Anassilaos presenta i libri di Taverna e Nucera
Quasi a chiusura del 2016 l’Associazione Culturale Anassilaos, proseguendo la sua collaborazione con le Case editrici reggine Leonida Edizioni e Città del Sole Edizioni, propone la presentazione di due testi.
Martedì 13 dicembre alle 17,30, presso la Sala di San Giorgio al Corso sarà presentato “L’arte del gioco in una vita (la mia)” di Angelica Taverna (Leonida Edizioni). Relatore Andrea Giordano che ha curato la prefazione.
“Angelica - scrive il prefatore - accompagna il lettore e consiglia come superare queste difficoltà usandosi, donandosi come esempio a chiunque abbia bisogno; e chiunque attraversi queste difficoltà può trovare in Angelica un esempio e la prova di come si possano superare semplicemente iniziando a giocare; e quel gioco difficile, grazie a lei, non sembra così impossibile.”
Giovedì 15 dicembre alle 16,30 presso la Sala Biblioteca della Provincia (Palazzo Corrado Alvaro) sarà invece presentato “Quel poco che so dirti/Il sorriso e la croce, tra Buddha e Gesù” di Ida Nucera (Città del Sole Edizioni). All’incontro, moderato da Antonella Cuzzocrea, Editore Città del Sole, relazionerà il giornalista Domenico Nunnari e interverranno Padre Carmelo Giuffrida e Angela Bruna Mangiola del Masci.
“Per gustare queste pagine e abitarle – scrive Nicolò Mazza nel saggio introduttivo - senza restare interdetti sulla soglia, bisogna essere capaci di cogliere «l’attimo in cui un raggio di luce colpisce una goccia di rugiada […], quando l’Immenso irrompe facendosi infinitamente piccolo». Bisogna, cioè, avere familiarità con la pratica della contemplazione e con l’oscurità che a volte l’esperienza della fede e del cammino dell’uomo porta con sé. A tratti l’Autrice è costretta inevitabilmente a citare personaggi e fatti storici, ma se ne scusa quasi immediatamente, come se quella concessione possa interrompere il filo del racconto e tradire la promessa fatta alla figlia di intessere la premessa di un «dialogo aperto», di una disponibilità a mettersi a nudo. Ida Nucera non ha la pretesa di essere una dotta, ma «solo una madre che tenta di dipanare l’aggrovigliata matassa ricevuta dalla figlia diciassettenne» e così avanza nell’intima intelaiatura di una conversazione in cui il lettore avverte l’esigenza di accedere a passo lento, con discrezione e con rispetto. Ciò che sin dall’inizio l’Autrice cerca di offrire alla figlia, e quindi al lettore attento, non è una verità “assoluta”, nel senso di qualcosa che è slegato, privo di relazione, ma piuttosto una “verità” squisitamente “relativa”, ovvero un’esperienza lunga tutta una vita”.