Prostituzione, violenza e schiavitù. Colpo grosso alla mafia nigeriana, uno Stato dentro lo Stato

Calabria Cronaca

Tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, risse, estorsioni, rapine, violenze sessuali e lesioni personali, ma anche sfruttamento della prostituzione: queste le accuse mosse a 32 persone che, per la Polizia di Stato, apparterrebbero alle “mafie nigeriane”.

Stamani il blitz internazionale con cui la squadra mobile di Bari ha eseguito 32 arresti in sette regioni italiane (Puglia, Sicilia, Campania, Calabria, Marche, Basilicata, Lazio, Emilia Romagna, Veneto) e all’estero, in particolare e grazie al coordinamento dello Sco e dell’Interpol - in Germania, Francia, Olanda e Malta. (QUI)

A carico di fermati - tutti nigeriani - pende un´ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale del capoluogo pugliese, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia locale.

Gli indagati sono ritenuti appartenere, con vari ruoli, ad una associazione mafiosa finalizzata al favoreggiamento della immigrazione clandestina, alla tratta di esseri umani, alla riduzione in schiavitù, alle estorsioni, alle rapine, alle lesioni personali, alla violenza sessuale, all’uso di armi bianche ed allo sfruttamento della prostituzione e dell’accattonaggio. Si tratta del blitz in materia di mafia nigeriana con il più alto numero di arrestati mai eseguiti in Italia.

La tesi è che gli indagati facciano parte, insieme a numerose altre persone ancora non identificate, di due distinte associazioni di natura cultista, operanti nella provincia di Bari come cellule autonome delle fratellanze internazionali denominate “Supreme Vikings Confraternity-Arobaga” e “Supreme Eiye Confraternity”, che avrebbero agito per lungo tempo per ottenere il predominio sul territorio barese e poter così gestire i propri affari illeciti.

GLI “ADEPTI” COPTATI NEL CENTRO D’ACCOGLIENZA

Tutto è partito dalle denunce presentate a fine 2016 da due cittadini nigeriani ospiti del Centro Accoglienza Richiedenti Asilo di Bari.

Questi hanno raccontato di esser stati vittima di pestaggi, rapine e ripetuti tentativi di condizionamento per esser “arruolati” tra le fila di un gruppo malavitoso che stava espandendo la sua influenza all’interno del Centro, poi scoperto essere quello dei cosiddetti “Vikings”.

I dettagli contenuti nelle loro denunce hanno quindi permesso agli agenti di ricostruire numerosi episodi di violenza dentro al Cara e collegati tra loro.

Violenza che si inserivano, infatti, nella “guerra” tra le due principali gang criminali, quella dei “Vikings” e quella degli “Eyie”, la prima più numerosa e più violenta della seconda.

Entrambe reclutavano i nuovi adepti attraverso dei riti di iniziazione cruenti consistenti in delle “prove di coraggio”, per tentare di prevalere l’una sull’altra, commettendo anche violenze, rappresaglie e punizioni fisiche, il cosiddetto “Drill”, da cui il nome della operazione di oggi.

I CAPI, LE REGOLE E LE PUNIZIONI CRUENTE

Gli investigatori spiegano come entrambe le gang siano caratterizzate dalla solidità del vincolo associativo, dalla programmazione di reati di varia natura e da un capillare e costante controllo da parte dei “capi” per il rispetto dei ruoli e delle regole, con l’applicazione di metodi punitivi cruenti ogni qualvolta si rendesse necessario per ristabilire gli equilibri compromessi.

I due gruppi hanno dimostrato di possedere una struttura rudimentale quanto ai mezzi adoperati, ma solidissima dal punto di vista dell’ideologia, della organizzazione e dei reati da perseguire, senza cercare in alcun modo aderenze con le mafie locali anzi dando prova, quanto allo sfruttamento della prostituzione, di una supremazia anche nei confronti delle bande composte da albanesi e rumeni.

Coloro che non accettavano di aderire alle confraternite o che non ne rispettavano le regole erano destinatari infatti di inaudite violenze: le vittime hanno infatti raccontato di pestaggi, frustate, pugni, calci e bastonate con l´utilizzo di spranghe, mazze e cocci di bottiglia.

