Cosca Raso-Gullace-Albanese, sigilli ai beni del fratello del presunto “boss”
La Divisione Investigativa Antimafia di Reggio Calabria, coordinata dalla Procura della Repubblica, diretta dal Procuratore Capo Giovanni Bombardieri, ha eseguito stamani un decreto di sequestro - emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale, presieduta da Ornella Pastore - nei confronti di Francesco Gullace, 70enne di Cittanova attualmente detenuto e ritentuo appartenente alla cosca Raso-Gullace-Albanese.
All’uomo è stata applicata, nel marzo del 1995, la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per tre anni, poiché già condannato per detenzione illegale di armi ed associazione per delinquere.
Nel 2016, è stato, invece, coinvolto nell’operazione “Alchemia” (QUI), condotta sempre dalla Dia, e culminata con l’esecuzione di 42 misure cautelari a carico dello stesso Gullace e di altre persone considerate affiliate e contigue alla ‘ndrangheta, indagati per i reati di associazione mafiosa, concorso esterno, corruzione ed intestazione fittizia di beni e società.
L’indagine disvelò, in particolare, il grande interesse della criminalità organizzata calabresi per alcuni settori “strategici”, come quelli del movimento terra, l’edilizia, l’import-export di prodotti alimentari, la gestione di sale giochi e di piattaforme di scommesse on-line, la lavorazione dei marmi, gli autotrasporti e lo smaltimento e trasporto di rifiuti speciali (QUI).
In questo contesto giudiziario, Gullace, nel 2017, venne rinviato a giudizio poiché ritenuto “un componente a pieno titolo della cosca Raso, Gullace, Albanese, in posizione subordinata rispetto al fratello Carmelo”, e in stretti rapporti con gli altri esponenti del clan, tra cui appunto i fratelli Carmelo ed Elio, Girolamo Raso e Jimmy Giovinazzo, e con i figli del fratellastro Giuseppe Raso (detto “l’avvocaticchio”), capo storico dell’omonima cosca.
Alla luce di queste risultanze, il Tribunale di Reggio Calabria, giudicandolo “socialmente pericoloso” ed evidenziando, con riferimento al periodo compreso tra il 1993 ed il 2016, una notevole sproporzione tra i redditi percepiti e gli investimenti effettuati, ha emesso il provvedimento di sequestro eseguito oggi e che ha riguardato una villetta a due piani, dell’estensione complessiva di circa 280 metri quadri (in località Zomaro di Cittanova), oltre che numerosi rapporti finanziari in corso di quantificazione.