Un traffico di anabolizzanti tra “guru”, lauti guadagni e una morte sospetta: venti indagati

Reggio Calabria Cronaca

Tutto è partito da una morte sospetta, anomala per i familiari, essendo l’uomo, un 40enne reggino, uno sportivo e apparentemente in buona salute.

Venne trovato senza vita, in casa. Dapprima si pensò ad un arresto cardiaco, ma le indagini successive avrebbero aperto uno spaccato più inquietante, un “giro”, un traffico di anabolizzanti “imponente”, che sarebbe ruotato intorno a palestre e anche a competizioni sportive.

Un giro a cui ritengono di aver messo fine i carabinieri della città dello Stretto che stamani - tra le province di Reggio Calabria, Catania e Firenze - con il supporto dei reparti competenti territorialmente e dei colleghi del NAS e dei Cacciatori di Calabria, hanno eseguito un’ordinanza del Tribunale di Palmi, su richiesta della Procura locale, nei confronti di nove persone, tre delle quali sono finite agli arresti domiciliari, sei sono state sottoposte all’obbligo di dimora nel comune di residenza e una all’obbligo di firma.

Le accuse contestate, a vario titolo, sono di aver commerciato, appunto, sostanze anabolizzanti e farmaci stupefacenti, di aver somministrato farmaci dopanti per alterare le prestazioni agonistiche; ma anche la ricettazione, l’esercizio abusivo di professione e la somministrazione di farmaci pericolosi per la salute pubblica.

Nel corso delle operazioni, durante le quali sono state eseguite anche diverse perquisizioni in Toscana, Calabria e Sicilia, è stato eseguito, insieme alla Guardia di Finanza, un sequestro preventivo di beni (mobili e immobili) per un valore di oltre 100 mila euro e riconducibili a due degli indagati, un patrimonio ritenuto come il frutto del commercio illecito.

Nel contesto dell’attività investigativa sono state ricostruite delle presunte responsabilità penali a carico di un totale di venti persone. Tra gli arrestati si annovera anche un carabiniere forestale.

I DESTINATARI DELLE MISURE

Ai domiciliari sono stati così sottoposti Carmelo Gullì, 50enne reggino, preparatore atletico e sportivo, appuntato scelto dei carabinieri forestale; Roberto Fazzari, 30enne polistenese, preparatore atletico e sportivo; Felice Crupi, 43enne di Laureana di Borrello, gestore di palestre e commerciante.

Obbligo di dimora nel comune di residenza, invece, per: Cristian Gianluca Garozzo, 45enne commerciante Catanese; Krisztian D’Osualdo, 49enne ungherese, rappresentante commerciale; Roberto Pepe, 54enne polistenese, gestore di palestre, sportivo e preparatore atletico; Raffaele Amato, 36enne di Cinquefrondi, commerciante; Giovanni Saccone, 27enne fiorentino.

Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, infine, per Giuseppe Foti, 26enne magazziniere di Ferruzzano.

DAL DECESSO ANOMALO ALL’OPERAZIONE ERCOLE

L’operazione, denominata “Ercole”, arriva al termine di una articolata attività investigativa, supportata da serrati monitoraggi tecnici, analisi documentali e indagini tradizionali, condotta dalla Compagnia Carabinieri di Taurianova con il supporto specialistico del Nas di Reggio Calabria, sotto il coordinamento della Procura di Palmi, diretta da Ottavio Sferlazza, e avviata nell’ottobre 2017 a seguito della morte sospetta del 40enne taurianovese.

Come accennavamo all’inizio, l’uomo, in salute e sportivo, una mattina venne trovato in casa, senza vita, dai famigliari ed in circostanze anomale e improvvise.

Inizialmente si ipotizzò avesse avuto un arresto cardio-respiratorio. Tuttavia, l’assenza di patologie pregresse o altri elementi sintomatici e le successive informazioni raccolte dai militari, fecero nascere il sospetto che il decesso fosse, in realtà, connesso proprio all’attività che praticava nell’ambito del fitness e del body building.

