Un “diplomificio” taroccava i titoli per insegnare a scuola: indagati 58 maestri, beccato il falsario
Il bubbone era scoppiato già due anni fa, era il novembre del 2017, quando vennero smascherati una trentina di maestri e maestre delle primarie e dell’infanzia, anche insegnanti di sostegno o altri inseriti nelle cosiddette “graduatorie ad esaurimento”, accusati di aver presentato dei titoli di studio fasulli per essere ammessi alla professione (LEGGI).
L’operazione allora venne chiamato non a caso “Minerva” e alla quale fa seguito un secondo filone d’indagine che vede proprio oggi notificare ben 58 avvisi di garanzia ad insegnanti che sono ora indagati per aver falsificato i titoli di studio e così poter accedere all’insegnamento.
Il blitz, partito dai carabinieri di Cosenza, si estende a macchia d’olio dalla provincia bruzia fino a quelle di Lecce, Pistoia, Milano, Bergamo e Forlì-Cesena.
Le conclusioni delle investigazioni hanno portato alla notifica di 25 avvisi di conclusione delle indagini preliminari, emesse dalle Procura della Repubblica bruzia, nei confronti di altrettanti indagati, a vario titolo, per falsità materiale commessa da Pubblico Ufficiale in atti pubblici in concorso, falsità materiale commessa da privato in concorso, falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico.
Gli inquirenti, dunque, si dicono certi di aver scoperto un vero e proprio “sistema” per falsificare ed poi utilizzare in tutt’Italia dei diplomi apparentemente rilasciati da istituti magistrali statali e paritari del cosentino, oltre che da scuole di specializzazione per l’insegnamento di sostegno agli alunni portatori di handicap. Ma anche “prodotti” dall’Istituto Nazionale Scuole e Corsi Professionali di Cosenza.
I titoli di studio falsi sarebbero stati così allegati formalmente dagli indagati alle domande per essere inseriti sia nelle graduatorie ad esaurimento, sia in quelle d’istituto per l’assunzione come insegnante nelle scuole primarie e dell’infanzia, su posto comune e sul sostegno.
GLI SVILUPPI DEL PRIMO FILONE D’INDAGINE
In particolare, le investigazioni dei militari si sono sviluppate sulla scorta della prima fase d’indagine culminata nel 2017 - come dicevamo - con una notifica di altri avvisi di conclusione delle indagini preliminari a carico di 33 persone per falsità materiale ed ideologica, essendo accusati appunto di aver presentato dei diplomi scolastici contraffatti a Provveditorati ed Istituti comprensivi in tutta la Penisola.
La risonanza mediatica ottenuta da questa prima operazione, ha indotto i dirigenti scolastici a eseguire dei controlli più approfonditi sui titoli presentati dagli aspiranti insegnanti, così da assicurare l’imprescindibile rispetto dei requisiti minimi previsti dalla legge.
Ed è proprio da questi nuovi input che trae origine questa seconda parte dell’indagine. Infatti, due dirigenti scolastici, dopo delle minuziose ed accurate verifiche, avrebbero fatto emergere la falsità dei titoli magistrali presentati negli istituti di competenza da cinque aspiranti insegnanti, segnalandone l’anomalia direttamente ai Carabinieri di Cosenza.
Durante le investigazioni per verificare altre posizioni sospette ed escludere ogni accesso illecito al sistema scolastico, gli investigatori dell’Arma hanno avviato una stretta collaborazione proprio con i dirigenti degli istituti, dando vita ad un fitto scambio di informazioni.
Partendo dagli elementi raccolti, si è successivamente proceduto ad effettuare, su tutto il territorio nazionale, dei controlli incrociati, ad ascoltare persone informate sui fatti, acquisire documentazione presso gli Uffici Scolastici Regionali e gli Istituti, un lavoro che è stato svolto anche grazie al costante supporto degli uffici dell’Ambito Territoriale Provinciale di Cosenza.
Da qui si è arrivati oggi all’emissione di 25 avvisi di conclusione delle indagini preliminari che si vanno ad aggiungere ai 33 che, come accennavamo, erano stati già emessi nel novembre del 2017.
IN CASA TUTTO L’OCCORRENTE: INDIVIDUATO “PENSIONATO” FALSARIO
Il prezioso lavoro dei Carabinieri bruzi, che sono stati coordinati dalla Procura del capoluogo, ha anche portato ad una importante scoperta.
Grazie ad una moltitudine di accertamenti e ad una minuziosa attività info-investigativa, il 25 gennaio del 2018 è stata eseguita una perquisizione domiciliare nell’abitazione del presunto falsario dei diplomi, individuato in un 69enne pensionato di Mangone.
Il controllo effettuato a casa di quest’ultimo ha infatti permesso di ritrovare un vero e proprio “diplomificio”, ovvero una "centrale del falso" organizzata con diversi computer, stampanti e vario materiale informatico, oltre a copie cartacee di diplomi già falsificati e materiale necessario a questo scopo, permettendo così di chiudere il cerchio sul referente ultimo dei “presunti insegnanti”.
Il tutto è stato ovviamente sequestrato per cristallizzare le prove raccolte ma anche per l’estrapolazione e l’analisi di copia forense, impedendo così all’uomo di continuare nell’attività illecita.
Nel dettaglio gli investigatori gli hanno trovato 30 stampe di diplomi apparentemente rilasciati dall’Istituto Nazionale Scuole e Corsi Professionali, compilati con nominativi di insegnanti già emersi nel corso dell’operazione per aver utilizzato titoli falsi, oltre a due risme di carta pergamenata per diplomi, in bianco, pronte per la stampa.
Alla fine al pensionato di Mangone è stata contestata la contraffazione di 22 titoli di studio utilizzati dagli indagati nelle istanze presentate ai vari Istituti e Uffici Scolastici Regionali.
Infine, da quanto emerge dalle dichiarazioni rese agli inquirenti da una indagata, il presunto falsario, tramite un intermediario, avrebbe chiesto alla donna la somma di 3 mila euro per ottenere il titolo falso.
L’attività, condotta in stretta sinergia con gli Usr-Atp di tutta Italia, ha già portato all’allontanamento di molti degli insegnanti in possesso dei titoli “fasulli” e che dunque esercitavano abusivamente la professione, garantendo così a docenti in possesso delle abilitazioni regolari all’insegnamento di assumere il meritato posto di lavoro.
Gli inquirenti non escludono possano esserci ulteriori rescissioni di contratti tra gli istituti scolastici ed alcuni docenti indagati, tenuto conto del grave danno sociale, oltre che erariale, derivante dai fatti accertati.