Proposta del Vice Presidente del Consiglio Provinciale Martino
Il nostro territorio, ultimamente, per tante vicende, è motivo di discussione sia sui mezzi di comunicazione, ma, anche, tra le istituzioni. Soprattutto sul fenomeno della ‘ndrangheta. Fenomeno che, purtroppo, sta profondamente segnando in negativo questa terra così bella e piena di risorse. Alla fine di tutto questo a pagare di più sono, come sempre, i cittadini onesti che hanno l’unico torto di essere nati ad Isola Capo Rizzuto. Fortunatamente, già dagli anni ’70 sono stati piantati dei semi di speranza, quando ormai non ci credeva più nessuno. Oggi i frutti di quella semina si stanno vedendo concretamente. Basta guardarsi intorno per vedere le centinaia di ragazzi e ragazze che frequentano il mondo del volontariato, le tante associazioni culturali che sono ammirate in tutta la Calabria (vedi compagnie teatrali), il mondo delle cooperative sociali, le imprese sociali che operano nei vari settori riuscendo ad offrire opportunità di lavoro, i molti operatori turistici che hanno avuto il coraggio di investire economicamente. La Chiesa locale, capace di aggregare tanta gente, di creare strutture idonee per un rilancio culturale, una comunità cristiana fucina di vocazioni, tanti sacerdoti e suore e anche vescovi che sono in giro per il mondo a fare testimonianza, è protagonista della rinascita di Isola. Quindi qui non abita solo il demonio (come qualcuno vorrebbe fare credere), ma molti uomini e donne a servizio del bene sociale. Sta a tutti noi saper illuminare il positivo che c’è intorno a questo territorio,…uomini e donne di speranza, giovani che credono nella famiglia, nello studio e rifiutano il facile guadagno (come qualcuno vorrebbe "ad ogni costo"). Qualche giorno fa in un convegno a Steccato di Cutro in un immobile sequestrato alla mafia, si parlava dei beni confiscati da consegnare alle associazioni del posto. In particolare si parlava dei terreni e, nel mio dire, consapevole del ruolo di consigliere eletto dalla gente semplice, ho anche fatto una proposta che ancora oggi è motivo di discussione, come è giusto che lo sia. Per questo motivo, visto che sono stato contattato da altre agenzie di stampa, per esprimere meglio il senso di quella mia proposta alla vigilia dell’odierno convegno che si sta svolgendo a Isola Capo Rizzuto sui beni confiscati alla mafia, alla presenza di alte autorità dello Stato, mi corre l’obbligo di espli citare meglio il mio pensiero. Sono convinto del grande lavoro che stanno operando la magistratura e le forze dell’ordine sulla lotta alla mafia, con grandi risultati. Anche la grande intuizione, da parte dello Stato, di sequestrare i beni colpendo così l’economia delle grandi famiglie mafiose. Sono, però, anche convinto che l’azione repressiva da sola non basta, lo dice la storia ma soprattutto gli addetti ai lavori che la ‘ndrangheta resta oggi l’associazione criminale più potente al mondo, in quanto uno dei punti di forza resta il vincolo parentale, e, di sangue, oltre che la convinzione del familismo inteso come "razza" in cui il mezzo per fare paura resta il controllo del territorio che tramanda il potere da padre a figlio, o a nipoti e così via. La mia proposta, che chiaramente non è da intendersi esaustiva, va discussa e valutata attentamente, vista l’importanza sociale del fenomeno in oggetto. Si auspica la ricerca sinergica di lavorare sulle generazioni future di queste famiglie, cioè gli adolescenti, proponendo loro una strada alternativa da quella intrapresa dai familiari adulti, facendo vedere da subito il diverso percorso di vita e lo sbocco futuro senza sangue sparso o il rischio della galera, quindi, coinvolgerli nelle associazioni, nelle cooperative sociali, nei movimenti culturali e, perché no, anche nel lavoro agricolo dei terreni confiscati, tramite le cooperative a cui verranno assegnati i beni, affinché si sperimenti direttamente e vedano costoro il fallimento delle inique ricchezze accumulate ingiustamente e illegalmente. Certamente resta difficile immaginare un risultato positivo, a breve scadenza, ma vale la pena osare, per indebolire il futuro di questa organizzazione ben collaudata qual è la ‘ndrangheta (…Quando in una catena un anello cede, la catena perde la sua funzione), altrimenti non basteranno i soli cortei e le manifestazioni per far prendere coscienza - mi viene in aiuto un immagine: "Quando in una montagna, si crea una valanga che scivola rovinosa e devastante a valle, la prima cosa da fare è : creare una barriera di cemento ben resistente, per contrastare la caduta dell’intera montagna. Contemporaneamente con grande attenzione occorre piantare tanti alberi in modo da contenere il terreno con la fitta rete di radici e ricreare la bellezza di quell’ambiente". Sgombro il campo da qualsiasi speculazione strumentale, come vorrebbe far credere qualcuno, e senza tentennamenti dico che, la valanga è la ‘ndrangheta la montagna è la societa’. La barriera di cemento rappresenta la legge, gli alberi sono le associazioni, le famiglie, chi si vuole riscattare, la scuola, i partiti politici il mondo dello sport, il sindacato, chi ha fame e sete di giustizia, e per ultima ma non per importanza la Chiesa. La mia convinta proposta, ad iniziare un percorso del genere è dettata anche dalla propria fede e dai tanti episodi scritti nel Vangelo.