Legge 194, Corrado (Cgil): “Garantire i diritti delle donne senza arretramenti”
La categoria funzione pubblica della Cgil dell’area vasta chiede di “garantire i diritti delle donne senza arretramenti. Per parte nostra denunceremo ogni tentativo di riportarci indietro e di restringere la nostra libertà”.
La responsabile sanità Graziella Corrado si riferisce alla legge 194, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza”, promulgata il 22 maggio del 1978. La Corrado parla della situazione crotonese che per diversi anni è stata contraddistinta dalla mancata applicazione della norma, adesso per la responsabile sanità “in Calabria e in particolare a Crotone, finalmente tale Legge viene applicata dopo anni di indecorosa negazione di un diritto faticosamente conquistato da tutte le donne”.
Per Graziella Corrado il nodo è quello “dell’obiezione di coscienza di medici e infermieri. Secondo l’ultimo rapporto del ministero della Salute, con dati del 2016, i ginecologi obiettori nelle strutture in cui si praticano interruzioni di gravidanza sono oltre il 70%. In molte regioni il diritto garantito dalla 194 è di fatto negato. Ci sono strutture dove l’obiezione è totale e altre ridotte a catena di montaggio dell’aborto, con singoli operatori che arrivano a praticarne 400 all’anno.
“Quarant’anni dopo, insomma, le donne incontrano ancora molti ostacoli e il loro diritto a scegliere è tutt’altro che garantito. Da oltre 40 anni le donne lottano per farla applicare e difendere”.
“La legge non ha introdotto la pratica dell’aborto ma ha tolto dalla clandestinità e dall’illegalità l’interruzione volontaria della gravidanza, grazie alla capacità delle donne di imporre all'agenda politica un drammatico vissuto femminile fino ad allora relegato nel privato ed esposto da un lato al rischio di morte, dall'altro alla galera”.
Ha quindi ricordato il contesto in cui è stata adottata la norma, quello del “movimento femminista, dei partiti di sinistra, dei sindacati e delle associazioni. Le strutture sanitarie pubbliche dovevano garantire gratuitamente l’interruzione volontaria di gravidanza e i consultori dovevano assicurarne la prevenzione attraverso una efficace educazione sessuale e sanitaria. La legge recepì queste istanze, ma consentì l’obiezione di coscienza anche se circoscritta al solo personale, mentre la struttura era tenuta in ogni modo ad assicurare gli interventi”.