Anassilaos: Corrado Alvaro e la guerra
Il rapporto di Corrado Alvaro con la guerra è stato al centro di un incontro dell’Associazione Culturale Anassilaos nell’ambito delle manifestazioni LiberReghion promosse dall’Assessorato alla Cultura e dalla Biblioteca Pietro De Nava.
Ad affrontare il tema è stato il professore Antonino Romeo il quale ha rilevato che, come altri giovani della sua generazione, anche Alvaro, all’epoca ventenne, aderì al movimento interventista e fu tanto attivo nelle manifestazioni a favore della guerra che finì in galera per una notte.
All’argomento dedicò poi una lunga poesia “Il canto dell’attesa” pubblicato nel gennaio del 1915 e tutto segnato da vistosi echi carducciani. Alla Guerra, la Prima, poi Alvaro prese parte come tenente, uno dei tanti giovani ufficiali di complemento che con dignità ed eroismo assicurarono la tenuta dell’esercito italiano, drammaticamente diviso tra ufficiali di carriera boriosi ed intriganti e una massa di soldati privi di coscienza civile. Ad essa lo scrittore di San Luca dedicò le sue “Poesie grigioverdi” dalle quali emerge quella che Louis Gillet ha poi definito una “guerre terreuse” (una guerra terragna).
Né poteva essere diversamente, vista la matrice contadina che Alvaro portava dalla sua Calabria e considerato che l’esercito italiano era composto da fanti contadini che vivevano ogni esperienza come prosecuzione e variante del loro lavoro nei campi.
“Da queste liriche – ha sostenuto Romeo - emerge una forte capacità del giovane poeta di cantare il dramma nuovo dell’umanità con formule ed immagini che parlano dell’antica civiltà meridionale, così legata al senso della famiglia e della solidarietà istintiva e quasi carnale dei dolenti. Alla Grande Guerra Alvaro poi ritornò con altre opere, “L’uomo nel labirinto” del 1926 in cui descrive il disadattamento a vivere del protagonista che, non a caso, si chiama Babel, quasi in conseguenza del cataclisma che quell’immane conflitto ha prodotto”.
In modo più puntuale e quasi autobiografico, il tema della “Grande Guerra” viene ripreso in “Vent’anni”, scritto nell’estate del 1930 e poi profondamente rivisto nel 1953 per farne una sorta di romanzo di formazione di un giovane ufficiale alle prese con un’esperienza di indescrivibile drammaticità. Di grande efficacia sono anche le pagine in cui Alvaro accosta l’eroismo dei soldati alla paziente rassegnazione con cui da sempre gli Italiani affrontano la fatica di vivere, tra povertà, fame e dolorosa emigrazione.
Il romanzo è un monumento ai tanti eroi anonimi, eroi per necessità e per dignità, così disadorni e così veri in un contesto di avvilente retorica. Il rapporto di Alvaro con la Guerra si arricchì poi di una lunga riflessione nel 1944 con un pamphlet “L’Italia rinunzia?”, una lucida analisi della crisi italiana al termine del disastroso secondo conflitto mondiale. Lo scrittore ricostruisce con maestria le incompiutezze della storia italiana dopo l’unificazione, sempre segnata dal conformismo e dalla diffusa tendenza ad utilizzare e, a volte, ad occupare, lo Stato per i propri interessi personali e di gruppo. Tutto questo ha prodotto il Fascismo ma - teme Alvaro - tutto questo passerà anche nella nuova Italia perché troppi segnali – e siamo come si diceva nel 1944 - indicano la via della continuità. Può forse sembrare il lamento di un moralista privo di senso politico – ha concluso Romeo - ma forse è proprio il contrario, perché l’azione e la stessa analisi politica in Italia hanno sempre difettato di senso morale e il libretto di Alvaro è perciò di vivissima attualità.