Cosca di Cirò. Luce su due omicidi di 12 anni fa: cinque arresti nel crotonese e milanese
Dopo circa dodici anni si sarebbe fatta luce su due delitti di ‘ndrangheta avvenuti l’uno in Calabria e l’altro in Lombardia agli inizi degli anni Duemila. Parliamo, in particolare, degli omicidi di Vincenzo Pirillo e Cataldo Aloisio, rispettivamente ammazzati il primo il 5 agosto del 2007 a Cirò Marina e l’altro il 27 settembre del 2008 a Legnano.
Stamani, nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalle Procure del capoluogo lombardo (dal procuratore Francesco Greco, dall’Aggiunto Alessandra Dolci e dai Sostituti Alessandra Cerreti e Cecilia Vassena) e di Catanzaro (dal procuratore Nicola Gratteri, dall’Aggiunto Vincenzo Luberto e dai Sostituti Paolo Sirleo e Domenico Guarascio), sono stati infatti eseguiti cinque provvedimenti cautelari nei confronti di altrettante persone indagate per le ipotesi di omicidio aggravato dalle finalità mafiose.
L’indagine, che è svolta in stretta sinergia e costante coordinamento dalle Procure Distrettuali di Milano e Catanzaro, fa seguito alla nota operazione Stige condotta dai carabinieri del Ros nel gennaio del 2018, e che avrebbe inferto un duro colpo alla cosiddetta “locale” di ‘ndrangheta di Cirò (LEGGI).
L’inchiesta, dunque, avrebbe dato anche un nuovo impulso alle indagini sui due omicidi avvenuti oltre dieci anni fa. Gli investigatori ritengono infatti che i due delitti siano maturati in seno al sodalizio cirotano e decisi dai vertici della locale di Cirò Marina, in particolare da Silvio Farao e Cataldo Marincola, e che siano tra loro strettamente collegati: la morte di Pirillo e Aloisio, in pratica, sarebbe servita per mantenere degli equilibri interni all’organizzazione criminale.
L’esecuzione dell’omicidio in Lombardia, affidata al presunto capo della locale di Legnano Lonate Pozzolo, Vincenzo Rispoli, per gli inquirente confermerebbe anche che entrambe le locali di ‘ndrangheta (operanti, rispettivamente, a Cirò Marina e Legnano, appunto) fossero strettamente collegate ed operassero in stretta sinergia, come già accerterebbero delle sentenze definitive.
GLI EQUILIBRI INTERNI E IL TIMORE DELLA VENDETTA
Dalle ordinanze dei Gip lombardo e calabrese, emergerebbe, in particolare, che l’eliminazione di Pirillo - che per un certo periodo sarebbe stato il reggente della cosca - l’avrebbero decisa Cataldo Marincola e Giuseppe Spagnolo (quest’ultimo l’avrebbe anche eseguita) per punirne l’impropria gestione delle casse del clan: la vittima, secondo i suoi carnefici, avrebbe anteposto i suoi interessi al mantenimento delle famiglie dei detenuti.
Quanto all’assassinio di Alosio, che era il nipote di Pirillo, sarebbe stato conseguentemente deliberato da Silvio Farao e Cataldo Marincola, ed eseguito da Vincenzo Rispoli e Vincenzo Farao, per il timore di una sua eventuale vendetta, che avrebbe inevitabilmente destabilizzato gli equilibri della cosca.
Le investigazioni che hanno portato oggi ai cinque provvedimenti sono state condotte dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri (nelle sue articolazioni periferiche di Milano e Catanzaro), con la collaborazione del Centro Operativo della Dia del capoluogo lombardo e del Roniv del Comando Provinciale dell’Arma di Crotone.