussi e delle relazioni nella macchina regionale e la prassi di uffici che funzionano in modo autoreferenziale, non si parlano tra loro e vengono gestiti a compartimenti stagni;
- l’assenza di un circuito interno di scambio informativo e di un protocollo strutturato di comunicazione tra gli uffici;
- la mancata standardizzazione di modelli gestionali e procedimentali che guidino e regolamentino le attività degli uffici e la produzione degli atti amministrativi (decreti, bandi, ecc.);
Inoltre, emerge, in tutta evidenza, il deficit di visione strategica e capacità di coordinamento e governo delle politiche da parte della Regione, la mancanza di priorità tematiche, settoriali e territoriali, l’inadeguatezza del disegno di governance degli strumenti e del sistema degli interventi, la mancanza di un serio approfondimento delle problematiche legate alla sostenibilità istituzionale, amministrativa, operativa del complesso degli interventi.
Il risultato non è solo il basso risultato nella spesa, ma soprattutto il fallimento degli obiettivi generali della Programmazione 2007/2013.
Una circostanza che, lo ribadisco, peserà per anni sulla Calabria e i calabresi.
Di fronte alla situazione che ho poc’anzi illustrato e proprio nella prospettiva di attuare la programmazione 2014/2020 in modo radicalmente diverso dal passato, a noi tocca il compito di intervenire, con determinazione e rapidità, sui fattori strutturali che hanno impedito la spesa efficiente e l’uso efficace dei Fondi Europei.
La gestione dei Programmi che è stata finora messa in atto ha favorito la frammentazione degli interventi, dando luogo ad una gestione non unitaria e non integrata dei Fondi Europei, disarticolata sia tra Fondi (FSE, FESR, FEASR, FEP, fondi nazionali), sia tra strutture gestionali, assessorati, società ed enti regionali.
Questa impostazione va radicalmente cambiata e semplificata. Nell’uso dei Fondi Europei, la macchina amministrativa della Regione va orientata ai risultati, attraverso un rinnovamento della dirigenza e nuovo modello di responsabilizzazione degli uffici e della dirigenza, che saranno valutati in base ai risultati.
La costruzione di un’adeguata e diffusa capacità istituzionale nell’uso dei Fondi è decisiva. Anche per questa ragione, dobbiamo supportare i beneficiari e dobbiamo dare maggiore spazio, nelle scelte, al confronto con gli attori portatori di interesse dell’economia e della società, prevedendo sia l’Ufficio del Partenariato specifica struttura di supporto operante sui territori e costruita selezionando le competenze con criteri basati sul merito.
La gabbia soffocante e rigida dei procedimenti deve essere smontata, così come la parcellizzazione burocratica degli interventi, a favore di una gestione flessibile e pragmatica, che parta dai bisogni e dai problemi della società e dell’economia regionale e dalle risposte che devono essere date.
I funzionari e i dirigenti regionali, così come quelli in capo a beneficiari e soggetti attuatori pubblici, devono adottare un comportamento esclusivamente orientato al risultato, escludendo ogni residuo atteggiamento conformato alla perversa logica dell’adempimento burocratico.
Gli aspetti riguardanti la gestione, l’organizzazione, i controlli, il monitoraggio e l’efficienza della spesa, saranno centrali nella riorganizzazione della Regione.
Tuttavia, il monitoraggio e l’analisi dei risultati e dell’impatto delle politiche, oltre che dell’efficienza gestionale e di spesa, deve costituire un costante modello di riferimento per la valutazione dei modelli d’azione, degli interventi, delle strutture regionali e del personale.
A questi scopi, stiamo lavorando un piano di riorganizzazione delle funzioni di programmazione, intervenendo per risolvere tutte le criticità prima elencate e le altre che stanno emergendo. Nell’ambito del più generale processo di riorganizzazione della macchina amministrativa, stiamo definendo una nuova funzione di controllo strategico, coordinamento e direzione strategica della programmazione, incentrata su competenze e professionalità di alto livello. Anche le strutture regionali di monitoraggio e il sistema dei controlli saranno ulteriormente implementare e rafforzate.
