Colpita da ictus e paralizzata le tolgono l’accompagnamento. La denuncia dei familiari
Se è vero che in Italia i falsi invalidi crescono a dismisura, è anche vero che il governo troppo spesso non attua le giuste prevenzioni al problema, ciò comporta anche situazioni paradossali per i veri invalidi.
Sono tanti, troppi, gli italiani che percepiscono una pensione senza averne realmente bisogno, paradossalmente però sono tanti anche gli invalidi, quelli veri, che devono tribolare per anni affinché gli venga riconosciuta l’invalidità e tutti i diritti che ne conseguono.
E’ il caso di Ernesta Benincasa, classe 1950, nativa di Taverna, nel catanzarese e residente da ormai una vita a Le Castella, nel comune di Isola Capo Rizzuto. La signora Ernesta nel 1999, all’età di 49 anni, è stata colpita da un grave un ictus celebrale che le ha causato la paralisi del lato destro del corpo, toccando anche, in modo significativo, le corde vocali.
Ernesta, da ormai 17 anni combatte contro questo disturbo, negli anni ha dovuto imparare ad utilizzare la parte sinistra del corpo, ha combattuto e continua a combattere. Però ancora oggi soffre, soffre perché non è facile per una donna abituata a rimboccarsi le maniche e lavorare per mantenere la famiglia, fare da mamma e padre nello stesso momento, ritrovarsi di colpo paralizzata.
Ha bisogno di cure e attenzioni costanti, una sola parte del corpo non può reggere tutto e di conseguenza ha sempre bisogno di un aiuto. Aiuto che arriva dai figli ma troppo spesso non dallo Stato. Sono 17 anni, infatti, che la famiglia tribola per vedersi assegnata l’indennità di accompagnamento, troppi anni di attese, di prese in giro, un volta arriva poi viene sospesa, poi ritorna e viene bloccata nuovamente, è una storia che va avanti da quel lontano 1999 e ora la famiglia, tramite la voce di Anna Rossa, detta Rosanna, figlia della Signora Ernesta, dice basta: “Non avrei mai voluto arrivare a denunciare tutto pubblicamente, soprattutto per difendere la riservatezza di mia mamma, che già troppe volte è stata umiliata dall’Asl di Crotone e dallo Stato italiano".
"Se lo faccio - aggiunge - è perché sono stanca di questa situazione, sono anni che combattiamo per l’indennità di accompagnamento, un’aiuto che serve per le cure e il mantenimento giornaliero di nostra mamma.Mamma è paralizzata da 17 anni e periodicamente veniamo chiamati a visita per verificare le sue condizioni, tutto ciò mi fa ridere se penso alle migliaia di falsi invalidi sparsi per l’Italia che ogni anno puntualmente superano le visite, quando e se le fanno. E’ giusto che si faccino i controlli ma non è giusto quello che sta capitando a noi da 17 anni".
"Ciò che chiediamo qui – continua Rosanna – è solo che nostra mamma venga rispettata e non sia più umiliata, chiediamo solo quello che ci spetta e nient’altro. Sono troppi anni che ci prendono in giro con questa storia, una volta l’indennità ci viene concessa, poi viene sospesa, poi sbloccata e risospesa, un gioco che non finisce più e mia mamma non ha voglia di giocare con questa gente. Mai nessuno riesce a darci una risposta reale al problema, un continuo scarica barile”.
Ma la storia non finisce qui, oltre il danno la beffa, Rosanna racconta infatti l’ultima incredibile situazione: “Qualche mese fa l’Asl ha deciso che mia mamma non avrebbe più diritto all’indennità di accompagnamento, non solo per il presente ed il futuro ma anche per il passato, ovvero tutto ciò che è stato riscosso nell’ultimo periodo andrà restituito e verrà scalato mensilmente dalla normale, e già misera, pensione. Paradossalmente, però, ha già in programma una nuova visita per il 2017".
"Siamo veramente indignati e per questo stiamo procedendo per vie legali, come già avvenuto nel 2010 quando per la stessa motivazione il giudice ci diede ragione. Inoltre - conclude Anna Rosa - vogliamo che ciò che si divulga il più possibile e arrivi fino agli uffici di Roma, già in passato scrissi una lettera all’allora presidente Berlusconi, ora invece mi sono rivolta a Striscia La Notizia e mi auguro di avere una risposta a breve. Questa storia non può finire così!”.