Catturato a Roma il reggente dei “Gallico”: fermato in un bar, era ricercato dal 2017
È finita ieri a Roma la latitanza di Filippo Morgante, 48enne ritenuto come “personaggio di spicco” della cosca Gallico di Palmi.
Morgante, “reggente” del clan, era irreperibile dall’ottobre dell’anno scorso, quando si era sottratto ad un ordine di carcerazione emesso dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria dopo una condanna definitiva ad oltre 18 anni per associazione mafiosa, minaccia, armi clandestine e per traffico e associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Il blitz che ha portato alla sua cattura è scattato nella tarda serata di sabato, quando i carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, con il supporto dei colleghi della Capitale e del Ros, hanno scovato e arrestato il ricercato grazie anche ad una meticolosa indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della città dello Stretto.
Per circa un anno gli investigatori reggini hanno monitorato infatti il suo stretto circuito relazionale, riuscendo ad individuare Morgante all’esterno di un bar, poco lontano dall’abitazione di via del Forte Tiburtino in cui aveva trovato rifugio.
Al momento dell’arresto non ha opposto alcuna resistenza, era disarmato e con addosso dei documenti oggetto di una denuncia di smarrimento; inoltre aveva con sé un telefono cellulare con una sim straniera.
Morgante, come dicevamo, è ritenuto un elemento di elevata caratura e “a completa disposizione” della cosca Gallico; godrebbe di un’ampia autonomia decisionale sia sulla pianificazione degli omicidi che per le azioni criminali da compiere per la gestione degli interessi economici del clan.
Un profilo, il suo, delineatosi dettagliatamente nel corso dell’indagine “Cosa Mia” della Dda reggina (LEGGI), a seguito della quale si è poi reso latitante, e che avrebbe consentito di accertare come questi fosse “… al costante servizio dell’associazione mafiosa, dando attuazione a tutti gli ordini impartiti dai capi”, ovvero Giuseppe, Domenico (cl. ’58) e Carmelo Gallico o dei “reggenti” (Rocco e Teresa Gallico), soprattutto in materia di estorsioni.
Secondo gli inquirenti, inoltre, avrebbe fatto parte del cosiddetto “braccio armato” della cosca partecipando attivamente alla faida in corso con la ‘ndrina Bruzzise “più in generale mettendosi a completa disposizione degli interessi della cosca, cooperando con gli altri associati nella realizzazione del programma criminoso del gruppo”.
Dal momento che tutti i principali esponenti della consorteria sono detenuti, di fatto figurava dunque e sino alla sua cattura di oggi come il “reggente” della cosca.