Spacciavano droga e facevano fatture false: 16 arresti. In manette funzionari bancari

Crotone Cronaca

Associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio, autoriciclaggio, spaccio e traffico di droga. 16 persone arrestate e 4 denunciate per dichiarazione fraudolenta con l’uso di fatture false.

È il bilancio dell’operazione della Dia di Padova, denominata "Fiore Reciso" - scattata al termine di complesse indagini coordinate dalla Procura della Repubblica - che ha eseguito le 16 ordinanze di custodia cautelare in carcere e ai domiciliari, emesse dal gip di Padova, coadiuvata nella fase esecutiva dalle Divisioni Investigative antimafia di Trieste, Brescia, Bologna e Catanzaro, dalla Squadra Mobile di Padova, e dalle articolazioni territoriali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza.

L’attività di investigazione, avviata nel 2015, farebbe emergere come la presunta associazione a delinquere avrebbe fatto riferimento all’artigiano Antonio Bartucca, ad Antonio Giardino, Giovanni Spadafora, Vincenzo Giglio e Lorenzo Ceoldo, utilizzando i proventi illeciti delle fatture false tanto per acquistare droga destinata ad essere poi venduta a terzi, quanto per le necessità delle ditte “di riferimento”, come per spese di viaggio e di alberghi, acquisto carburante, e anche il pagamento dei dipendenti.

LA BASE OPERATIVA A VIGONZA

Secondo gli inquirenti la base operativa sarebbe stata un capannone a Vigonza usato da Bartucca, Spadafora, Ceoldo e Giglio sia come magazzino per l’attività edile, sia come base per nascondere droga, materiale da taglio e confezionamento, ma anche armi e munizioni.

I pedinamenti della Dia di Padova avrebbero permesso di delineare poi il sistema dell’associazione a delinquere. Così, sempre secondo la tesi investigativa, Antonio Giardino, originario di Isola Capo Rizzuto, sarebbe stato il principale fornitore di marijuana e di hashish.

Per le operazioni di consegna, effettuate nel piazzale dell’Idea di Padova, si sarebbe servito dei corregionali Giuseppe Cozza e Pasquale Pullano, entrambi residenti in provincia di Verona.

La droga una volta consegnata a Cozza e Pullano sarebbe stata venduta a Luca Segato, N.G., Domenico Sottile e Antonino Cassandro. I quattro l’avrebbero rivenduta a loro volta ai propri clienti.

LE FATTURE FALSE E IL RUOLO DEL DIRETTORE DI BANCA

Parallelamente al traffico di droga, le indagini avrebbero portato alla scoperta di un vero e proprio “sistema” creato per emettere fatture per operazioni inesistenti, per riciclare e autoriciclare denaro con i “favori” del direttore della filiale di Vigonza della Banca Popolare di Vicenza, Federico Zambrini, e di un funzionario della stessa, Roberto Longone.

Il metodo, collaudato, avrebbe previsto la creazione di fatture per operazioni inesistenti a nome di artigiani che lavoravano per Bartucca ma che in realtà erano ignari del meccanismo.

Il Direttore della banca e il funzionario avrebbero invece permesso a Bartucca di operare nell’istituto di credito su rapporti che non sarebbero stati riconducibili alla sua persona: un “favore” che sarebbe stato “ricompensati” con cospicue somme di denaro, sostengono gli investigatori.

IL SEQUESTRO DI BENI

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova, recependo appieno le richieste del pm, ha così disposto: il sequestro preventivo, ai fini della confisca per equivalente, di beni mobili e immobili delle persone coinvolte, per un valore complessivo di oltre 800 mila euro; il sequestro preventivo per equivalente nei confronti di Banca Popolare di Vicenza, per un importo pari alle operazioni di riciclaggio che si ritiene messe in atto dal Direttore e dal funzionario della filiale di Vigonza.