LE DONNE “CETI INFERIORI” E BUONE SOLO PER IL SESSO

Le donne nigeriane, invece, venivano vessate psicologicamente, perché ritenute ceti inferiori, buone solo a soddisfare le esigenze sessuali della comunità maschile e, soprattutto, a produrre denaro attraverso lo sfruttamento della prostituzione.

È risultata emblematica la figura delle cosiddette “blu queen”, donne considerate una merce di proprietà esclusiva del gruppo degli “Eyie” dopo essersi sessualmente concesse ai capi e destinate a gestire, per loro conto, le giovani prostitute fatte entrare nel Cara.

Una delle principali attività delle associazioni è stata infatti lo sfruttamento della prostituzione. Durante le indagini, ad esempio, è emerso anche il caso della tratta e della riduzione in schiavitù di una donna e che si ritiene gestito da uno degli indagati, Sunday Victor che, dopo averla accompagnata su una delle tante imbarcazioni di clandestini in partenza per l’Italia dalla Libia ed averla fatta entrare abusivamente nel Cara, l’avrebbe obbligata a prostituirsi e consegnare i ricavi al gruppo.

La donna, che ha provato a ribellarsi, sarebbe stata punita con violenze fisiche ripetute, sino ad arrivare ad accendere il focolaio di una vera e propria rissa tra bande, il 22 marzo 2017. Insieme a lei, è stato punito anche il compagno.

LA PROSTITUZIONE FUORI DAL CENTRO

Grazie alle numerose intercettazioni telefoniche a ai riscontri sul territorio, gli agenti hanno accertato che uno dei principali interessi era quello di fare entrare clandestinamente le connazionali nel Centro di accoglienza e farle prostituire.

Inizialmente la pratica sarebbe stata gestita solo all’interno del Cara, in un secondo momento il gruppo avrebbe però fornito prostitute a clienti anche al di fuori della struttura, per le strade o in abitazioni della città.

I “Vikings” e gli “Eiye” si sarebbero dunque estesi arrivando ad occupare immobili adibiti a case di appuntamento, e le strade sulle quali collocare le giovani vittime del meretricio.

Si sarebbe verificato, inoltre, un “asservimento” delle “maman” nigeriane che operano a livello locale alle richieste delle due gangs relative alla necessità di dover “piazzare” ragazze per strada per farle prostituire.

IL PIZZO IMPOSTO ANCHE AI MENDICANTI

Gli agenti hanno poi scoperto lo sfruttamento dei nigeriani che mendicano davanti ai supermercati ed altri esercizi commerciali di Bari e provincia.

Le indagini hanno infatti svelato uno spaccato di vita e di criminalità all’interno della comunità africana. Le vittime hanno infatti confermato la sottomissione al pagamento del “pizzo” sui loro miseri ricavi, con la consegna del denaro agli esponenti delle gang o con ricariche telefoniche sulle utenze di quest’ultimi.

LA CREAZIONE DELLA TASK FORCE DELLA POLIZIA

Le indagini della Polizia, coordinate dalla DDA di Bari, avrebbero così fatto luce sia sul fenomeno associativo nel suo complesso, sia sui singoli e gravi fatti che hanno afflitto il territorio barese negli ultimi anni, determinando anche un notevole allarme sociale e pericoli per l’ordine e la sicurezza pubblica.

Gli episodi che hanno destato una gravissima preoccupazione sono stati dapprima trattati singolarmente. La loro comprensione ed il loro inserimento in un quadro più complesso ed articolato è stato possibili soltanto grazie alla creazione di una squadra di investigatori dedita alla osservazione del fenomeno.

L’accoltellamento di una donna nigeriana nel gennaio 2017, la già citata rissa del 22 marzo 2017 con gravi ferimenti di alcuni dei partecipanti; un altro scontro all’interno del Cara dell’8 maggio dello stesso anno, in cui è morto uno dei nigeriani appartenente alla compagine dei “Vikings”; ed ancora, una rissa nell’agosto sempre del 2017 per le strade del quartiere Libertà ed uno stupro di gruppo commesso all’interno del Cara ai danni di una ragazza (nel marzo 2017), sono solo alcuni dei violenti episodi che si sono verificati a Bari e che hanno caratterizzato il contrasto tra i due gruppi criminali.

I dati acquisiti durante le indagini si sono dimostrati sovrapponibili agli esiti investigativi che, nel frattempo, molte altre Squadre Mobili in Italia hanno portato avanti in quel periodo.