Più nello specifico, stiamo definendo strumenti che, in discontinuità con il passato, favoriscano la semplificazione e l’uso delle tecnologie informatiche sia nella Regione sia presso le filiere di attori impegnati nella progettazione e nell’attuazione degli interventi.
In linea generale, consideriamo fondamentale:
a) riorganizzare la macchina amministrativa della Regione, orientandola al perseguimento dei risultati e regolandola con un nuovo modello di responsabilizzazione degli uffici e della dirigenza, che saranno valutati in base ai risultati;
b) stimolare l'efficiente utilizzo delle risorse destinate a investimenti;
c) alleggerire il carico e la burocratizzazione dei procedimenti, re-ingegnerizzando tutti i processi gestionali
d) evitare la dispersione degli investimenti e degli interventi;
e) evitare il ritardato completamento di interventi avviati e solo parzialmente finanziati;
f) evitare di immobilizzare risorse su progetti non cantierabili;
g) evitare carenze informative circa l'attuazione dei programmi.
In una logica unitaria di sviluppo regionale, bisognerà superare la segmentazione dei fondi FESR, FSE e FEASR, a favore di un approccio plurifondo, integrato, territorializzato tra i fondi comunitari e tra questi e gli strumenti della spesa ordinaria, recuperando il modello della programmazione unitaria.
La concentrazione della spesa, annullando la polverizzazione degli interventi e la frammentazione delle politiche e puntando sui settori chiave, a più alto valore aggiunto in termini di impatto economico, sociale e occupazionale ed a più elevato contenuto d’innovazione, sarà per noi una priorità assoluta. In questo senso, occorrerà mettere a fuoco un set di priorità per ognuno degli Obiettivi Tematici del POR 2014/2020, selezionando interventi di rapido avvio e azioni d’impatto duraturo sui fondamentali dell’economia calabrese.
In questo quadro, cambieremo il modello gestionale dei Fondi Europei, basato sulla scomposizione per settori e per misure di spesa, in favore di un nuovo un approccio territorialista e settoriale allo sviluppo, basato sulle vocazioni dei diversi contesti e sulle potenzialità di crescita dei settori dell’economia.
Per queste ragioni, anche in vista della fase di interlocuzione che si aprirà con la Commissione Europea, una volta che questa avrà notificato alla Regione le proprie osservazioni, stiamo lavorando alla definizione nuovo modello di gestione del POR 2014/2020 che sarà basato su questi principi:
a) la collocazione degli interventi in un quadro strategico di politiche di sviluppo, coerente alla scala regionale;
b) il rafforzamento delle funzioni di programmazione, pianificazione, indirizzo e controllo della Regione;
c) il decentramento presso i beneficiari e i soggetti attuatori delle principali funzioni attuative;
d) la concentrazione delle risorse in progetti unitari e integrati, di grande impatto sull’economia e sulla società calabrese;
e) il coinvolgimento attivo del partenariato nelle decisioni e nella definizione dei progetti e degli interventi, al fine di massimizzare l’efficacia degli interventi e delle politiche;
f) la semplificazione amministrativa e gestionale;
g) il ricorso a nuovi strumenti operativi ed attuativi (come, ad esempio, gli organismi intermedi) che responsabilizzino direttamente i soggetti attuatori e garantiscano maggiore velocità di spesa, efficienza gestionale e maggiori risultati e impatti.
Nel nuovo ciclo della Programmazione 2014/2020, l’effettività e la sostenibilità delle azioni, la concretezza degli interventi, l’impatto delle politiche sui territori, sull’economia, sulla crescita sociale devono essere assunti come gli unici riferimenti dell’azione regionale.
Per tutte queste ragioni, il nuovo Programma Operativo dovrà mettere al centro il tema dell’attuazione. E’ necessario innanzitutto, nel corso del negoziato che si aprirà con la Commissione Europea, approfondire le problematiche riguardanti la gestione e definire con attenzione le procedure attuative, per rendere veloci e certi i passaggi amministrativi.
Il Programma, infatti, dovrà essere, allo stesso tempo, ambizioso e realizzabile. E’ importante che il documento generale identifichi bene le strategie, ma abbiamo bisogno, soprattutto, di piani di azione concreti, mirati a obiettivi riconoscibili, immediatamente attuabili.
Solo a titolo di esempio, abbiamo già avviato un’istruttoria tecnica per valutare l’opportunità di definire piani d’azione o progetti d’interesse regionale su alcuni dei temi-chiave della Programmazione 2014/2020, come le politiche per le giovani generazioni, il sistema universitario regionale, il rafforzamento dei sistemi produttivi, la valorizzazione delle filiere agroalimentari. A questo proposito, occorrerà avviare subito un dialogo con gli attori rilevanti, identificare i fabbisogni, definire e attuare le procedure per avviare gli interventi.
Questo ci insegna l’analisi dei precedenti cicli di programmazione. Non solo in Calabria. Strategie ben costruite, disegni programmatici eccellenti, che però si sono persi nella debolezza dei sistemi regionali: della pubblica amministrazione, del tessuto produttivo, della scuola, delle università.
La pubblica amministrazione regionale è certamente uno dei tasselli più importanti del sistema e che porta le maggiori responsabilità per i ritardi che hanno caratterizzato l’attuale programmazione.
I nuovi Programmi Operativi dovranno essere accompagnati da un Piano di Rafforzamento Amministrativo, la cui responsabilità politica è affidata al Presidente della Giunta. E’ già stato messo a punto e inviato un documento preliminare ed è in corso il confronto tecnico con il Governo e la Commissione.
Uno dei punti rilevanti riguarda la capacità gestionale, rispetto alla quale occorrerà definire idonee strutture di missione, che si facciano carico di coordinare l’attuazione di tutti i passaggi amministrativi, mettere insieme i diversi settori competenti e i soggetti istituzionali coinvolti, garantire il rispetto dei tempi, definire azioni correttive in caso di ritardo, informare immediatamente gli organi politici in caso di rilevanti criticità.
Stiamo pensando alla costituzione di una task force centralizzata, con professionalità di alto livello, interne ed esterne, per la gestione dei bandi e degli avvisi. E per gli interventi più complessi, e di maggiore rilevanza strategica, stiamo ragionando sulla costituzione di una centrale di committenza, che gestisca l’intero processo di progettazione e affidamento lavori.
Altro tema rilevante riguarda gli aiuti alle imprese. Il sistema è in sostanza fermo. La maggior parte delle procedure di aiuto dell’attuale programma sono in corso o addirittura devono essere ancora avviate. Diverse sono le criticità. Tra queste sicuramente la frammentazione della gestione: ogni dipartimento gestisce le proprie procedure, con enorme spreco di tempo e di risorse.
Abbiamo invece bisogno di strutture specializzate nella gestione di aiuti, con competenza appropriate. E’ necessario centralizzare la gestione degli aiuti e in alcuni casi ricorrere all’esterno, tramite le sovvenzioni globali. Non possiamo permetterci procedure di aiuto che durano anni.
In alcuni casi gli avvisi sono andati deserti o hanno solo in parte catturato l’interesse degli operatori. Al di là della crisi economica, che ha rallentato gli investimenti, probabilmente questo è successo perché i bandi non hanno colto ciò che il sistema produttivo chiedeva, non hanno intercettato né la domanda, né gli scenari evolutivi né le tendenze settoriali.
Per evitare che questo accada in futuro riteniamo sia necessario lavorare su due aspetti.
Innanzitutto dobbiamo favorire un maggior coinvolgimento degli operatori nelle fasi propedeutiche alla costruzione delle misure. Sino al momento dei bandi, momento in cui i ruoli dovranno chiaramente distinguersi, dobbiamo lavorare insieme alle imprese, per capire bene su cosa orientare gli investimenti, come calibrare le procedure, come costruire la tempistica.
