Disabilità nelle scuole, Leone: “Ripensare nuovo welfare”
“Nel nostro Paese durante gli ultimi anni sono stati operati tagli significativi sui capitoli dell’ istruzione, della sanità e del welfare. Gli effetti dei tagli e del federalismo fiscale sul diritto allo studio rischiano di fare imboccare alla scuola la via dell’”esclusione. Intanto aumenta nelle scuole italiane il numero degli alunni disabili.E i dati di ricerche e monitoraggi recentemente effettuati rivelano criticità di non poco conto”. È quanto scrive in una nota Guido Leone, già ispettore tecnico Ufficio scolastico regionale.
“Secondo gli ultimi censimenti gli alunni disabili presenti nelle scuole statali nel corrente anno scolastico sono 217.203 più di 4.200 rispetto all’anno precedente 212.944. Nelle classifica delle regioni italiane dove è maggiore il numero degli allievi disabili la Calabria si colloca al decimo posto con 6.946 unità su un totale di 294.457 alunni (erano 6.457 nel 2013/2014 e 6.141 nel 2012/2013),praticamente 805 in più negli ultimi due anni. Gli allievi portatori di handicap nelle scuole della regione sono così distribuiti:471 nelle scuole dell’infanzia, 2380 nella primaria, 1804 nella media di primo grado,1841 nelle medie di secondo grado.
Nella provincia di Reggio Calabria sono in tutto 2.505,così distribuiti:151 nelle scuole dell’infanzia, 9843 nella primaria, 763 nella media di primo grado, 607 nelle superiori.
Ma, aumenta, al contempo, il contingente dei docenti di sostegno: questa figura è molto importante non solo per il processo formativo dell’alunno disabile, ma anche per promuovere il processo di inclusione scolastica. Infatti, si è passati in Italia da una dotazione di 88.444 docenti nell’a.s. 2007/2008 ai 117.673 del corrente anno.
La dotazione organica dei posti di sostegno nella nostra provincia nelle scuole dell’infanzia ammonta a 105 unità con rapporto docenti/alunni pari a 1,44; nella primaria a 522 con rapporto di 1,89; nella media di primo grado a 359 con rapporto di 2,12; nella secondaria superiore a 349.
Entrando nel dettaglio delle tipologie di disabilità, occorre distinguere fra disabilità visiva, uditiva e psicofisica. La disabilità psicofisica si specifica in disabilità intellettiva, motoria e nella tipologia “altra disabilità”, all’interno della quale vengono considerati gli alunni con problemi psichiatrici precoci, con disturbi specifici di apprendimento - qualora certificati in conformità con altri disturbi - e con sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD). Per tutti gli ordini e gradi di scuola, la disabilità intellettiva rappresenta la tipologia più diffusa, contando il 67% del totale degli alunni con disabilità. Minori sono le percentuali degli alunni che hanno una forma di disabilità motoria, visiva o uditiva: gli alunni con disabilità motoria sono circa 4,1% del totale, gli alunni con disabilità uditiva sono circa il 3% del totale e gli alunni con disabilità visiva si approssimano all’1,7% del totale degli alunni con disabilità.
Analoga situazione è riscontrabile nella provincia di Reggio Calabria dove prevale la minorazione psicofisica; in particolare nella scuola dell’infanzia è di 143 su 151; nella primaria è di 939 unità a fronte di 17 minorazioni di vista e di 28 riguardante l’udito. Anche nella media di primo grado sono prevalenti i disabili psicofisici pari a 720 , a fronte dei 29 per l’udito e 14 per la vista. Al superiore sono 552 psicofisici ,39 con handicap uditivo e 16 visivo.
Una fotografia più dettagliata sulle criticità del pianeta disabilità nel nostro sistema scolastica la propone l’ISTAT nel suo consueto rapporto annuale relativo all’anno 2014 focalizzato però solo sulla scuola dell’obbligo statale e non. Tuttavia restituisce dati che presumibilmente sono omologabili nei suoi esiti alla scuola superiore. Nel Mezzogiorno vi è ancora la percentuale più bassa di scuole che possiedono le scale a norma. Ed in particolare la Calabria è quella che è la più deficitaria, che ha i valori in assoluto più bassi nella scuola primaria per quanto riguarda le scale, i servizi igienici, i percorsi interni ed i percorsi esterni , le mappe a rilievo e i percorsi tattili. Analoga condizione anche per la scuola secondaria di primo grado.
Anche la tecnologia, che svolge una funzione di facilitazione nel processo di inclusione scolastica ,risulta deficitaria al Sud con la percentuale più elevata di scuole nelle quali nessun insegnante di sostegno ha frequentato corsi specifici in materia di tecnologie educative per la disabilità. E’ la Calabria che denuncia il maggior numero di scuole primarie dove nessun insegnante di sostegno utilizza la tecnologia, il 19,7%, mentre nella media di primo grado siamo al 14,6%.
