60mo anniversario di Marcinelle, incontro sulle tragedie dell’emigrazione italiana
Il disastro di Marcinelle e le tragedie dell’emigrazione italiana, nel 60° anniversario della tragedia (8 agosto 1956), che provocò la morte di 262 persone, sarà al centro di una conversazione che il Prof. Antonino Romeo terrà giovedì 21 luglio alle ore 21, presso il Chiostro di San Giorgio al Corso nell’ambito degli incontri promossi dall’Associazione Culturale Anassilaos. Una riflessione sull’emigrazione di ieri, che vide il nostro Paese dare un contributo notevolissimo in termini di vite umane, che vale forse anche per l’oggi che vede l’Italia punto di approdo di tanti disperati.
La tragedia avvenuta nella miniera di carbone Bois du Cazier – oggi dismessa e sito dell’UNESCO - fu provocata da un incendio causato dalla combustione d'olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica. L'incendio, sviluppatosi inizialmente nel condotto d'entrata d'aria principale, riempì di fumo tutto l'impianto sotterraneo, provocando la morte di quasi tutti i minatori.
Non fu la sola a costellare l’emigrazione italiana e va ad aggiungersi al disastro di Monongah, avvenuto il 6 dicembre 1907 nella miniera di Monongah (Virginia Occidentale) nella quale morirono ufficialmente 171 emigrati, ma si ritiene che essi siano stati molti di più non essendo tutti registrati – e tra essi molisani, calabresi e abruzzesi - al disastro di Dawson, sempre negli Stati Uniti, che si verificò il 22 ottobre 1913, allorquando un'esplosione disintegrò la miniera n.2 provocando la morte di 263 minatori di cui 146 italiani. Più recente –siamo al 30 agosto 1965 – la catastrofe di Mattmark allorquando una valanga investi il cantiere per la costruzione della diga di Mattamark seppellendo 88 lavoratori, di cui 56 italiani.
Molti altri incidenti minori hanno caratterizzato l’emigrazione italiana ma accanto a tali vicende non può essere sottaciuto che i nostri migranti furono spesso oggetto – sia nei paesi europei che in quelli extraeuropei- di attacchi xenofobi. I pestaggi e gli omicidi singoli furono numerosi. L’episodio più grave avvenne forse nel 1893 ad Aigues Mortes, in Francia. Nove italiani furono assassinati da una folla di lavoratori francesi eccitati e spinti a ciò dalle autorità locali.
I nostri braccianti accettavano paghe più basse dei braccianti locali e condizioni di lavoro più dure provocando così il risentimento dei lavoratori locali in una sorta di guerra tra poveri manovrata e gestita dalla politica. Stesso atto xenofobo spinse la folla ad uccidere a New Orleans nel 1901, undici siciliani accusati di appartenere alla Mafia. Un pregiudizio che accompagnerà sempre i migranti italiani soprattutto di origine meridionale, considerati dediti al brigantaggio, sporchi, portatori di malattie, intellettualmente minorati, arretrati e, addirittura, “non bianchi” (non white) secondo un censimento statunitense del 1911 o “semi-coloured” in Australia. D’altra parte persino durante la grande migrazione interna degli anni ‘50 e ’60 del Novecento non è che i Meridionali siano stati accolti nel Nord Italia con molta simpatia.
Grandi i pregiudizi nei loro confronti e i ragazzini in età scolare, quelli stessi che De Amicis nel libro Cuore faceva accogliere dal maestro con rispetto e bontà, sono stati spesso considerati dagli stessi insegnanti con quozienti intellettuali molto bassi soltanto perché conoscevano poco la lingua (l’italiano) e non comprendevano bene le lezioni. Come si vede gli spunti offerti dalla storia dell’emigrazione italiana sono numerosi ed offrono l’opportunità di capire meglio il presente oltre ad interpellare la nostra coscienza di uomini che hanno già vissuto, nelle proprie comunità e nei centri piccoli e grandi del reggino, la tragedia dell’emigrazione.