Il vice capo della Polizia Della Rocca lascia per raggiunti limiti d’età
Napoletano, coniugato e padre di due figli, nonno, il Prefetto Fulvio della Rocca è definito dai suoi più stretti collaboratori uno "sbirro vero", e dai media “il poliziotto social”, perché non è stato solo un grande investigatore ed esperto di ordine pubblico, ma anche molto attento ai cambiamenti e alle tecnologie; ha traghettato la Questura e la Prefettura nella comunicazione 2.0, aprendo profili Facebook e Twitter, e in tutte le città dove ha lavorato, dicono di lui che sia prima un grande uomo, piuttosto che un grande Questore e Prefetto.
Contraddistinto da una identità forte, non ha mai avuto paura del confronto, anzi lo ha cercato sempre nella consapevolezza che sono le buone relazioni che aumentano la qualità della nostra vita. “E non è vero che possiamo averle solo con chi la pensa come noi. Talvolta è il diverso da noi che può darci di più. In sintesi, la qualità di una relazione o di un rapporto professionale non sempre dipende dalle opinioni personali e le esperienze condivise migliorano il nostro punto di vista”. Conosciuto ed apprezzato in tutta Italia ed anche all’estero, appartiene anche lui alla "Squadra del 1975", quella generazione di giovani che vincono in quell'anno il concorso per Commissario di Polizia e faranno poi la storia della stessa Polizia di Stato.
Due di loro diverranno infatti "Capi", Antonio Manganelli e Alessandro Pansa, mentre altri due come Della Rocca saranno "Vice". Altri, purtroppo, con eguali doti e qualità da vertice non ce l'hanno fatta, perchè colpiti dalla mafia e dal terrorismo, Cassarà e Albanese.
Il Prefetto Della Rocca ha iniziato la carriera da Commissario a Mantova, per poi spostarsi al Sud, Gioia Tauro dove ha diretto il Commissariato di P.S. negli anni 1992 e 1993 compiendo numerose operazioni di contrasto alla ‘ndrangheta e catturando oltre venti latitanti e Reggio Calabria nel 1994 ove ha ricoperto l’incarico di Capo di Gabinetto della Questura, per risalire a Bologna; nel 2001 la nomina a Questore ad Agrigento, a cui seguiranno Ravenna, Pisa, Venezia, e infine a Roma, per poi tornare a Ravenna da Prefetto della città, e concludere il brillante percorso professionale da Vice Direttore Generale della P.S.- Direttore Centrale della Polizia Criminale, e il suo percorso è stato sempre caratterizzato dai medesimi obiettivi: la sicurezza dei cittadini ed il benessere del personale.
E proprio per il suo equilibrio è stato scelto per dirigere tutti gli Uffici Interforze della Polizia Criminale italiana, dove tra l’altro ha implementato e sollecitato il lavoro sugli osservatori sui furti di rame e sugli atti discriminatori, e ha focalizzato l’attenzione sulle relazioni e la cooperazione internazionale, concludendo importanti accordi bilaterali con diversi collaterali di Polizie estere che hanno portato alla cattura ed al rimpatrio di diversi latitanti (390 nel periodo della sua direzione) primo fra tutti il camorrista Pasquale Scotti, “Pasqualino ‘O Collier” personaggio di spicco della camorra ‘cutoliana’ individuato e arrestato in Brasile dopo quasi 31 anni di latitanza.