Il PCI contro i licenziamenti dei lavoratori del porto di Gioia Tauro
Il Partito Comunista Italiano sostiene la lotta dei lavoratori del porto di Gioia Tauro contro il provvedimento di Medcenter che ha licenziato 442 lavoratori (oggi esuberi).
“Si tratta dell’ennesimo attacco ai livelli occupazionali da parte di chi aveva promesso un futuro di sviluppo e di crescita per il porto e per i lavoratori e che oggi, invece, manifesta un atteggiamento di vero e proprio disimpegno verso Gioia Tauro.” Dichiara Michelangelo Tripodi, Responsabile Nazionale Pci per il mezzogiorno.
“Dopo circa 20 anni di gestione tedesca del porto – prosegue Tripodi - risulta del tutto evidente che le mirabolanti promesse che la tedesca Eurokai e gli Eckelmann avevano fatto all'inizio della loro gestione (ricordiamo tutti la promessa di 20.000 posti di lavoro in 10 anni), si sono rivelate totalmente menzognere, mentre invece assistiamo concretamente all'affossamento di qualsiasi prospettiva per il futuro del porto con un'ulteriore drastica perdita di posti di lavori (442 esuberi). Per volontà di Eurokai, Gioia Tauro e' ormai definitivamente relegato ad un ruolo ancillare e subalterno agli interessi amburghesi e tedeschi e con questa gestione e' destinato a diventare sempre più marginale. Dopo il clamoroso dietrofront annunciato nei mesi passati dalla società LCV Capital Management riguardo all'investimento precedentemente promesso per la realizzazione a Gioia Tauro di un'industria per la produzione di una vettura ecologica, la scelta di MCT aggrava la situazione di crisi di Gioia Tauro e minaccia pesantemente il futuro del porto già duramente colpito dalla crisi del settore del transhipment. E’ evidente che questa situazione così allarmante e preoccupante è anche frutto dell’incapacità e dell’inadeguatezza della Regione Calabria e del Governo Nazionale che stanno brillando per la loro assenza. In particolare Oliverio che con il suo ufficio stampa parla di tutto, su Gioia Tauro ha perso la parola e non è in grado di prendere nessuna seria iniziativa a sostegno dei lavoratori. E, invece, occorrerebbe una svolta profonda, -prosegue -garantendo la centralità dell'intervento pubblico nei settori strategici per l'economia nazionale, come il Porto di Gioia Tauro che rappresenta il più importante porto di transhipment del Mediterraneo e non può essere lasciato alla mercè degli interessi mutevoli delle società di transhipment che lo gestiscono per i loro affari privati.”
“Nazionalizzare il porto di Gioia Tauro – postilla Tripodi - significa ripristinare la sovranità nazionale su una parte del proprio territorio, elaborare e realizzare strategie di sviluppo autonome e indipendenti da altri interessi, rilanciare il porto in tutte le sue possibili componenti di sviluppo e garantire la difesa e la crescita dei posti di lavoro, rompere il blocco monopolista che ha asservito il porto ad interessi extra nazionali. Inoltre, ci vuole un piano straordinario di investimenti pubblici per Gioia Tauro, con una forte direzione pubblica e con l'obiettivo di rimettere mano al tema dell'interporto e della logistica. In tal senso, non si può non considerare fondamentale il recupero all'uso pubblico e produttivo di tutte le aree industriali, nelle quali doveva essere localizzata una rete di piccole e medie aziende che per tale scopo furono finanziate con un fiume di risorse pubbliche (vedasi legge 488, contratto d'area, ecc.) che sono finite ad ingrassare i patrimoni di imprenditori di rapina che si sono presi i soldi e hanno lasciato il deserto. I Comunisti – conclude Tripodi - ritengono che questa sia la sola strada che può consentire oggi di fermare il licenziamento di 442 lavoratori e di gettare le basi per dare un futuro al porto di Gioia Tauro e alla Calabria.”