Al Nuovo Supercinema, arriva Lamagara: la storia della fattucchiera Cecilia Faragò
L’8 marzo al Nuovo Supercinema di Catanzaro, debutterà “La Magara” secondo atto di Ztl, Zona Transitoriamente Libera di Confine Incerto, incentrato sulla figura di Cecilia Faragò, l’ultima fattucchiera processata per stregoneria nel Regno di Napoli.
Il progetto che si ispira alla Taz (Temporary Autonomous Zone) di Hakim Bey, per la riappropriazione di “zone” urbane attraverso momenti di cultura, conoscenza e socializzazione.
Alle 18.30 lo spettacolo teatrale sarà anticipato dal dibattito dal titolo “Dal ricatto al riscatto: storie di donne coraggiose” con Isolina Mantelli, Emanuela Gemelli, Gloria Pavia; modera Carmen Loiacono. Alle 20.30 sarà il turno del teatro con il monologo di Emanuela Bianchi, scritto insieme a Emilio Suraci – tratto da “L’ultima fattucchiera” del compianto Mario Casaburi, edito da Rubbettino - che si è aggiudicato il Premio della critica GaiaItalia.com al Roma Fringe Festival 2014, dove ha potuto vantare anche la candidatura come migliore attrice.
Attraverso la voce di Bianchi, protagonista in scena, saremo catapultati nel 1769, quando la “magàra” Cecilia, originaria di Zagarise, è prima di tutto una donna che pensa, che guarda troppo avanti, che sospetta, che non crede a niente. Lei è la strega a cui il mondo chiede di nascondere le sue ipocrisie, per poi lapidarla per le sue stesse colpe.
Il suo profilo è tracciato attraverso il carteggio riportato da Casaburi dell’avvocato catanzarese Giuseppe Raffaelli che in quanto nominato dal re avvocato dei poveri, la difese dall’accusa di “fattucchieria”, peraltro costruita ad arte da due canonici, che crearono prove, indizi e testimonianze, opponendo vittoriosamente la ragione e il pragmatismo alla superstizione e al pregiudizio.
E’ una microstoria che si affaccia dal passato, un urlo di redenzione da quel mondo di storie disperse che formano la memoria negata del genere femminile. Profetessa dell’uguaglianza e donna irregolare di un Mediterraneo arcaico, viscerale, erotico, fatto di magismo, superstizione e divinazione, domina la natura aspra della terra, dei suoi frutti, dell’acqua, del fuoco.
Lamagara mette in scena i luoghi eterni della generazione e dell’eros, della diffusività maternale di vita, morte e reificazione in corpore feminae. Ad andare in scena non è un semplice monologo, ma un’interazione di voci della storia, sommerse nell’oblìo di un presunto peccato, che si elevano, con il personaggio di Cecilia, verso la luce, a smascherare il doppio volto della verità dell’uomo, le pieghe della sua quotidiana magia.