Sarebbe così emerso che il 40enne, nella sua attività sportiva, facesse un uso sistematico di farmaci e sostanze anabolizzanti, che gli avrebbero anche causato forti scompensi di salute, farmaci che secondo gli inquirenti gli sarebbero stati prescritti” da un personal trainer, poi identificato in Carmelo Gullì.

La tesi degli investigatori è che quest’ultimo, così come altri degli indagati, a pagamento e senza alcuna competenza medico-sportiva, avrebbe elaborato dei programmi per i frequentatori abituali di palestre e che prevedevano, in modo combinato, una parte “atletica” di esercizi da fare in palestra, una parte “alimentare” che prevedeva invece una speciale dieta da seguire, ed infine una parte riguardante l’assunzione di farmaci e sostanze ad azione dopante, per facilitare i risultati o competere in modo più efficace nelle gare.

I GURU "IMPROVVISATI" MEDICI E DIETISTI

Le attenzioni degli inquirenti, però, non si sono limitate a ricercare le cause della morte dell’uomo ma sono state progressivamente estese ad altri soggetti, mettendo in luce quello che viene definito come “un esteso e allarmante commercio illecito di sostanze dopanti e anabolizzanti”, che orbitava intorno a diverse palestre della provincia reggina e delle competizioni sportive locali e nazionali.

Un mercato che avrebbe visto come protagonisti, in veste di procacciatori e venditori, dei soggetti che, quasi sempre, si sarebbero improvvisati medici, dietisti, farmacisti, personal trainer, rivolgendosi sia ad atleti amatoriali desiderosi di mutare il loro aspetto fisico in poco tempo, oppure, in diversi casi, ad atleti professionisti che partecipano a gare regionali, nazionali o internazionali.

Le indagini avrebbero così portato alla luce un enorme giro di affari, di centinaia di migliaia di euro, alimentato “dalla sconcertante facilità - affermano i militari - con la quale, un certo numero di frequentatori delle palestre ‘affida’ la propria salute a delle figure, spesso carismatiche e che si atteggiano a dei veri e propri ‘guru’, e che riescono, in tal modo, a guadagnare illecitamente ingenti somme di denaro a discapito della salute altrui”.

Nel corso delle investigazioni sono state sequestrate oltre 8 mila fiale e compresse di farmaci anabolizzanti e stupefacenti, vendute, ognuna, ad un prezzo molto variabile, dai 10 ai 400 euro, a seconda del prodotto e della provenienza.

I prodotti erano i più disparati, “GH”, “nandrolone”, “trembolone”, “Stanazolo”, “testosterone”, con le loro varie declinazioni sintetiche, ormoni e farmaci androgeni e steroidei, vietati in Italia oppure destinati alla cura di gravi patologie e sindrome umane o, addirittura, a scopo veterinario.

Si è appurato poi che alcuni degli indagati avrebbero utilizzato un linguaggio convenzionale con i propri acquirenti, nel tentativo di eludere le investigazioni.

In un manoscritto trovato nella disponibilità di uno degli indagati, Felice Crupi, è riportato quello che si ritiene sia il codice identificativo di alcune sostanze anabolizzanti come il testosterone, il boldenone, il Deca (un farmaco androgeno e steroide anabolizzante), che il cliente di turno avrebbe dovuto ordinare nominando solo prodotti legali, come proteine, vitamine, creatina ecc.

I CANALI DI APPROVVIGIONAMENTO

Per quanto scoperto dai carabinieri, i canali di approvvigionamento sarebbero stati per lo più esteri, soprattutto da paesi est-europei e orientali, con metodi di pagamento basati sui circuiti internazionali, ma anche in “bitcoin”, contanti e ricariche poste-pay.

Sono state individuate però, anche alcune farmacie locali che, sottobanco”, sarebbero riuscite a cedere a conoscenti e amici farmaci soggetti a prescrizione medica e solo per gravi patologie, anche tumorali, o ancora destinati ad uso veterinario, con quindi un grave pericolo per la salute in caso di abuso.