E non solo. Perché a tre delle persone arrestate oggi, ma già colpite da provvedimento restrittivo nell’ambito dell’operazione “Stige” della Dda di Catanzaro, è stato contestato

“...[di] aver preso parte, ognuno con il proprio ruolo…ad una associazione per delinquere di tipo ‘ndranghetistico … articolazione del più ampio locale di ‘ndrangheta cirotano, egemone sul territorio di Strongoli e Strongoli Marina, essendosi avvalsi del c.d. metodo mafioso ovvero della forza d’intimidazione derivante dal vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà diffusa che ne deriva, per agevolare la commissione di delitti contro la persona ed il patrimonio, allo scopo di acquisire, mantenere, rafforzare ed estendere il controllo anche economico dell’area territoriale sopra definita nonché al Nord Italia e all’Estero attraverso la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, mantenendo, in tal modo, in vita il sodalizio criminoso già esistente sin dagli anni ‘80…[di aver] reperi[to] e/o otten[uto], lavori mediante partecipazioni a gare d’appalto o attraverso l’acquisizione di sub-appalti da parte di ditte già vincitrici, sia presso il Comune di Strongoli che nel Nord Italia, in particolare in Toscana, Umbria e Veneto, come anche all’estero, in particolare in Germania, mediante l’utilizzo di imprese “pulite” ma riconducibili alla famiglia…serv[endosi] in ciò di loro referenti territoriali…[di] aver rappresentato gli uomini di fiducia della cosca sul territorio padovano, ed in particolare [di] aver garantito il supporto logistico ed economico alla famiglia…[di aver] investi[to] denaro per l’apertura o l’acquisizione di nuove attività imprenditoriali nelle zone del padovano quali ad esempio una società immobiliare, una società che fornisse la security per i locali del padovano, nel settore della panificazione, nonché [di] aver cercato di inserirsi in lavori pubblici, con ditte agli stessi riconducibili, fornendo i relativi mezzi d’opera (come ad esempio in occasione dei lavori sull’autostrada nelle zone di Firenze); [di] aver inoltre rappresentato le persone di riferimento nelle zone del padovano anche per gli affiliati alla cosca Cirotana garantendo loro supporto logistico ed economico…”.

I DESTINATARI DEI PROVVEDIMENTI

Sono così finiti in carcere: Antonio Bartucca, 49 anni, originario di San Giovanni in Fiore, residente a Vigonza, artigiano, già detenuto presso la Casa di reclusione di Padova; Giovanni Spadafora, 45 anni, di San Giovanni in Fiore, residente a Vigonza, artigiano, già detenuto presso la Casa Circondariale di Tolmezzo; Pasquale Pullano, 40 anni, originario di Crotone, residente a Isola Capo Rizzuto, con domicilio a San Martino Buon Albergo, operaio; Saimir Vezi (soprannominato “Sergio”), 42 anni, albanese, residente anagraficamente in Sala Bolognese, disoccupato; Domenico Carbone, 40 anni, originario di Catanzaro, imprenditore residente a Fiesso d’Artico; Domenico Sottile (soprannominato “Mimmo”), 41 anni, originario di Crotone, residente a Spinea, ex dipendente di poste italiane; Giuseppe Cozza, 42 anni, originario di Crotone, residente a Isola di Capo Rizzuto, operaio con domicilio a Bovolone.

Ai domiciliari, invece: Lorenzo, Ceoldo 47 anni, padovano, disoccupato, residente a Vigonza,; Vincenzo Giglio, 26 anni di Crotone, residente a Strongoli, imprenditore, già detenuto presso la Casa Circondariale di Cosenza; Antonio Giardino, 48 anni, originario di Isola di Capo Rizzuto, residente a Verona, imprenditore; Luca Segato, 47 anni, residente a Vigonza, disoccupato; N.C., 39 anni, residente a Dolo, commerciante; Antonino Cassandro, 47 anni, residente a Vigonza (PD), disoccupato; Federico Zambrini, 49 anni, originario di Bologna, residente a Piovene Rocchette, funzionario di banca; Enrico Borrini, 52 anni, residente a San Felice del Benaco, artigiano; Roberto Longone, 44 anni, residente a Piove di Sacco, funzionario di banca, OCC arresti domiciliari

Quattro le persone indagate.