Uno, nessuno e centomila: sesto appuntamento al Politeama di Lamezia Terme

Catanzaro Tempo Libero

Venerdì 10 e sabato 11 febbraio 2012, alle ore 21.00, con matinée organizzata in collaborazione con la Stagione Teatro Ragazzi per sabato 11 febbraio alle ore 10.30, al Teatro Comunale Politeama di Lamezia Terme il sesto appuntamento della Stagione di Prosa presenta un altro testo di Pirandello Uno, Nessuno e centomila con Fulvio Cauteruccio, Monica Bauco e Laura Bandelloni, regia di Giancarlo Cauteruccio, adattamento teatrale di Giuseppe Manfridi. Un gradito ritorno per i fratelli Cauteruccio assenti da molti anni dalle scene lametine che li avevano visti strepitosi interpreti nei panni di Hamm e Clov in U juocu sta’ finisciennu ovvero la traduzione in dialetto calabrese ad opera del professore John Trumper (decano dell’Università della Calabria ed esperto di dialetti calabresi) di Finale di partita di Samuel Beckett. Un’operazione storica che ha permesso, per la prima volta, alla lingua calabrese di acquisire dignità artistica nel panorama teatrale nazionale rivelando tutta la sua potenza espressiva.

Con lo spettacolo Uno, nessuno e centomila Giancarlo Cauteruccio si cimenta per la prima volta con la scrittura pirandelliana e sceglie un romanzo, un romanzo umoristico alla maniera di Pirandello e l’ultimo scritto dal grande autore girgentino. L’idea registica evidenzia la tematica del fallimento esistenziale e Giancarlo Cauteruccio vira la messinscena verso Samuel Beckett, l’autore-guida del suo teatro negli ultimi vent’anni.

La scena, firmata da Loris Giancola, è un luogo metafisico abitato da voci e oggetti.

Fulvio Cauteruccio, nel ruolo di Vitangelo Moscarda, si muove in un labirinto di sedie dislocate su una scala-altare in cima alla quale troneggia, immersa in un buco fino alla cintola, l’amante Anna Rosa, il suo alter-ego e molto prossima alla Winnie di Giorni felici. Dida, la moglie, è invece una sorta di “simulacro di erotica mondanità”. La discesa nel profondo del protagonista, la sua lucida follia, il suo parlare pensato lo conducono alla totale dissipazione di sé sintetizzata nell’immagine finale che lo vede interrato fino al collo. Ad officiare il rito uno specchio, sorta di occhio indagatore e metafora dell’intero teatro pirandelliano secondo una felice intuizione di Adriano Tilgher.