‘Ndrangheta reggina, confiscati circa 8 milioni a imprenditore ritentuto “colluso”
I finanzieri del Nucleo Speciale Polizia Valutaria, sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, hanno confiscato il patrimonio di un imprenditore 50enne, P.A., detto Daniele, e costituito dal compendio aziendale di diverse imprese, quote societarie, immobili, autoveicoli e rapporti finanziari, stimato in circa 8 milioni di euro e dislocato su tutto il territorio nazionale.
Al 50enne, peraltro sottoposto alla Sorveglianza Speciale con obbligo di soggiorno, è stata riconosciuta la pericolosità sociale, per una presunta contiguità alle cosche di ‘ndrangheta degli “Iamonte” di Melito Porto Salvo e dei “Piromalli” di Gioia Tauro e dal ruolo di imprenditore ritenuto “colluso”.
Nel dettaglio, il provvedimento si fonda sulle risultanze delle attività investigative della Guardia di Finanza, dalle quali sarebbe emerso che l’imprenditore fosse, da tempo, in affari con la ‘ndrangheta, avendo avviato e accresciuto le proprie attività grazie ad una “contiguità funzionale” e agli appoggi delle cosche, egemoni nelle rispettive aree.
Uno stretto rapporto che secondo gli inquirenti sarebbe consolidato da anni sostenendo l’ascesa dell’imprenditore e favorendo gli interessi dei sodalizi mafiosi, rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio.
Le investigazioni hanno preso spunto dalle risultanze dell’operazione “Ada” (QUI), conclusasi con l’esecuzione, nel corso del 2013, di provvedimenti cautelari e personali nei confronti di numerosi affiliati alla cosca Iamonte accusati, tra gli altri reati, di associazione di tipo mafioso (QUI).
L’attività condotta dalle fiamme gialle si è avvalsa delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ed avrebbe consentito di appurare come il 50enne non solo conoscesse da tempo i vertici della cosca Piromalli ma che li frequentasse e si rapportasse con loro; “ciò - sostengono gli investigatori - attraverso un rapporto tale da produrre mutua collaborazione e reciproci vantaggi, aventi ad oggetto i comuni interessi da realizzarsi sia sul territorio calabrese che in diverse parti del territorio nazionale (Emilia Romagna, Lazio e Lombardia)”.
In relazione agli esiti degli accertamenti effettuati, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, su richiesta della Dda, con due diversi provvedimenti risalenti al 2018 ed al 2019 aveva disposto la misura cautelare del sequestro sul patrimonio considerato come accumulato illecitamente dall’imprenditore.
Al riguardo, le indagini a carattere economico-patrimoniale delegate dalla Dda delineerebbero il profilo di pericolosità sociale qualificata dell’uomo ed accerterebbero una sproporzione esistente tra il profilo reddituale e quello patrimoniale dell’imprenditore e del suo nucleo familiare, che nella gestione dei propri affari si sarebbero avvalsi anche di prestanome.
In questa vicenda è stata determinante la ricostruzione dei flussi finanziari, agevolata dal supporto informativo contenuto in alcune segnalazioni di operazioni sospette pervenute al Nucleo Speciale di Polizia Valutaria per fini di prevenzione antiriciclaggio.
Lo sviluppo analitico di tali preziose informazioni ha costituito, come accade spesso in indagini analoghe, un imprescindibile strumento di supporto utile ad orientare le investigazioni ed aggredire i patrimoni di provenienza illecita.