Torrusio: “Rimpiango i tempi della pesca a Le Castella”
Riceviamo e pubblichiamo una lettera di Michele Torrusio, appassionato di pesca subacquea. Nella lettera Torrusio rimpiange i “tempi della pesca a Le Castella”.
“Agli inizi degli anni ’60 cominciavo ad avvicinarmi alla pesca subacquea. Avevo sentito da alcuni pescatori con le reti che nel golfo di “Le Castella” c’era una scogliera sommersa ricca di pesce. In quel tempo la subacquea era praticata da pochissimi appassionati che, leggendo “Mondo Sommerso”, venivano affascinati dalle imprese dei pionieri di questo sport. Con alcuni amici partimmo da Catanzaro per esplorare questo mondo nuovo e misterioso. Non avevamo ancora la macchina. Ci avventurammo con le motociclette, zaino in spalla e fucile legato sotto le gambe. Non c’era ancora la strada nazionale e, per arrivare in prossimità della spiaggia, dovemmo passare per S. Leonardo di Cutro e chiedere informazioni. Ci mandarono per un sentiero verso un letto di un fiume, passammo attraverso un campo di fave e, finalmente, il mare. Avevamo già il costume da bagno sotto.
Applicata la maschera, caricati i fucili a molla, prese le pinne, ci buttammo in acqua a pelle nuda. Non conoscevamo ancora la muta di neoprene. La scogliera partiva da riva e allontanandosi degradava verso il largo assumendo forme sempre più articolate, con alti rilievi e spaccature profonde fino alle “Castella” e oltre. Lo spettacolo si presentò affascinante. Scoprivamo un mondo nuovo, diverso da quello che è sulla terraferma. Ci accorgemmo che tutt’intorno era un pullulare di pesci di ogni genere, molti visti per la prima volta. Alcuni ci osservavano curiosi, altri giravano guardinghi mantenendosi a distanza, altri passavano veloci e si perdevano in lontananza. Riuscimmo a prendere qualcosa che per noi era tanto, ma non avevamo l’esperienza per fare grandi e abbondanti catture. Tuttavia tornammo a Catanzaro con negli occhi quello spettacolo e nella mente tanti sogni.
Ogni anno aspettavo l’estate per tornare a pescare là. Ci entusiasmavano le imprese di Olschki e di Ripa, del nostro conterraneo Jannuzzi e poi di Scarpati, di Gasparri e di tanti altri campioni. Sognavamo di emularli. Imparammo a conoscere le varie specie di pesci, a cercarli e a trovarli. E così facemmo conoscenza con i saraghi, le corvine, le leggiadre ombrine. C’era di tutto. E incontrammo le prime grosse cernie e le ricciole. Non erano prevenute e si facevano prendere facilmente. Era tutto bello ma intanto si presentava un inconveniente. Ogni giorno si trattava di fare un viaggio di 100 chilometri, con le macchine, si, ormai, la strada era pure stata fatta, ma lontani da mogli e figli che intanto erano arrivati. Decisi di farmi la casa per l’estate e rimanere sul posto durante i mesi estivi.
E così fu. Sul pianoro di S.Leonardo di Cutro incontrai Mastro Leonardo Caterisano che fu felice di avermi vicino. Io suonavo la chitarra, lui era appassionato delle canzoni napoletane e la sera, con le famiglie intorno, un melone e un bicchiere di vino, Napoli cantava. La mattina scendevo a mare con la famiglia. Loro facevano il bagno e io me ne andavo a procurare il pesce per la giornata. Un paio di ore bastavano. Poi stavo con loro. Fu così per anni. Spesso ci riunivamo con altri amici subacquei che stavano là vicino per la classica mangiata. E ognuno raccontava le proprie avventure e le proprie balle. Intanto i ragazzi del luogo crescevano e venivano calamitati dai nostri racconti.
È lì che cominciarono la scuola Giovanni Ventura, Armando Caterisano, Renzo Rizzo, Yuri Galli, mio figlio Federico e tanti altri. Diventammo popolari in tutta la zona ed io venivo accolto con simpatia dai Sanleonardesi. Trascorsero così anni favolosi, ma un giorno arrivò la sorpresa triste per tutti noi. Tutta la zona era stata destinata a “Parco Marino” con assoluto divieto di pesca subacquea. Finiva tutto. Per me non c’era più ragione di stare in quella casa tutta l’estate solo per fare il bagno a mare. E nel ’95 decisi di venderla e me ne tornai a fare il pendolare con la famiglia. Spesso ripenso a quelle bellissime avventure, a quei fondali, alle ondeggianti praterie di posidonia, ai miei allievi ormai adulti e lontani, agli amici di S. Leonardo di Cutro”.
Michele Torrusio