Associazione a delinquere, blitz nel Crotonese: 14 arresti e sequestri

Crotone Cronaca

Quattordici arresti – sette in carcere e gli altri ai domiciliari - ed un sequestro di beni per un totale di 1,5 milioni di euro. Questo l’esito dell’operazione denominata “Ginetto”, scattata all’alba di stamani e condotta dagli uomini della Guardia di Finanza di Crotone.

Il vasto blitz di polizia economico finanziaria avrebbe portato a sgominare un’articolata associazione a delinquere che - secondo gli inquirenti – avrebbe operato fra il Crotonese, il Piemonte, la Liguria e la Lombardia. Sottoposte ad amministrazione giudiziaria otto società attive al nord.

I FALLIMENTI PILOTATI

Le ordinanze - emesse da Gip Michele Ciociola su richiesta del Sostituto titolare delle indagini, Gaetano Bono - hanno portato in carcere, in particolare, quattro crotonesi che sono accusati di aver fatto parte di un gruppo delinquenziale con contatti ramificati nel nord del Paese.

Secondo la tesi degli inquirenti erano loro che si occupavano di “far fallire”, presso il Tribunale del capoluogo pitagorico, società che erano in difficoltà economica e con rilevanti debiti tributari.

Nel 2015, i finanzieri avevano approfondito una serie di cosiddetti “Sos”, cioè delle segnalazioni per operazioni sospette, individuando le tracce di un presunto sistema criminale che sarebbe stato creato per costruire e condizionare i fallimenti.

La Procura, raccogliendo l’intuizione delle Fiamme Gialle, aveva così avviato una complessa indagine che, dopo circa due anni di analisi documentali, intercettazioni telefoniche, pedinamenti e osservazioni, avrebbe permesso di ricostruire le vicende contestate.

IL RECLUTATORE DELLE “TESTE DI LEGNO”

In pratica, si sarebbero registrati numerosi fallimenti decretati dal Tribunale che, stranamente, avrebbero visto come rappresentanti legali delle aziende interessate sempre le stesse persone: per gli investigatori, insomma, si tratterebbe di cosiddette teste di legno”.

La tesi è che ad assoldarle apposta sarebbe stato un reclutatore, identificato in Giuseppe Chiodo, uomo di fiducia di quello che è invece ritenuto il presunto promotore dell’organizzazione, Alberto Storari, quest’ultimo residente a Novara ma con un passato crotonese: è stato infatti residente a Cirò Marina per diversi anni impiantandovi delle attività commerciali.

Chiodo e Storari sono stati quindi arrestati insieme alle presunte “teste di legno”: ovvero Francesco Corigliano, Luigi Pantisano e Antonio De Angelis.

Quanto a quest’ultimi, gli inquirenti sostengono che in realtà dall’attività avrebbero guadagnato solo poche centinaia di euro nonostante i “rilevantissimi interessi economici” che sarebbero girati intorno al sistema”. Comunque sia risulterebbero stati fondamentali per lo schema che si ritiene messo in atto ed utilizzato dallo Storari.

COMMERCIALISTA, L’AVVOCATO E IL “RIASSETTO” DELLE SOCIETÀ

Tra gli altri soggetti che la Procura ritieneutilmente determinati” per quella che definisce la “scientifica spoliazione delle società in difficoltà vi sarebbero poi due professionisti: Antonio Castello, commercialista che opera a Genova, e Ivana Massolo, avvocato con studio a Torino.

Quest’ultima, secondo gli inquirenti, avrebbe curato parte “legale” delle operazioni di “riassetto” delle società in decozione insieme a Storari, che è ritenuto la vera mente dell’intero gruppo.

In tal senso sarebbe stata fondamentale l’attività dei “professionisti”, “ben più insidiosa e determinante – sostengono gli investigatori - di quella degli interpositori”, e che, come dimostrerebbero le intercettazioni telefoniche, “coscientemente” avrebbero attuato le operazioni commerciali, societarie e contabili, “per avvantaggiare i propri clienti e spostare le responsabilità sugli associati crotonesi”.

