Teatro della Girandola, tutto pronto per l’ultimo spettacolo del cartellone

Reggio Calabria Tempo Libero

Il Teatro della Girandola presenta l’ultimo spettacolo del cartellone “Il vento che muove”. Lo spettacolo “Prigionia: femminile singolare” Studio per donna sola andrà in scena il 5 e 6 il maggio alle 21. Il Progetto, di e con Cristina Carrisi. Collaborazione alla drammaturgia Aniello Nigro e Giovanna Manfredini. Regia Patrizia Schiavo, è stato premiato lo scorso 6 novembre 2016 al Teatrocittà di Roma, in occasione del concorso di corti teatrali Frammenti al Femminile, come migliore spettacolo (primo premio) e menzione speciale migliore attrice under 35.

Un paravento. Un’attrice sola in scena. Diversi archetipi e personaggi per un tema multiforme come multiforme è il femminile: la dispersione e l’oblio della donna, che perde se stessa nel tumulto, nell’inquietudine, nell’indifferenza, nell’abitudine, nell’illusione, nel culto, nell’alterità dell’amore.

La presenza maschile è esclusivamente evocata, spesso bramata, sicuramente immagi-naria e pretestuosa per uno scavo dentro sé, per un dialogo che lei intraprende quasi sempre e prima di tutto con la propria anima. E poi un personaggio “intruso”, la psicanalista, che prova a tirare le fila del senso, dei “perché”, da cui ripartire. L’ombra del tanto dibattuto “femminicidio” si staglia sullo sfondo ma resta pura ombra, riflesso; a priori e ancora al di qua del discorso, sotto i riflettori è piuttosto la tensione sacrificale muliebre e la vocazione suicida ad essa intrinseca, a tratti comica a tratti amara. Tensione da cui lei sempre potrebbe, dovrebbe emanciparsi.

Tra visceralità, isterismo, senso materno e follia, uno studio per donna sola, alla ricerca di un’attualità di rappresentazione del femminile, ma anche di quintessenza trasversale dell’essere donna, delle sfumature infinite e delle frontiere di uno stato esistenziale fondamentalmente in ascolto. L’idea di Prigionia nasce essenzialmente dall’esperienza di vita di una donna, che inci-dentalmente è anche un’attrice, e si arricchisce sul percorso delle vicende umane di altre donne, con cui è entrata in contatto. Personalmente e/o attingendo a fonti che vanno dal mito alla cronaca, poco importa.

Racconto tante donne che sono una donna. Racconto una donna che è tante donne. Dalla pluralità di sembianti di donna emergenti nel dipanarsi del racconto, vivido si fa il volto di un auto sabotaggio. Che sia pazza o savia, sterile o fertile, artista o no, assediata dalla guerra o dalla pace, perdente o vincente, è una donna che esplora, si arrovella, cerca fuori di sé affannosamente. Ha perso i suoi istinti autoprotettivi nell’altrui compiacimento. Non sa amare se stessa, non abbastanza.

La drammaturgia lavora alla ricerca di luci, immagini, corporeità, coscienze, suoni, parole, evocazioni che tracciano e intrecciano, disegnano profili di donne esemplari, capovolgendo la prospettiva passiva che vede le donne vittime di abusi, violenze, discriminazioni, per dare corpo e voce all’io che di quel disagio è protagonista. La prospettiva attiva è - se non sempre lucidissima - alla ricerca di consapevolezza, tenta di recuperare il punto di vista delle donne, senza arretrare di fronte agli odierni fatti di cronaca, dove il mondo dei social network e del web in genere, pervenendo a surrogato di “piccola comunità” e determinandosi nel ruolo di opinione pubblica/carnefice, arriva a perpetrare casi limite di femminicidio morale. La recentissima vicenda di una giovane donna toltasi la vita a seguito dell’incontrollabile diffusione sulla rete di video hard che la ritraggono - video che in un primo momento lei stessa aveva inviato ad amici con leggerezza - mostra un prototipo di donna che oblia se stessa degradando la propria intimità a merce di scambio, salvo poi chiedere e non potere ottenere dalla legge un tardivo “diritto all’oblio” del suo caso, ormai consegnato al meccanismo impazzito quale è, appunto, il web all’epoca dei selfie e del cyberbullismo.