Questo a conferma che la mafia nigeriana si è radicata i molte zone del territorio nazionale (dal Veneto alla Sicilia, dal Piemonte alla Campania, dalle Marche alla Puglia) con numerosi insediamenti di cellule di ispirazione cultista, tutte votate a perseguire stessi obiettivi delinquenziali e tutte operanti secondo le classiche metodologie mafiose improntate alla violenza, all’assoggettamento e all´omertà.

LA PRESENZA CAPILLARE DELLE CELLULE CULTISTE

Nel 2011 l’Ambasciata Nigeriana a Roma ha emanato una nota in cui parlava di una “nuova attività criminale di un gruppo di nigeriani appartenenti a sette segrete, proibite dal governo a causa di atti violenti: purtroppo ex membri sono riusciti ad entrare in Italia e hanno fondato nuovamente l´organizzazione qui, principalmente con scopi criminali".

L’informativa di reato depositata dalla Squadra Mobile alla Procura nell’aprile scorso, nella quale sono state individuate responsabilità a vario titolo di ben 50 nigeriani per i reati di cui parlavamo prima, avrebbe evidenziato le forme organizzative delle due associazioni criminali.

Le gangs - inquadrate nel più ampio scenario internazionale delle confraternite universitarie sorte in Nigeria agli inizi degli anni ´50 per contrastare una Università di élite, frequentata solo da studenti facoltosi, e legati al mondo coloniale - erano volte a favorire gli studenti poveri promettenti, per poi, negli anni ‘70 e ‘80, essere finanziate ed armate dai leader militari.

Esse sono strutturate in forma verticistica e militare, e traggono la loro forza dall’intimidazione, dalla violenza e dall’assoggettamento omertoso inculcato nelle vittime.

Si caratterizzano, poi, e al pari delle mafie di casa nostra, per i rituali di affiliazione paragonabili a vere e proprie prove di forza difficilmente superabili, in quanto basate su primitive pratiche di sofferenza corporale, così come per l’utilizzo di codici interni e di vocaboli pregni di un simbolismo pressoché incomprensibile, oltre che per una rigida suddivisione dei ruoli, così da risultare impenetrabili ed altamente efficienti.

IL QUADRO DI UNO “STATO DENTRO LO STATO”

È dunque emerso il quadro di uno “Stato dentro lo Stato”, fatto di proprie regole e totalmente incurante delle leggi, ma anche di molte basilari norme di convivenza civile.

A titolo di esempio, una delle due confraternite si è vantata di una fitta presenza sul territorio italiano, diviso, secondo le parole dei protagonisti, in “13 nest” (cellule operative):

“... Eh ... perché adesso è diventato un solo comando ... perché i "world aviary" hanno già detto ... e hanno fatto in Edo State ... loro vogliono che ci siano 13 "nest" in Italia...”

Il linguaggio degli associati, dai capi ai semplici partecipi, è stato indicativo di un forte senso di appartenenza militante riferita ad un gruppo associativo:

“... no ... da quel giorno che sono andato via da Bari, non sono più tornato ... non posso venire a Bari senza chiamarti ... e adesso che ho una casa ... e ho tutto ... e adesso che voglio far navigare nuovamente la "ship" a Bari, posso tornare a Bari in qualsiasi week-end ...”

Anche il ritualismo di iniziazione (il battesimo) è stato descritto dalle parole degli associati, ad esempio, con particolare drammaticità, il momento in cui un candidato non superava la prova di forza prevista:

“... stava succedendo questo H.F. ha cominciato ad avere i dubbi e forse non ce la fa a superare questo fatto, ha cominciato a sanguinare, H.F. ha cominciato a piangere, ha cominciato a fare cose strane, da lì tu hai detto che tipo di persona hanno portato, sta piangendo ... tu hai detto che il ragazzo deve andare via, che loro devono dire al ragazzo che deve andare via ...”

Ed ancora, carico di soggezione si è dimostrato il rapporto tra i mendicanti ed i capi delle organizzazioni che pretendevano da loro la tangente sui ricavi delle elemosine davanti ai supermercati; i poveri mendicanti chiamavano “Signori” i loro estorsori.

