Lo skunk coltivato in pieno Parco d’Aspromonte, sequestrate un migliaio di piante
Un’estesa e rigogliosa piantagione di droga nel pieno del Parco nazionale dell’Aspromonte. A scoprirla sono stati gli uomini della Guardia di finanza di Melito Porto Salvo grazie anche all’occhio dall’alto offerto dai velivoli della Sezione Aerea di Lamezia Terme.
Gli elicotteri dei militari hanno infatti consentito di identificare esattamente l’area, nelle campagne Roccaforte del Greco, dove erano messe a dimora un migliaio di piante di cannabis del tipo cosiddetto “skunk”.
La “puzzola” (traduzione in italiano del termine), è così chiamata per il suo odore molto pungente, ed è un incrocio delle due tipologie di marijuana, quella sativa e quella indica, ed è ottenuta fondendo le linee genetiche native del Messico (la Acapulco Gold), della Colombia (la Colombian Gold) e dell’Afghanistan.
La coltivazione - in perfetto stato di mantenimento, con arbusti alti tra i 70 centimetri ed il metro e mezzo – si trovava in una zona protetta interna al Parco Naturale, a oltre 1.200 metri di altezza sul livello del mare, ricavata in un’area particolarmente impervia e scoscesa, nascosta dalla fitta vegetazione boschiva e difficilmente raggiungibile anche a piedi.
Durante le operazioni, i militari hanno rilevato, inoltre, che vi era stato installato un ingegnoso e automatizzato impianto idrico di irrigazione: la “coltura” era infatti, innaffiata con un sistema “a goccia”, costituito da tubi di gomma in pvc lunghi circa 3 km, ed attrezzato con valvole di apertura e chiusura regolate da temporizzatori elettronici e di un serbatoio di raccolta dell’acqua.
Nelle immediate vicinanze, poi, era stato costruito anche un essiccatoio in legno, per svolgere agevolmente e direttamente sul posto le fasi successive di lavorazione della marijuana.
Nei sentieri di accesso alla coltivazione, invece, oltre a diverso fertilizzante e ad attrezzi agricoli, sono state ritrovate ben due telecamere ad infrarossi con visori notturni e schede di memoria, nascoste allo scopo di monitorare eventuali movimenti sospetti nei pressi della piantagione. Oltre alla coltivazione anche tutta la strumentazione tecnica è stata immediatamente rimossa e sequestrata.
L’intervento de finanzieri, avvenuto proprio nella fase di maturazione vegetativa molto prossima alla successiva raccolta, ha così consentito di sottrarre alle lavorazioni numerose piante da cui si sarebbero potuti ricavare, potenzialmente, circa 350 chilogrammi di prodotto finito.
Un quantitativo di stupefacente che una volta sul mercato al dettaglio avrebbe potuto far ottenere ricavi notevoli alla criminalità organizzata.
Sono tutt’ora in corso le indagini per ricercare i responsabili, coordinate dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri.