Il saluto del sindaco Perugini alla celebrazione della Madonna del Pilerio

Cosenza Attualità

Carissimo Padre Arcivescovo, Autorità religiose, civili, militari, Cittadine e Cittadini di Cosenza.

Anche quest’anno, nel giorno dedicato alla festa della Madonna del Pilerio, si rinnova l’offerta del cero votivo alla Patrona della nostra Città. È un gesto che il Sindaco compie facendosi interprete del profondo sentimento religioso dei Cosentini. Carissimo Padre, dalla bella lettera che nei giorni scorsi, al termine della Sua prima Visita Pastorale alla Città, ha indirizzato ai Cosentini traspaiono la semplicità e la chiarezza che sempre improntano il Suo linguaggio, traspaiono i Suoi rapporti con le persone, la profondità dei Suoi sentimenti, la comprensione dell’animo autentico dei nostri Concittadini. Per questa e per tante altre ragioni avverto il bisogno di esprimere pubblicamente il ringraziamento della Città per quanto la Chiesa semina nel nostro territorio: per l’insostituibile opera di animazione spirituale, di accoglienza e di aiuto che le parrocchie svolgono e per il contributo che associazioni laicali e movimenti, con la loro storia e la loro originalità, offrono alla vita sociale della Città attraverso l’azione educativa e formativa.

In particolare, ho apprezzato e condiviso l’attenzione che nella Sua lettera ha manifestato verso i giovani, ai quali deve essere offerta oggi la possibilità di confrontarsi con valori veri, con ideali di alto profilo e con prospettive di impegno ricche di senso e di significato. Ai quali giovani bisogna trasferire fiducia e speranza per un mondo migliore. È questa la vera sfida che deve trovare la Chiesa, le Istituzioni civili, la Scuola e tutte le agenzie educative capaci di agire e interagire. L’Amministrazione Comunale, nella laicità che la caratterizza, da Lei giustamente e positivamente richiamata nella lettera ai Cosentini, è sicuramente pronta e attenta a quanto la Chiesa, con la profondità del suo sguardo, coglie, soprattutto sul piano delle necessità primarie delle persone, sempre più pressanti in un tempo segnato da preoccupanti emergenze ed emarginazioni sociali.

Agiamo in un contesto che rende più acuti i bisogni che interpellano la coscienza di chi è chiamato ad amministrare la cosa pubblica. Quotidianamente ci confrontiamo con il crescere delle domande e il diminuire delle risorse economiche concretamente disponibili per una risposta sempre adeguata. Mai come oggi, nella crisi più complessa dal secondo dopoguerra, crisi economica, della vita democratica, alla quale si accompagna un diffuso disorientamento sul piano dei valori, il Comune assume con maggior evidenza le caratteristiche di una famiglia più grande, la famiglia di tutti, alla quale ciascuno si rivolge chiedendo aiuto e in cui ognuno è chiamato a partecipare responsabilmente, nella misura stabilita, per una più equa distribuzione dei pesi tra i cittadini. In questi anni e in questi giorni le comunità locali sono messe a dura prova da politiche che appaiono lontane da quei principi di solidarietà ed equità sociale ben presenti nella Costituzione della Repubblica e cari alla Dottrina Sociale della Chiesa. Ciò incide fortemente e negativamente sulla possibilità di dare risposte sempre efficaci alle giuste domande dei cittadini e sulla crescita dei diversi territori del Paese, in cui si continuano a registrare differenti ritmi di sviluppo che vedono alcune aree in posizioni più avanzate ed altre sempre in seconda fila.

È un tema fortemente richiamato, nel discorso di fine anno, dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in cui, partendo dal riferimento ai centocinquanta anni dell’Unità d’Italia, il Capo dello Stato molto efficacemente ha evidenziato nella storia del nostro Paese significativi motivi di speranza e ragioni di impegno. In particolare, il Presidente Napolitano ha sottolineato il valore dello Stato unitario come presidio irrinunciabile nell’era della globalizzazione e, contestualmente, la necessità di agire su tutti i piani per superare in maniera definitiva lo storico divario tra Nord e Sud, lavorando per uno sviluppo fondato sulla valorizzazione di tutte le risorse di cui il nostro Paese è ricco nelle sue diverse aree. Deve essere, questo, il tempo della responsabilità condivisa, che consiste nel cercare le strade per favorire la coesione sociale superando resistenze ed egoismi territoriali e corporativi, evitando ulteriori, e sempre più drammatiche, forme di disgregazione del tessuto connettivo del Paese. Deve essere questo il tempo in cui la nostra Comunità reagisce ed opera in un rinnovato clima di fiducia, riscoprendo e praticando le più nobili tradizioni, i più significativi valori di civiltà ed accoglienza che l’hanno sempre caratterizzata. Le nuove emergenze vanno affrontate con rinvigorito impegno per puntare ad una società ordinata, di eguali, che esalti e tuteli la pari dignità delle persone, i diritti di cittadinanza, mai disgiunti dall’osservanza dei doveri.

Voglio qui ricordare il drammatico evento nel quale pochi giorni or sono, in un accampamento Rom, hanno perso la vita quattro bambini. Una tragedia che ha scosso le nostre coscienze, che ci ha profondamente colpito e che, riproponendo in tutto il Paese l’urgenza di creare condizioni che evitino il verificarsi di simili dolorosissimi fatti, ha confermato la necessità della collaborazione tra i diversi livelli di governo dei territori, la Chiesa, la società civile nel suo insieme, affinché siano al più presto individuate, in un clima di condivisione, soluzioni praticabili e concrete, rispettose sia della dignità e della cultura degli immigrati, sia delle regole della vita comune che tutti siamo chiamati ad osservare. Per raggiungere questo obiettivo, è indispensabile che le Istituzioni locali siano dotate delle risorse necessarie. Il tema della sicurezza non può essere disgiunto da quello dell’accoglienza e della solidarietà, del rispetto multiculturale e multietnico. In un quadro in cui i diversi territori rischiano di ritrovarsi da soli di fronte a scelte relative a questioni di grande complessità, che superano l’orizzonte locale, voglio testimoniare, in questo luogo così caro alla Città, la volontà e la necessità di lavorare tenacemente al fine di aprire spazi di speranza per noi e per i nostri figli, sia attraverso la costante ricerca e realizzazione delle migliori soluzioni possibili, sia attraverso l’impegno quotidiano per assicurare al nostro territorio concrete prospettive di sviluppo sul piano infrastrutturale e strategico. In un tempo di crisi occorre certamente affrontare le urgenze dell’oggi, senza mai, però, rinunziare a preparare il futuro. È un cammino, caro Padre Arcivescovo, che deve vederci insieme, Istituzioni e forze vive della società cosentina, perché tutti siamo chiamati a sentirci responsabili gli uni degli altri e a rinnovare, con questo spirito, l’impegno alla collaborazione per la promozione dell’uomo e il bene della nostra Comunità.

Noi tutti continuiamo a credere che un mondo migliore è possibile. Noi tutti continuiamo a sentirci orgogliosi di essere cosentini in un Paese unito che festeggia quest’anno il centocinquantesimo anniversario. Il momento è difficile, ma ne abbiamo superato ben altri e più complicati. Auguri, Padre Arcivescovo. Auguri, Comunità cosentina.