Bilanci falsi e incarichi ‘aggiustati’: ecco il ‘Sistema Cosenza’, indagati 15 dirigenti Asp

Cosenza Cronaca

Falsificazione dei bilanci consuntivi dell’Asp di Cosenza, incarichi assegnati violando le norme; e, ancora, diversi reati di falso e abuso d’ufficio per affidare ruoli dirigenziali.

Sarebbe questo il cosiddetto “Sistema Cosenza” scoperchiato dalle indagini dei Finanzieri del Comando Provinciale bruzio che oggi hanno eseguito sei misure cautelari personali, tre di divieto di dimora in Calabria e altrettanti a Cosenza, nei confronti del Direttore Generale Raffaele Mauro (divieto di dimora in Calabria), del Direttore Amministrativo Luigi Bruno (divieto di dimora in Calabria) e del Direttore Sanitario in servizio presso l’Azienda ospedaliera negli anni 2016, 2017 e 2018, Francesco Giudiceandrea (divieto di dimora); e nei confronti del Direttore dell’U.O.C. Affari Legali e Contenzioso pro-tempore della stessa Asp, Giovanni Lauricella (divieto di dimora), in carica fino al mese di agosto del 2020; del Direttore UOC Gestione Risorse Umane Remigio Magnelli (divieto di dimora) e, infine, e di Maria Marano (divieto di dimora), responsabile amministrativo U.O. protesica.

Tra gli indagati anche gli ex commissari della sanità calabrese Massimo Scura e Saverio Cotticelli e Antonio Belcastro ex direttore generale del Dipartimento Tutela della Salute della Regione Calabria, attualmente soggetto attuatore per l’emergenza Covid 19.

Gli indagati sono accusati a vario titolo di abuso d’ufficio, falsità materiale commessa del pubblico ufficiale in atti pubblici e falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Contestualmente, sono stati notificati gli avvisi di fissazione dell’interrogatorio, per la richiesta di interdittiva della sospensione dall’esercizio di un pubblico ufficio avanzata dalla Procura della Repubblica nei confronti di altri 9 indagati.

Le misure sono state disposte dal gip del Tribunale locale a seguito delle indagini dirette dalla Procura della Repubblica.

I BILANCI FALSIFICATI

Le indagini delle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria avrebbero svelato una disastrosa situazione economica-finanziaria e patrimoniale.

Situazione che per gli inquirenti sarebbe dovuta a un “sistema di malaffare che, “stratificatosi nel corso degli anni e aggravato dall’inefficacia del sistema dei controlli delle autorità regionali”, avrebbe consentito di occultare un progressivo ed inarrestabile depauperamento delle risorse dell’Ente, con inevitabili e gravi ripercussioni sulla capacità di garantire i livelli essenziali di assistenza.

Le investigazioni, quindi, farebbero luce sulla falsificazione dei bilanci consuntivi dell’Asp di Cosenza nel triennio 2015-2017.

L’ipotesi è che i responsabili avrebbero cercato di “alleggerire” i disavanzi accumulati nel corso degli anni, così da riportare le perdite di esercizio a numeri di gran lunga inferiori a quelli effettivi.

L’obiettivo, sempre secondo gli inquirenti, sarebbe stato di alienare i dati contabili dell’Azienda sanitaria cosentina con quelli del bilancio preventivo regionale, che consolida i dati di bilancio di tutte le aziende sanitarie calabresi.

Il CONTENZIOSO “NASCOSTO”

Dunque, i responsabili avrebbero nascosto una grossa quota di contenzioso legale sorto dal 2015 al 2017 e, conseguentemente, l’insufficiente imputazione degli accantonamenti annuali al correlato Fondo Rischi e Oneri, che è risultato del tutto inadeguato rispetto alla sua naturale funzione, ovvero la copertura prudenziale dei possibili rischi di futura soccombenza in giudizio.

L’insufficienza degli accantonamenti ha consentito di limitare l’impatto economico patrimoniale sui conti aziendali.

Per gli investigatori, se si fosse infatti tenuto conto dei maggiori componenti negativi di reddito, la perdita di esercizio complessiva sarebbe stata superiore rispetto al dato risultante dai conti aziendali presentati.

Il contenzioso legale sarebbe di oltre mezzo miliardo di euro, cifra sintomatica di una gestione amministrativo-contabile e degli affari legali definita “del tutto inefficiente”. Peraltro questo importo potrebbe essere sottostimato.

Dalle indagini sono emersi diversi riscontri circa l’esistenza di 287 milioni di euro di prenotazioni presso terzi (ovvero presso il tesoriere), quindi ulteriori somme assegnabili alle controparti dell’Azienda per effetto della soccombenza in giudizio, di cui 102 milioni già vincolati (e quindi non più nella disponibilità dell’Azienda) presso la Banca d’Italia per effetto dell’avvenuta assegnazione giudiziale.

LE INCONGRUENZE DI CASSA

A completare un quadro così disastrato dei conti, per gli investigatori ci sarebbe il marcato disallineamento tra il saldo di cassa effettivo (disponibile presso l’istituto di credito tesoriere) e quello risultante a bilancio, motivato dal mancato regolarizzo di oltre 54 milioni di euro di “sospesi di cassa”, ovvero di somme non più disponibili in quanto già pagate dal tesoriere, nella stragrande maggioranza dei casi per effetto dei “pignoramenti presso terzi” ottenuti in sede giudiziale dai creditori dell’Azienda.

Ma anche la mancata contabilizzazione degli incassi dei crediti vantati nonché la mancata svalutazione e stralcio di quelli da ritenersi inesigibili.

Inoltre, i crediti di cui al bilancio consuntivo al 31 dicembre del 2017 sarebbero stati appostati sulla base di dati extracontabili e, pertanto, non rispecchierebbero i dati risultanti dalla contabilità dell’Azienda.

Nonostante queste presunte irregolarità gestionali e contabili e i pareri contrari espressi dal collegio sindacale, i bilanci del triennio 2015-2017 sono stati comunque approvati dagli organi di controllo istruttorio.

LE ASSEGNAZIONI DEGLI INCARICHI

I Finanzieri hanno anche ricostruito come le assegnazioni di importanti incarichi dirigenziali siano state “trasformate” in procedure apparentemente rispettose dei principi di legalità e trasparenza, ma avvenute in totale violazione delle norme, con diversi reati di abuso d’ufficio.

I casi più eclatanti sono quelli delle delibere per assumere personale, “in cui i requisiti di partecipazione – spiegano - sarebbero stati predeterminati sulla scorta di interpretazioni personalistiche, in un’ottica clientelare.

I reati di falso, tanto documentale quanto ideologico, e di abuso d’ufficio in merito all’arbitraria attribuzione di incarichi di responsabilità di unità organizzativa all’interno dell’Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, avrebbero riguardato i ruoli di Responsabile dell’Unità Operativa Semplice protesica, in relazione al quale non sarebbero stati rispettati i requisiti di permanenza quinquennale nella qualifica di dirigente medico per l’attribuzione della qualifica dirigenziale).

Inoltre, quello di Dirigente Amministrativo, in relazione alla quale sarebbe stata adottata un’errata procedura di mobilità al fine di agevolare intenzionalmente una specifica concorrente; quello di Responsabile dell’Unità Operativa Semplice Risk Management e governo clinico, in relazione alla quale sarebbero stati completamente disattesi sia i requisiti richiesti per ricoprire il ruolo a concorso che le procedure adottate.