Infezioni ospedaliere, come prevenirle: se n’è discusso al S. Anna
Le infezioni nosocomiali rappresentano un problema di sanità pubblica. Lo ha ribadito il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), così come, oltre oceano, lo ha fatto l’omologo organismo con sede negli Usa.
Ci troviamo insomma di fronte a un’emergenza planetaria; una “guerra” che impegna i sistemi sanitari contro batteri e funghi che, nel tempo, hanno sviluppato delle resistenze molto forti alle molecole antibiotiche. In questo quadro, Il paziente cardiochirurgico è considerato dalla medicina un soggetto tipicamente ad alto rischio. Da qui, l’impegno che il S. Anna di Catanzaro porta avanti da anni nel monitoraggio, la prevenzione e il contrasto delle infezioni ospedaliere: osservando scrupolosamente non solo le prescrizioni ma anche le linee guida ministeriali e quelle condivise dalla comunità medico scientifica o addirittura anticipando, come nel caso dell’introduzione della check list in sala operatoria, ciò che solo successivamente sarebbe diventato un obbligo per tutti.
All’interno del Centro operano il Comitato infezioni ospedaliere (CIO) e l’Ufficio del risk manager; organismi che, coordinati dalla Direzione sanitaria, gestiscono tutti gli aspetti della problematica infettivologica nell’ambito dei percorsi di diagnosi e cura, predisponendo protocolli e procedure, raccogliendo ed elaborando i dati, curando la formazione del personale nonché le verifiche periodiche.
Di riduzione del rischio infettivo e di igiene in ambiente sanitario si è parlato proprio durante un corso di formazione, promosso a livello regionale dal Centro di cardiochirurgia e che ha visto un centinaio di partecipanti tra corsisti e relatori; tra questi ultimi, anche alcuni dei maggiori esperti a livello nazionale.
Le relazioni ascoltate nel corso della giornata di lavori non hanno tralasciato alcun aspetto relativo all’assistenza ospedaliera pre, intra e post operatoria, toccando anche temi collaterali come le nuove opportunità offerte dalla microbiologia o le criticità medico legali.
Per Maria Mongardi, presidente a Bologna dell’ANIPIO, l’associazione nazionale degli infermieri che si occupano di prevenzione delle infezioni, l’igiene degli ambienti e la corretta esecuzione delle pratiche assistenziali sono due pietre miliari.
“Può sembrare scontato ma non è così – ha detto. Una superficie lavata col prodotto sbagliato apparirà pulita ma non avrà smesso per questo di essere contaminata da microrganismi. Un medico o un infermiere che, distraendosi, dimenticano di disinfettarsi le mani tra una visita e l’altra diventano essi stessi veicolo di trasmissioni di batteri. Sono temi, questi, sui quali abbiamo perso la giusta attenzione e da qui la necessità di uno sforzo corale di Istituzioni e operatori sanitari per ricostruire la necessaria consapevolezza. Quello del S.Anna Hospital è un buon esempio; si capisce che qui c’è un’attenzione globale alla tematica infettivologica, che non lascia niente al caso e che integra bene tutto il personale medico, infermieristico e ausiliario”.
Di resistenza agli antibiotici ha invece parlato Carlo Tascini, direttore della Divisione malattie infettive dell’ospedale Cotugno di Napoli. “I batteri esistono da milioni di anni – ha spiegato – e hanno meccanismi di difesa molto oliati ed efficienti, per cui sono riusciti a sviluppare forti resistenze verso i farmaci, privandoci in qualche caso anche di quelli che costituivano l’ultimo baluardo di difesa possibile. Siamo arrivati a questo per una serie di motivi: primo fra tutti un abuso di antibiotici in comunità, sia nell’uomo sia negli animali”.
“Per altri versi – ha proseguito - registriamo negli ospedali un’assenza di controllo del fenomeno delle infezioni; controllo che invece andrebbe potenziato con leggi vincolanti su tutto il territorio nazionale, perché ad oggi i sistemi regionali hanno frammentato le regole e questo può essere stato un problema. Controllo delle infezioni, dunque ma anche appropriatezza nell’uso degli antibiotici sono la via da seguire tutti insieme senza affidarsi alla buona volontà della singola struttura”.