Ma l’elemento più caratterizzante della metodologia mafiosa è rappresentato dal potere sanzionatorio, che impone una punizione (drill) a chi non si adegua alle regole dell’associazione, cioè non ne entra a far parte quando richiesto, non si impegna a pagare la periodica retta di appartenenza, non si prostituisce e, in generale, non rispetta le direttive dei capi:

“... mi ha detto che il suo ID si è lamentato perchè se non si riusciva a fare "drill" a Ifa nel campo tu dovevi farglielo sapere ... perchè Ifa ogni domenica viene in città ... e lui può dare ordine di far prendere Ifa ... può parlare di questo fatto… e fare "drill" a lui ...." - "... questa notte gli taglierò le orecchie a quel "Junior" ... si comporta male ... gli farò "drill" ... tu non preoccuparti ... sappiamo quello che gli faremo ..." - "... Aro, stai zitto! ... sto ancora parlando con lui ... stai zitto ... stai zitto ... ma che cosa stai dicendo? ... ma cosa gli sta prendendo a questo german (cioè `fratello´, appartenente al gruppo criminale)? ... se vieni vicino a me ti metto sotto e ti faccio "drill" per quello che stai dicendo ... Aro non mi nascondo ... Aro non ho paura e questo non posso nasconderlo ... se vieni qui ti metto sotto e faccio "drill" ..." - "non lo picchiare ... Eiye non picchia ... tu hai detto di essere "old set" ... ci sarà "drilling" ... bisogna osservare il protocollo per forza..." - "eh... tu aspetta che veniamo... se sbaglia noi facciamo "drill" a lui... lui sa come funziona a casa ... e così funziona anche qui... invece di gridare con lui tu lascialo perdere... quando io esco lo chiamiamo... quando una persona sbaglia bisogna ...".

LE INDAGINI

Il provvedimento cautelare è arrivato al termine di circa due anni di indagini (dal 2016 al 2018) in cui gli investigatori della Sezione Contrasto al Crimine Extracomunitario e Prostituzione hanno faticosamente ricostruito la rete di rapporti tra numerosi cittadini nigeriani stanziati a Bari e provincia, sia dentro che fuori dal Cara, spesso in posizione irregolare sul territorio nazionale.

Fino a quel momento, infatti, soltanto nel 2013, a Bari, è stata operativa una cellula dei “Black Axe”, anche se, al di là di sporadiche risse e scontri tra bande, non è mai stata documentata una attività di tipo associativo, con caratteristiche organizzativo-comportamentali tali da determinare la sua mafiosità.

Quanto alla confraternite raggiunta oggi dai provvedimenti cautelari, gli investigatori rilevano che è stato particolarmente complicato penetrare nella loro cultura, delineare le gerarchie ed i ruoli, decriptare il loro linguaggio, incontrando molto spesso obiettive difficoltà connesse all’assenza di interpreti liberi da forme di condizionamento nei confronti della loro comunità.

Durante il periodo delle indagini, le presenze di nigeriani all´interno del Cara si attestavano a circa 600 unità. Nell’attualità gli ospiti sono poco meno di un centinaio.

GLI ARRESTI

La Squadra Mobile di Bari ha svolto una meticolosa attività di ricerca degli indagati sul territorio nazionale e, tramite il coordinamento del Servizio Centrale Operativo e l’ausilio di molte Squadre Mobili, è riusciti ad individuare le dimore di quelle persone che nel frattempo avevano lasciato Bari dopo i fatti di violenza più cruenti in cui erano state coinvolte le gangs.

Allo stesso modo, le attività informative ed i canali di collegamento con le autorità estere, opportunamente attivati dalla Divisione Interpol del Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia, hanno consentito di individuare i Paesi Europei, tra cui Germania, Francia, Olanda e Malta, in cui altri appartenenti alle confraternite nigeriane si erano di recente trasferiti.

Completate le attività propedeutiche al rintraccio degli indagati, nella nottata di oggi, a Bari e nelle province di Taranto, Lecce, Caserta, Roma, Ancona, Matera, Reggio Emilia, Cosenza, Trapani e Rovigo, sono state eseguite le catture, ed in contemporanea i collaterali uffici di Polizia esteri sono stati interessati dall’Interpol per dare esecuzione ai Mandati d’Arresto Europei firmati dal Giudice per le Indagini Preliminari di Bari.