INDAGATI ANCHE UNA VENTINA DI IMPRENDITORI

In ultimo sono stati arrestati e messi ai domiciliari gli imprenditori Enrico Bisio di Novara, Roberto Lombardi di Genova, Luigi Minori di San Sebastiano da Po’ in provincia di Torino, Maria Rosa Pascuzzi, originaria di Belcastro (nel catanzarese) e residente a Chivasso (Torino), Giuseppe Ferrando di Genova e Paolo De Gregori di Novara.

La tesi è che si sarebbero avvantaggiati dei “servizi” offerti dall’organizzazione per salvare i beni e l’azienda, dagli incipienti fallimenti che si sarebbero verificati lì dove le aziende avevano le sedi legali.

Indagati inoltre altri 14 imprenditori di varie località italiane che nel corso degli anni avrebbero utilizzato le prestazioni dell’organizzazione.

I DEBITI TRIBUTARI DA 140 MILIONI DI EURO

Sono state poi sottoposte a sequestro e ad amministrazione giudiziaria, come dicevamo, otto società operanti a Genova, Novara, Milano, Chivasso (TO), Busto Arsizio (VA), Limena (PD), Pietrasanta (LU) che sarebbero, in parte, l’attuale risultante di 34 aziende portate al fallimento in provincia di Crotone, dal 2009 fino ai giorni nostri (a dicembre del 2016 sarebbero stati ancora effettuati degli atti di trasferimento delle sedi).

Ai presunti componenti del gruppo e agli imprenditori coinvolti è stato anche contestato un profitto derivante dall’illecita attività, per circa un milione e mezzo di euro, mentre l’ammontare delle sole iscrizioni a ruolo per debiti tributari - quindi senza conteggiare i debiti verso i fornitori e gli Istituti di Credito -, ammonta a 140 milioni di euro per i fallimenti decretati nella provincia pitagorica delle società con sede “fittizia” presso gli indirizzi dei prestanome.

IL PASSA PAROLA DEI CLIENTI SODDISFATTI

La tesi degli inquirenti è che gli imprenditori che nel nord-Italia si sarebbero venuti a trovare in difficoltà, avrebbero acceduto “servizi” offerti di quella che viene definita come una “particolare agenzia”, venendo a conoscenza di Storari grazie al passa parola fra i clienti soddisfatti.

Storari poi sarebbe entrato in contatto con le varie aziende in crisi, accumunate da consistenti pendenze erariali e debitorie, e proponendo un “contratto all-inclusive” comprensivo di tempi e costi che veniva consegnato e fatto firmare all’amministratore in difficoltà.

IL "CONTRATTO" E LE “VITTIME SACRIFICALI”

Il contratto avrebbe previsto principalmente tre fasi: la distrazione degli “assets positivi” esistenti attraverso falsi contratti di cessione di rami d’azienda e lo svuotamento di conti societari anche con false fatturazioni; la creazione di una nuova compagine sociale “amministrata” da un soggetto appartenente allo stesso gruppo familiare o comunque compiacente; infine, il trasferimento della sede legale (con tutte le passività a quel punto esistenti) nella provincia crotonese con l’intestazione delle quote sociali a “prestanomi” compiacenti e la contestuale nomina del rappresentante legale che sarebbe stato così la “vittima sacrificale” dei successivi destini societari.

La regia dei vari passaggi sarebbe stata affidata ai due insospettabili professionisti: il commercialista Castello che avendo già la disponibilità delle smart card (utilizzabili per la firma digitale dei documenti) intestate alle presunte “teste di legno” crotonesi avrebbe provveduto ad effettuare le comunicazioni alle Camere di Commercio sulle cessioni di quote, i trasferimenti sede, eccetera, senza per questo incontrare direttamente i soggetti interessati.

L’avvocato Massolo, invece, si sarebbe preoccupata di offrire la sua consulenza legale alle varie trasformazioni societarie entrando direttamente in contatto con gli imprenditori “clienti”.

Nell’ultima fase - spiegano ancora gli investigatori – sarebbe entrato in gioco l’uomo di fiducia di Storari, Giuseppe Chiodo, che si sarebbe occupato di “reclutare” i prestanome, trovare le sedi dove trasferire le società da condurre al fallimento, individuare gli studi notarili per lo svolgimento dei falsi atti di cessioni di quote formalmente ineccepibili, fino ad arrivare a diventare lui stesso, temporaneamente, amministratore di società.

(aggiornata alle 09:45)