‘Ndrangheta. Confiscati i beni al commercialista del clan Iamonte

Reggio Calabria Cronaca

Condannato in via definitiva, nel 2015, per associazione mafiosa, in quanto ritenuto il punto di riferimento e uomo di fiducia sul piano contabile e tributario della cosca Iamonte, operante nell’area grecanica, un commercialista di Melito Porto Salvo si è visto confiscare, stamani, beni per un valore di circa due milioni di euro.

Secondo gli inquirenti, difatti, il professionista avrebbe messo a disposizione del clan di ‘ndrangheta le sue conoscenze tecniche, gestendo la contabilità di alcune attività commerciali e società intestate a “prestanomi” o a teste di legno, essendo consapevole dell’identità dei reali titolari delle stesse.

I consigli alla cosca

Inoltre, avrebbe dato consigli e suggerimenti ai vertici della cosca utili per sviare i controlli delle autorità, soprattutto in momenti di fibrillazione della consorteria, come in occasione di indagini da parte dell’Autorità Giudiziaria.

Come si legge nel provvedimento, emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Procura - il commercialista avrebbe fornito, perciò, la sua collaborazione ad ampio raggio, sconfinando “a pieno titolo in una vera e propria condotta di valenza associativa”.

Le abilità professionali

L’ipotesi è che abbia assicurato stabilmente le sue abilità tecnico-contabili per consentire di aggirare i divieti di legge ed eludere la normativa sulle misure di prevenzione consentendo l’arricchimento della cosca e il consolidamento della sua capacità di condizionare, attraverso forme di partecipazione solo apparentemente lecite, larghi settori dell’economia locale.

È stata quindi ritenuta sussistente la pericolosità sociale dell’uomo, tanto in relazione all’accertata partecipazione alla cosca Iamonte, quanto alla commissione del reato di “trasferimento fraudolento di valori” in termini di intestazione fittizia di beni.

Il valore sproporzionato

Le indagini condotte dalle fiamme gialle di Melito Porto Salvo in collaborazione con lo Scico, avrebbe fatto emergere un compendio patrimoniale direttamente e indirettamente nella sua disponibilità, il cui valore è considerato decisamente sproporzionato rispetto alla capacità reddituale manifestata dallo stesso. Alla luce di ciò è stato dapprima disposto il sequestro di prevenzione (QUI) e poi la confisca di sette immobili.