Furbetti in ospedale, 30 indagati. A fare shopping invece che lavorare, tanto “timbrava” il collega
Un altro caso di assenteismo che balza agli onori della cronaca, e ancora in un ente pubblico, questa volta accendendo i riflettori sull’ex Ospedale Scillesi d’America, oggi conosciuta come la Casa di cura di Scilla, nel reggino.
Ben trenta dipendenti pubblici, altrettanti “furbetti” del cartellino, sono finiti così sotto indagine della Procura della Repubblica della città dello Stretto che gli contesta il reato di truffa aggravata ai danni dell’ente di appartenenza.
Proprio stamani a tutti è stato notificato un avviso di conclusione delle indagini preliminari, che arriva al termine di una delicata, penetrante e articolata investigazione condotta dalla Guardia di Finanza del Comando Provinciale del capoluogo, nell’ambito di un’operazione che è stata chiamata in codice “Free Time”.
Le indagini sono state svolte in particolare dalle fiamme gialle della Compagnia Pronto Impiego sotto il coordinamento del Procuratore Giovanni Bombardieri e dell’Aggiunto Gerardo Dominijanni, con la direzione del Sostituto Diego Capece Minutolo.
Gli investigatori hanno tenuto sotto controllo la struttura per lungo tempo, oltre tre mesi, effettuando riprese video e servizi di osservazione, pedinamento e controllo, che hanno portato a smascherare la presunta truffa che coinvolgerebbe addirittura circa i due terzi di tutto il personale in forza al nosocomio.
Nello specifico, gli indagati, attraverso quello che viene definito “un collaudato sistema basato su favori reciproci ed espedienti” sarebbero riusciti ad attestare la loto presenza al lavoro, ciascuno negli uffici di appartenenza, mentre si assentavano indisturbati e per diverse ore al giorno. Alcuni impiegati, addirittura, neppure entravano nella struttura sanitaria, sebbene figurassero regolarmente in servizio.
In concreto, i dipendenti avrebbero falsificato i brogliacci cartacei che riportavano i turni di servizio nel plesso dove erano affissi, riuscendo così ad eludere ogni forma di controllo interno.
I militari sostengono che i lavoratori, in media, sarebbero riusciti ad assentarsi anche per diverse ore al giorno, su un orario giornaliero di 6 ore di servizio. Molti impiegati sarebbero arrivati la mattina con oltre 2 o 3 ore di ritardo e senza neppure dover firmare il brogliaccio: un collega d’ufficio avrebbe, infatti, già provveduto a farlo per loro in entrata.
Poi, ovviamente, i colleghi “ritardatari” della mattina avrebbero ricambiato il favore, all’uscita, a chi avrebbe firmato in ingresso; in questo modo, in diversi, sarebbero riusciti ad abbandonare ingiustificatamente il proprio ufficio con largo anticipo e senza neppure dover registrare la fine del proprio turno.
Alcuni impiegati, addirittura, “coperti” da colleghi, non si sarebbero neppure presentati sul luogo di lavoro ma risultando regolarmente in servizio.
Con questo stratagemma, in ogni singolo gruppo, ciascun dipendente avrebbe così potuto rimodulare la propria giornata lavorativa assentandosi liberamente e a propria discrezione, per poter fruire di lunghe pause caffè nei diversi bar della città, o per andare a fare shopping lungo il corso, andare a fare la spesa e, finanche, per dedicarsi ad un’altra attività lavorativa.
Diversi indagati, inoltre, sarebbero stati visti rientrare tranquillamente in ufficio dopo essersi assentati e con le buste della spesa al seguito.