Ora, premesso che in Italia l’integrazione scolastica ha ormai una lunga storia e nonostante la grande positività del modello italiano, permangono delle criticità alle quali vanno date delle risposte. A partire dal tema del Bisogni educativi speciali(BES),ossia di una vasta gamma di problematicità che non rientrano nella legge 104 né nella 170/2010. Sopravanzano anche nelle statistiche i dati relativi ai disturbi specifici dell’apprendimento.
In effetti, dopo il ritardo mentale nella tipologia dei problemi degli alunni con disabilità risulta al secondo posto il disturbo specifico dell’apprendimento(DSA), una sindrome che si manifesta con la difficoltà di imparare la lettura, la scrittura o il calcolo aritmetico nei normali tempi e con i normali metodi di insegnamento. Questa difficoltà, purtroppo, è sempre più spesso causa di diagnosi errate. In tutte le scuole elementari del Paese la dislessia viene diagnostica al 18/20% dei bambini che la frequentano, percentuale che non rispecchia la realtà e spesso i bambini si ritrovano dirottati su percorsi alternativi come portatori di una disabilità che non hanno.
Riconoscere, perciò, precocemente i DSA è fondamentale ma è necessaria una formazione specifica del personale coinvolto, che offra gli strumenti adeguati per cogliere i primi segnali e d effettuare gli interventi opportuni. L’area della docenza di sostegno si presenta oggi con forti problematicità: ampia presenza di personale precario, non pochi incarichi conferiti a personale privo di titolo di specializzazione, turn over “selvaggio” dovuto al meccanismo di assegnazione annuale fuori organico (deroga).
Ben vengano, dunque, proposte risolutive per stabilizzare e qualificare detto personale, ma sembra arduo immaginare una riduzione dei docenti compensata dall’idea del sostegno “diffuso”: in quasi tutti i casi di disabilità non siamo in presenza solo di problemi di natura apprenditiva e cognitiva (in questi casi le misure compensative adottabili in classe dai docenti di base potrebbero rivelarsi molto efficaci), ma anche di una “materialità” delle cure educative da rivolgere ai disabili: bisogni fisici (deambulazione, pulizia, alimentazione), tempi più abbreviati di attenzione, mancanza di autonomia, esigenze di interazione tonico-affettiva continuativa.
Ecco perché non si può ignorare l’esigenza di una presenza supplementare di personale: educatori, personale assistenziale, volontari. Si tratta però di risorse non facilmente disponibili. C’è infatti una scarsità di strumenti e ausili adeguati.
Al di là però di alcune positività contenute nel ddl governativo “La buona scuola”(tra le 100.701 assunzioni previste i 15.000 docenti di sostegno, maggiore continuità didattica, formazione in servizio obbligatoria, permanente e strutturale dei docenti di ruolo, 106 centri territoriali di supporto,13 sportelli nazionali per l’autismo, 35 master universitari), va sottolineato che la scuola deve strutturare percorsi realmente inclusivi per il proprio contesto scolastico. Anzitutto una maggiore equità nella lettura dei bisogni degli alunni, quindi una maggiore responsabilità pedagogico - didattica rispetto ad una delega biomedica. I consigli di classe, gli insegnanti hanno il compito pedagogico/didattico di individuare i soggetti con situazioni di Bes non clinicamente rilevante. Gli insegnanti curriculari ,poi,si devono sentire corresponsabili nel progettare e realizzare una didattica più inclusiva.
Le Istituzioni sono chiamate ad attivare politiche ed interventi finalizzati all'integrazione dei bambini e alunni con disabilità, che prestino attenzione al benessere, al successo scolastico e formativo e al futuro inserimento nella società e nel mondo del lavoro. Occorre sperimentare un nuovo modello di integrazione. In prospettiva poi si dovrà passare dagli insegnanti di sostegno all’organico normale in cui tutti i docenti curricolari saranno formati in ingresso e in itinere nella pedagogia speciale per tutti i gradi scolastici, compresa la secondaria ora esclusa dal percorso formativo dei docenti. Vincolando, altresì, l’insegnante al bambino per l’intero ciclo di studio, anche privilegiando questo principio al diritto a cambiare sede:deve prevalere l’interesse dell’alunno anche se questo può dispiacere alle tutele sindacali.
Insomma, la nuova amministrazione regionale e quelle locali devono pensare ad un nuovo welfare ,certo compromesso dal punto di vista economico, ma che, proprio per questo ,nella scala di priorità dei bisogni comunitari ,deve poter raggiungere livelli di qualità accettabili nell’integrazione, coniugando diritti dei singoli e responsabilità oggettive”.