L’indagine ha dunque coinvolto vari protagonisti, dagli imprenditori del fitness che avrebbero approfittato della professione e quindi dei contatti con gli atleti per aumentare i guadagni; ai personal trainer, "o presunti tali", che si sarebbero improvvisati farmacisti, medici, nutrizionisti, e che anche per consolidare il loro prestigio nelle competizioni agonistiche, avrebbero consigliato o incoraggiato il consumo di anabolizzanti ai loro atleti, talvolta procurati da loro stessi; ma anche commercianti di prodotti per le palestre che tra le vendite legali avrebbero aggiunto quelle di farmaci e sostanze vietate.

IL CARABINIERE-SPORTIVO E L’USO DEI FARMACI

Nella rete degli investigatori è finito anche un appuntato dei carabinieri del ruolo forestale, accusato di essere il preparatore atletico del deceduto, e che si ritiene abbia prescritto e fornito gli anabolizzanti che, secondo quanto ricostruito dalla Procura di Palmi, sarebbero stati la principale causa della sua morte dell 40enne.

Il militare, noto sportivo e preparatore atletico nella provincia reggina, aveva una ampia platea di atleti che si rivolgevano a lui via internet o per passaparola, e che si ritiene abbia allenato anche somministrando e vendendo sistematicamente farmaci anabolizzanti e stupefacenti, con consegne regolari effettuate a mano o via posta.

L’appartenenza all’Arma dei Carabinieri di Gullì, ha però rappresentato un aggravamento della sua condotta: la sua qualifica infatti, “notoria a gran parte delle persone - spiegano gli investigatori - era di per sé un fuorviante elemento di affidabilità e sicurezza, tanto è che tra i suoi numerosi clienti sono stati individuati anche alcuni singoli appartenenti alle forze dell’ordine. Tale gravissima violazione dei doveri e obblighi della sua professione è stata però, come sempre accade, prontamente e severamente colpita e approfondita dai suoi stessi colleghi dell’Arma reggina”.

LE DISTORSIONI NARCISISTICHE DELLA PERSONALITÀ

L’operazione di oggi, che segue altre e recenti eseguite dalla polizia e dai Carabinieri in tutto il territorio nazionale, testimonia la gravità e l’attualità del doping e quindi del consumo di anabolizzanti, anche da parte dei più giovani, un fenomeno che interessa anche la provincia dello Stretto.

“Un commercio illegale - sostengono gli inquirenti - che non si limita alle competizioni sportive e agonistiche, ma che si sta diffondendo anche a livello amatoriale, interessando soggetti che, con evidenti distorsioni narcisistiche della personalità, sviluppano una vera e propria dipendenza da tali sostanze fino al punto di essere disposti a cagionarsi gravi problemi di salute, e a mettere a repentaglio la propria vita pur di modificare il proprio fisico”.

In questo contesto definito “allarmante”, alcuni presunti “gurudal facile risultato, improvvisati personal trainer che si arrogano le competenze specialistiche di medici, farmacisti, nutrizionisti e dietologi, favoriscono e inducono gli sportivi al consumo di questi farmaci da un elevato costo, permettendo enormi guadagni illegali.

Proprio le eventuali vincite nelle competizioni sportive alimentano poi l’autorevolezza del “personal trainer” e dell’atleta, creando un pericolosissimo circolo vizioso a discapito della salute collettiva.

I PERICOLI NASCOSTI DIETRO DOPING E ANABOLIZZANTI

La specifica normativa penale, solo negli ultimi anni rafforzata e aggravata, consente una sempre più costante opera repressiva da parte della Magistratura e delle Forze dell’Ordine, così da far luce, anche attraverso opere di sensibilizzazione e campagne informative, sulle zone d’ombra del mercato nero dei farmaci dopanti.

I pericoli della salute sono evidenti e assoluti, al pari di altre più note sostanze stupefacenti, sebbene meno conosciute e vanno dai danni al sistema cardiovascolare, alle malattie epatiche, alle alterazioni del metabolismo, con il conseguente rischio di arteriosclerosi, ritenzione di liquidi nei tessuti (il cosiddetto edema), alterazioni psichiche (depressione, aggressività, libido, dipendenze), l’arresto prematuro della crescita scheletrica, la viscosità che accresce il rischio di trombosi, infarto o ictus, l’aumento del volume di organi e ipertensione. E questi sono solo alcuni degli effetti collaterali del consumo di anabolizzanti e ormoni della crescita.