Basilica di Santa Sofia ad Istanbul: l’attività dei ricercatori universitari in un libro

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Un gruppo di ricerca coordinato dal rettore Gino Mirocle Crisci dell’Università rendese, sta studiando insieme alle Università del Messico e di Barcellona la basilica di Santa Sofia a Istanbul.

Gli studi mirano a dare risposta a questioni ancora insolute come la complessità delle sue vicende costruttive ne fanno uno dei monumenti più studiati al mondo e molte sono ancora le problematiche fortemente dibattute dalla comunità scientifica, come la provenienza dei materiali con cui è stata realizzata, i restauri condotti nel passato, i motivi della straordinaria resistenza della struttura ai terremoti, le questioni connesse alla sua conservazione.

La forza del team risiede nella sua spiccata multidisciplinarità, che ha visto coinvolti nella ricerca restauratori Murat Cura, geologi Domenico Miriello, Andrea Bloise e Mirco Taranto, archeologi Alessandra Pecci, chimici Luis Barba, diagnosti Raffaella De Luca, geofisici Jorge Blancas e ingegneri Marco Cappa e Daniela De Angelis.

I risultati delle ricerche sono stati presentati il 7 dicembre scorso nella sala conferenze del Museo di Santa Sofia di Istanbul. I lavori sono stati presieduti dal Direttore del Museo di Santa Sofia, Hayrullah Cengiz, il quale ha invitato il rettore Crisci ad aprire il workshop.

Murat Cura, Alessandra Pecci e Domenico Miriello, hanno illustrato i risultati più significativi raggiunti, tra cui la realizzazione di un modello tridimensionale di Santa Sofia, implementato all’interno di un sistema Gis 3D, che consentirà, da subito, la costruzione di un database intelligente, interpolabile nelle tre dimensioni spaziali, in cui inserire tutti i dati storici e composizionali che riguardano Santa Sofia.

Inoltre, sono stati presentati dati inediti relativi all’evoluzione delle fasi costruttive che hanno portato alla realizzazione della struttura architettonica; tali fasi sono state meglio individuate grazie allo studio composizionale delle malte e dei laterizi. L’interpretazione dei dati, derivanti da riprese eseguite con termo-camere di ultima generazione, ha consentito di fare chiarezza sull’evoluzione costruttiva della cupola. Il gruppo di ricerca è stato il primo a utilizzare i droni per il rilievo fotogrammetrico e il rilevamento delle forme di degrado dell’edificio e a evidenziare, grazie al georadar, la presenza di strutture architettoniche antiche nel sottosuolo, non direttamente correlabili con le deformazioni delle strutture portanti.

Il rettore Crisci ha chiuso i lavori indicando la strada da seguire per gli studi futuri, che riguarderà, più dettagliatamente, l’individuazione delle aree da cui arrivavano le materie prime utilizzate per la produzione delle malte e dei laterizi e il popolamento del database 3D, che si configurerà come un potente strumento a disposizione dei tecnici di Santa Sofia, per pianificare i futuri interventi di restauro.

Il direttore di Santa Sofia si è detto molto soddisfatto del lavoro invitando il gruppo a continuare la collaborazione, che si consoliderà grazie anche alla pubblicazione di un libro in cui saranno raccolti i risultati raggiunti dal gruppo di ricerca.