Vincenzo Salemme ritorna sul palco del Rendano con “Una festa esagerata”
Torna, sul palco del Teatro A. Rendano, l'irresistibile comicità di Vincenzo Salemme. Il cartellone firmato L'AltroTeatro propone un altro asso, domani sera e sabato 10 dicembre, alle ore 20.30, la commedia “Una festa esagerata” scritta, diretta e interpretata dal comico partenopeo.
Evento patrocinato dall’amministrazione comunale di Cosenza e organizzato da un gruppo di operatori del mondo dello spettacolo locale: Enzo Noce, Giuseppe Citrigno e Gianluigi Fabiano. Sul palco del Teatro A. Rendano 14 appuntamenti all’insegna del divertimento e del puro spettacolo. Prosa, commedie e tanta musica questi gli ingredienti del cartellone ideato da “L’AltroTeatro”.
In realtà, da diverse settimane è stato annunciato il tutto esaurito per la commedia campioni d'incassi. Un nuovo testo divertentissimo, al centro: una famiglia borghese di oggi, composta da padre, madre e figlia coinvolta nell’organizzazione del debutto in società della giovane Mirea. Ed ovviamente, non potrebbe esserci nulla di più semplice se non fosse che il padre (Vincenzo Salemme), uomo di valori morali (leggermente) presuntuoso sul suo carisma e amante del teatro, che deve confrontarsi con una moglie “affamata” di popolarità e di scalata sociale, disposta a tutto pur di incassare soldi e fare la vita da “borghese milanese” scendendo a compromessi con la politica locale.
“Una festa esagerata” scritto, diretto e interpretato dallo stesso Salemme è una commedia dall’umorismo acuto. “Nasce da un’idea che avevo in mente da tempo, uno spunto che mi permettesse di raccontare in chiave realistica e divertente il lato oscuro e grottesco dell’animo umano – scrive nelle sue note di regia Salemme- Non dell’umanità intera ovviamente, ma di quella grande melassa/massa dalla quale provengo, quel blocco sociale che in Italia viene definito “piccola borghesia”. Volevo parlare delle cosiddette persone normali, di coloro che vivono nascondendosi dietro lo scudo delle convenzioni, coloro che vivono le relazioni sociali usando il codice dell’ipocrisia come unica strada per la sopravvivenza. Sopravvivenza alle “chiacchiere”, alle “voci”, ai sussurri pettegoli e sospettosi dei vicini. E sì, perché io vedo la nostra enorme piccola borghesia come un grande condominio, fatto di vicini che si prestano lo zucchero, il termometro e si scambiano i saluti ma che, al contempo, sono pronti a tradirsi, abbandonarsi e, in qualche caso estremo, anche a condannarsi a vicenda”.