Grande partecipazione al convegno sul testamento biologico
Ha avuto una grande partecipazione il convegno svoltosi alla Provincia di Cosenza dal titolo: “Testamento biologico: le possibilità della legge, la libertà della persona umana”. Obiettivo dell’incontro è stato quello di riflettere e far riflettere in chiave pluralistica sulle delicate questioni di biodiritto, bioetica e bioscienza, alla scoperta di un diritto in via di riconoscimento ma purtroppo ancora distante dall’essere riconosciuto nell’Ordinamento italiano. Un enorme vuoto legislativo, reso ancora più pesante dalla circostanza che la proposta di legge già approvata dalla Camera dei Deputati è purtroppo ancora ferma in Senato e lungi dall’essere definitivamente approvata. Nel frattempo la vita reale scorre con tutti i suoi problemi e il dolore , la disperazione, il senso di prigionia di chi è senza speranza incide sulla sua carne viva e ne lede la dignità di essere umano.
“Di questi diritti negati si parla e si discute troppo poco – ha dichiarato il presidente della Provincia Franco Iacucci nel corso del suo saluto istituzionale – ed è anche per tale motivo che abbiamo aperto le porte a questo incontro, perché siamo un Ente aperto e sono del resto convinto che la legge sul fine vita sia una norma di civiltà assolutamente da approvare”. Iacucci ha ricordato come proprio la Sala degli Specchi sia diventata teatro di discussioni da più parti evitate, quali il dibattito sui diritti delle persone disabili e quello sui diritti degli omosessuali e delle lesbiche, perché “la Provincia è la Casa dei Comuni, ma anche la Casa dei Diritti e c’è la volontà di farne punto di riferimento di tutte le discussioni”.
Di profilo giuridico e nuovi diritti, sulle scelte di fine vita tra diritto costituzionale e libertà individuali, ha parlato il Procuratore Capo del Tribunale di Cosenza Mario Spagnuolo in una coinvolgente relazione che fra filosofia e diritto, passando per Michel Foucault attraverso il concetto di biopolitica in cui la "vita" e il "vivente" sono le poste in gioco delle nuove lotte politiche e delle nuove strategie economiche, ha puntato il dito contro “il potere che si è appropriato del corpo e ne fa un uso politico”. Occorre allora riguardare la Carta Costituzionale: gli articoli 2 e 3, in cui viene in rilievo il principio di dignità della persona; e l’articolo 32, che rappresenta l’apice del diritto alla libertà. Francesco Amato, direttore terapia del dolore e cure palliative dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, nella sua relazione ha evidenziato come obiettivo della medicina sia il bene del paziente, ribadendo il no all’accanimento terapeutico: “in questo senso, le normative attualmente in vigore garantiscono chi ha le proprie capacità cognitive integre, ma solo l’approvazione definitiva della nuova legge che disciplina il Testamento Biologico potrà dare voce voce a chi voce non avrà più”.
In rilievo, nelle riflessioni di Amato che ha anche ricordato la legge 38/2010 e quindi l’importanza delle cure palliative, “il decoro e la dignità del paziente sofferente; il prendersi cura di una persona, l’accompagnamento al fine vita senza sofferenza, ribaltando però il rapporto di potere oggi troppo sbilanciato a favore del medico”. Il sacerdote Don Giacomo Tuoto si è soffermato sul legame tra “principio di autodeterminazione” - “testamento biologico” -“accanimento terapeutico” ed “eutanasia”, ribadendo nel corso del dibattito i principi della morale cattolica e “l’indisponibilità assoluta di taluni diritti, in primis del diritto alla vita”.
Ines Crispini, ordinario filosofia morale dell’Unical, nelle sue considerazioni inerenti le prospettive bioetiche sulla dignità della morte e dignità della vita ha parlato di divergenze teorico-concettuali fra indisponibilità della vita e disponibilità del corpo, da dirimere a favore di quest’ultima accogliendo la lezione di Rodotà sul nesso strettissimo fra i temi del fine vita e dell’inizio vita. “L'eutanasia - ha aggiunto - è la questione bioetica che sollecita con urgenza la riflessione legislativa e uno Stato di diritto deve interrogarsi sulla questione dei diritti sul proprio corpo e consentire a chi chiede il diritto alla dignità della vita per mezzo di una buona morte di poter decidere sulla propria esistenza”.
Infine, assolutamente interessante la relazione sul ruolo della programmazione sanitaria di Andrea Urbani –Programmazione Sanitaria del Ministero della Salute – che ha ricordato che quello italiano è un sistema sanitario che funziona e che il Paese è il secondo in Italia come speranza di vita: “abbiamo un sistema universalistico non scontato in tutti i Paesi, con un sistema di compartecipazione però obsoleto e un problema di disuguaglianze. È necessario, quindi, predisporre un Piano industriale in termini di investimenti, anziché di costi, ponendo attenzione ai servizi sul territorio e all’assistenza domiciliare integrata, da potenziare soprattutto e proprio a favore di chi si trova alla fine della propria esistenza”.