Parco della Sila, Altura conclude assemblea sulla tutela dei rapaci: vari i problemi
Altura, Associazione per la Tutela degli Uccelli Rapaci e dei loro Ambienti, in occasione dell’Assemblea nazionale annuale che si è tenuta nei giorni 1 e 2 giugno 2019 nel Parco Nazionale della Sila, ha potuto constatare alcuni gravi problemi riguardanti la tutela degli uccelli rapaci in Calabria.
“Sono all’esame del competente Dipartimento regionale agricoltura, - avvisa il direttivo associativo - numerosi progetti per la realizzazione di nuovi impianti di uliveti nelle ultime aree naturali costituite da pascoli e in diverse zone della regione, in particolare nella provincia di Crotone, sono state già trasformate vaste superfici di tali zone, finora utilizzate per l’allevamento di bovini, caprini ed ovini. Di particolare gravità è il fatto che – spiega la nota - tali interventi stanno interessando superfici ricadenti in aree naturali protette, e in particolare nelle Zps (Zone di Protezione Speciale) e nelle Zsc (Zone Speciali di Conservazione ex S.I.C.), istituite in applicazione di direttive europee, recepite da molti anni dall’Italia, emanate per la tutela e salvaguardia della fauna selvatica e degli habitat naturali e seminaturali, come i pascoli e le pseudo steppe mediterranee”.
“Ricordiamo che l’art. 2 e l’art. 5 del Decreto del Ministero dell’Ambiente del 17 ottobre 2007, hanno imposto un vincolo specifico su questi pascoli, vietandone ogni tipo di trasformazione. Inoltre, queste trasformazioni violano il “principio di condizionalità”, previsto dalla legislazione comunitaria-europea, recepito da tempo in Italia, con probabili conseguenti procedure di infrazione che potrebbero comportare cospicue riduzioni di fondi comunitari destinati all’Italia e alla Calabria in particolare.
Sottolineiamo che “i pascoli e le pseudosteppe mediterranee sono aree fondamentali per l’alimentazione di diverse specie di uccelli rapaci minacciati di estinzione, come ampiamente dimostrato da diversi studi. Altura chiede quindi, per le numerose conseguenze negative di carattere ambientale, paesaggistico, naturalistico ed anche idrogeologico, che tali interventi comportano, agli enti preposti ai controlli e al rilascio delle autorizzazioni, e quindi prima di tutto alla Regione e ai relativi Dipartimenti competenti in materia, nonché ai Carabinieri Forestali e a tutti gli organi di polizia di voler garantire il pieno rispetto della normativa nazionale e comunitaria in questione”.
L’attività di escursionismo estremo, nella fattispecie quella caratterizzata dalle arrampicate su pareti naturali è ormai sempre più diffusa in Calabria e interessa anche aree di elevata valenza ambientale ricadenti all’interno di parchi nazionali, aree Zps ed aree Zsc. In tali aree – incalza la nota - nidificano spesso uccelli rapaci ad elevato rischio di estinzione, quali ad esempio l’aquila reale e il grifone, e perciò l’arrampicata dovrebbe essere rigorosamente vietata o attentamente regolamentata. L’Ente parco nazionale dell’Aspromonte, ha già opportunamente provveduto a regolamentare e vietare l’arrampicata nelle aree naturalistiche più sensibili del parco. In altre aree altrettanto importanti e perciò degne di un’analoga rigorosa tutela, ricadenti nel parco nazionale del Pollino, le iniziative di tutela adottate sono invece inadeguate e i controlli largamente insufficienti. Infatti – continua la nota - numerosi scalatori si arrampicano regolarmente su pareti molto importanti del parco, disturbando l’avifauna nidificante e compromettendo la riproduzione di specie a rischio di estinzione. Ricordiamo che nelle aree protette il disturbo della fauna selvatica è reato, soprattutto nel delicato periodo della riproduzione, quindi è espressamente vietato dall’art. 11 della Legge Quadro sulle aree protette, n. 394/1991”.
Sempre nel parco nazionale del Pollino, risulta alla scrivente Associazione che “l’ente gestore dell’area protetta ha attivato, una stazione di alimentazione, cosiddetto carnaio, per favorire la reintroduzione dell’avvoltoio grifone, realizzata dall’Ente parco e nel contempo per aumentare la presenza di rapaci ad elevato rischio di estinzione, quali il capovaccaio ed il nibbio reale, otre all’aquila reale. Ci risulta che a tutt’oggi, dopo anni di attesa, il carnaio non è stato ancora realizzato. Ci si limita a collocare pezzi di carne sopra alle voliere realizzate a suo tempo per la detenzione temporanea di grifoni destinati alla liberazione. A parte altre considerazioni di carattere igienico-sanitario vogliamo sottolineare – conclude la nota - che così facendo si impedisce di fatto a specie di particolare valore naturalistico ma più timorose e timide del grifone, quali l’aquila reale, il nibbio reale e il capovaccaio, di sfruttare questa importante fonte alimentare. Il carnaio va realizzato a terra in un’area idonea adeguatamente recintata.”