Un altro aspetto riguarda le procedure negoziali. Non possiamo concentrare la fase attuativa della programmazione esclusivamente sui bandi, com’è stato fatto. In alcuni casi occorre assumere la responsabilità di valutare e scegliere gli investimenti da finanziare mediante il ricorso agli strumenti della negoziazione diretta.
Infine, la capacità amministrativa. Il personale della regione coinvolto nella gestione dei fondi deve essere preparato. Dobbiamo lavorare su piani di formazione mirati e orientati al risultato e alle attività che i singoli svolgono. Accanto a questo dobbiamo costruire un sistema di incentivi che premi il merito.
Il successo di queste politiche non dipende però solo dall’amministrazione regionale. Dobbiamo ragionare in termini di sistema e affrontare alcuni nodi sostanziali.
Il sistema di governance regionale va ricostruito: il rapporto tra la Regione e gli Enti Locali, la ricomposizione della filiera delle competenze, la connessione tra i nodi della rete. Sono aspetti determinanti nella capacità del sistema di offrire servizi qualificati ai cittadini e alle imprese.
Il tema delle scelte. E’ necessario scegliere, dobbiamo concentrare l’attenzione su obiettivi e iniziative prioritari, differenziare gli strumenti alle diverse situazioni, dobbiamo accompagnare le potenzialità di sviluppo esistenti, partire dalle potenzialità dei settori dell’economia e dei territori.
Abbiamo bisogno di più partenariato, perché dobbiamo ascoltare il più possibile il territorio, raccogliere conoscenza, rivedere le nostre azioni se i riscontri non sono positivi. Ma dobbiamo lavorare per rendere questi momenti costruttivi, abbandonare inutili ritualità.
Desidero infine porre l’attenzione su un aspetto che ritengo cruciale per il tema di cui stiamo parlando oggi. Il Programma operativo 2007/2013 è un’esperienza che possiamo considerare non riuscita, in verità come altri Programmi delle Regioni del Mezzogiorno. Nonostante con il programma parallelo confluito nel Piano di Azione Coesione, del valore di circa 1 miliardo, sia stato abbassato il target di spesa, si è comunque dovuto ricorrere a strumenti di correzione dei dati di spesa mediante la rendicontazione, nel rispetto delle norme comunitarie, di progetti già realizzati (oggi definiti “retrospettivi”) da altri enti o da soggetti grandi erogatori di spesa infrastrutturale. Ciò malgrado, la spesa è ai livelli assai bassi che ho più volte richiamato.
Ovviamente, nell’affrontare con decisione le criticità, occorrerà nel contempo mettere a valore i pochi risultati positivi, come, ad esempio, la realizzazione dell’infrastruttura di banda ultra larga, che dovrebbe essere portato a termine entro la metà del 2016 e comporterà un cambiamento reale del modo di operare dell’amministrazione, lo sviluppo di nuovi servizi per le persone e le imprese e la messa in campo di un grande fattore di ristrutturazione della nostra economia.
I Fondi della Programmazione sono troppo importanti per la Calabria, sia perché costituiscono l’unica vera risorsa per gli investimenti e lo sviluppo sia perché possono essere un potente motore di cambiamento.
La Programmazione, infatti, non è solo uno strumento finanziario e tecnico, ma è anche una sfida d’innovazione politica ed anche un grande spazio di azione politica.
Per questo, l’efficienza della gestione e l’efficacia dell’uso delle risorse non è riducibile alla sola spesa, alle sole tecnicalità (monitoraggio, controlli, rendicontazione, ecc.), alla capacità della burocrazia tecnica e amministrativa, che pure sono fondamentali, ma è anche, come è stato evidente in questi ultimi anni, un problema di capacità politica di governo. Capacità da cui dipendono strettamente sia tutte le questioni ora richiamate (spesa, gestione, burocrazia, modelli, ecc.) ma anche il reale impatto sui fondamentali dell’economia e della società che la programmazione dovrebbe avere.
L’unica cosa che dovrà realmente contare saranno gli obiettivi di sviluppo e crescita della Calabria.