Falso progetto farmaceutico, condannati per truffa: sigilli a beni per un milione e mezzo
Un sequestro di beni per un valore di oltre un milione e mezzo di euro è scattato nei confronti di una società di capitali del catanzarese che opera nel settore farmaceutico e dei suoi due rappresentanti legali, rispettivamente, padre e figlio.
Ad eseguire il provvedimento, su disposizione della Procura regionale della Corte dei conti della Calabria, sono stati gli uomini del nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza del capoluogo, che ha apposto i sigilli a 16 beni immobili tra terreni, fabbricati ad uso abitativo e capannoni industriali; ma anche a conti correnti e attività finanziarie.
Il sequestro è arrivato al termine dell’iter giudiziario che, su richiesta formulata dal sostituto procuratore generale della magistratura contabile, Davide Vitale, nel giugno scorso ha portato alla condanna dei destinatari del provvedimento, ritenuti responsabili di un danno erariale che supera, appunto, il milione e mezzo di euro.
L’accusa è che sia stata messa in atto una frode ai danni del Ministero dello Sviluppo economico su un finanziamento da oltre 5 milioni di fondi comunitari del Fesr, il fondo europeo di sviluppo regionale, concesso, tra il 2005 e il 2011, per un progetto di ricerca che, sulla carta, era finalizzato allo sviluppo industriale per l’impiego farmacologico delle proteine del latte.
LE ASSUNZIONI “FITTIZIE”
Per il progetto erano stati assunti quattordici tra dipendenti e collaboratori ma dalle indagini delle fiamme gialle è emerso che quelle relative a cinque di loro, parenti dei due amministratori, fossero del tutto fittizie permettendo così di rendicontare attività di ricerca che in realtà non sarebbero mai svolte.
Quanto agli altri nove lavoratori, la tesi è che almeno quattro di questi avrebbero addirittura restituito a padre e figlio una porzione della loro retribuzione.
Le indagini svolte dal gruppo Tutela spesa pubblica del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catanzaro hanno portato dunque ad individuare delle presunte responsabilità anche in capo ad un esperto tecnico dell’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile di Roma Enea, referente per il progetto di ricerca.
Quest’ultimo, attraverso un procedimento per rito abbreviato, ha definito la sua posizione, e ha quindi ammesso le proprie colpe rifondendo l’ente danneggiato per l’importo di sua competenza.
Il provvedimento di sequestro di oggi, emesso dall’autorità giudiziaria catanzarese, che è stato confermato dal giudice designato Ida Contino, è uno dei primissimi casi di applicazione, su scala nazionale, del Sequestro conservativo “in pendenza dei termini per la presentazione dell’appello”, previsto dall’articolo 75 del codice di giustizia contabile.
Le somme ritenute oggetto di danno erariale sono state sequestrate subito dopo la condanna in primo grado, a garanzia del risarcimento per l’erario.