No triv Amendolara, c’è il ricorso al Tar
È stato notificato il ricorso contro il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Ministero dello sviluppo economico, la Presidenza del Consiglio dei ministri, la Commissione tecnica di verifica dell’impatto ambientale VIA e VAS e nei confronti della società Enel Longanesi Developments srl. Guidati dal comune di Amendolara, al quale si deve, circa ormai due anni fa, l'avvio storico sul fronte calabrese di questa mobilitazione istituzionale e popolare a tutela dell'ambiente e del territorio, gli altri ricorrenti sono Policoro, Rocca Imperiale, Roseto Capo Spulico e Trebisacce. Annullare il decreto, non c’è compatibilità ambientale. L’azione di contrasto contro le multinazionali del petrolio e contro il governo nazionale che le favorisce, a difesa dello sviluppo durevole sei territori si intensifica e passa, adesso, nelle aule dei tribunali.
“È una battaglia di civiltà – dichiara il Sindaco Ciminelli – che dal primo momento abbiamo portato avanti con convinzione con l’obiettivo di tutelare e salvaguardare il nostro mare e l'autodeterminazione delle nostre popolazioni. È per questo motivo che, con l’avvio dell’iter processuale, ci auguriamo di trovare negli altri comuni, tutti, adesioni sempre più numerose per rafforzare, anche e soprattutto in questa fase, la nostra protesta per la legalità e lo sviluppo”.
Nel ricorso a firma di Paolo Colasante i cinque Comuni chiedono l’annullamento del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di concerto con il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo del 12 giugno 2015, n.122 recante la compatibilità ambientale rispetto al progetto dell’indagine sismica 3D per la ricerca di idrocarburi.
“Da un punto di vista di diritto- si legge tra l’altro nelle 26 pagine del ricorso - il decreto impugnato esprime un giudizio positivo di compatibilità ambientale per la prospezione di idrocarburi in mare mediante la tecnica dell’air-gun, la quale è latrice di evidenti rischi ambientali. L’air-gun è un dispositivo che rilascia una potente bolla d’aria compressa in mare e l’energia così sviluppata giunge parecchie centinaia di metri sotto la superficie del fondale marino. Genera onde di compressione che colpiscono il fondale marino e sono riflesse da appositi ricettori al fine di ottenere informazioni sulle caratteristiche litostratigrafiche del sottosuolo.
Gli air-gun sono trainati da una nave e, una volta in posizione, vengono riempiti con aria compressa che rilasciano violentemente in mare per generare l’onda di compressione sferica (omnidirezionale): l’energia così sviluppata non interessa solo il fondale marino ed il sottosuolo, ma tutto l’ecosistema per un’area molto vasta. Normalmente non viene utilizzato un solo air-gun, ma “array” di air-gun, una o più file di pistole. Un sistema di “array” di air-gun entra in azione con onde di pressione a ripetizione, ogni 10-15 secondi, liberando ogni volta energia equivalente a potenti esplosioni di tritolo. Assentire ad una tale attività presuppone il pedissequo rispetto delle norme di procedimento disposte dalla legge. Molteplici disposizioni di legge che regolano la valutazione di impatto ambientale sono state violate”. È fondato su questi e su diverse altre motivazioni, di fatto e di diritto, la richiesta di dichiarare illegittimi i provvedimenti.