Violenza di genere, La Vecchia (Coisp): “Non solo il 25 novembre”
“In Italia si muore più per violenza di genere che per mafia, le donne vittime di femminicidio – 116 solo dall’inizio dell’anno – hanno nomi e volti, storie di vite che non facciamo in tempo a memorizzare perché la cronaca nera, da nord a sud del Paese, ci propone un lungo elenco, in continuo aumento, di casi di efferati omicidi commessi con un macabro ritmo serrato, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro”.
Lo commenta Caterina La Vecchia, componente della Segreteria Regionale del Coisp – il Sindacato Indipendente di Polizia – con delega alle Pari Opportunità, il giorno successivo il 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne. “In Italia le donne sono più in pericolo nell’apparente tranquillità – continua la sindacalista del Coisp Calabria - delle loro case, accanto ai loro compagni, o nella normalità delle loro macchine, ferme ai bordi di strade trafficate, quando si trovano a parlare con i loro ex (fidanzati, mariti, amanti) che non sopportano la fine di una relazione di coppia, rispetto a quanto lo sarebbero se si trovassero a camminare su un campo minato.
“In Italia, negli ultimi dieci anni, sono state uccise 1.740 donne, in una carneficina silente, che trae origini da fattori culturali e sociali, oltre che da vere patologie psichiche, capace di diffondersi in ogni ambiente e a raggiungere ogni livello della società, senza distinzione di ceti economici, di fasce d’età o di curriculum di studi. La normativa vigente, - continua Caterina La Vecchia - che prevede il reato di atti persecutori, comunemente conosciuto con il termine anglosassone di “Stalking”, mira a contrastare tale fattispecie criminale, consentendo alle vittime di ricorrere a degli strumenti legislativi, come l’Ammonimento del Questore, per diffidare colui che molesta a tenere una condotta diversa da quella posta in essere. Ma le norme penali, da sole, non possono reprimere il perpetrarsi di tutti i reati legati alla violenza di genere, se non sono supportate da interventi di altra natura, che abbiano come interlocutori diverse figure della società civile, per attivare un procedimento culturale condiviso che sappia effettuare un complesso “lavoro di rete” non solo per proteggere le potenziali vittime ma soprattutto ai fini della prevenzione di tale fenomeno criminoso.
“Dobbiamo ricordare, inoltre, che molte delle donne vittime di femminicidio sono spesso anche “madri”, che il loro dramma ricade, inesorabilmente, anche sui loro figli, i quali diventano, nella maggior parte dei casi, orfani anche di padre, quando questo è l’autore del reato e sconta la sua pena in carcere. Allo stato attuale, non esiste ancora una normativa specifica dedicata a questa particolare tipologia di orfani, ed è auspicabile che questa situazione venga al più presto sanata, con l’istituzione di un fondo per le vittime di femminicidio e per il riconoscimento di tutte quelle tutele previste per le altre vittime di reati gravi. Donne e orfani, vite spezzate e vite segnate in modo drammatico per sempre, - conclude la responsabile delle Pari Opportunità del Sindacato Indipendente di Polizia calabrese- per le quali ogni parte sociale può e deve prendersi carico, ognuno per gli aspetti di propria competenza, non solo nella giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ma anche tutti gli altri giorni dell’anno, perché la violenza di genere non è un problema che può essere collegato solo alla data del 25 novembre”.