Università e Coronavirus, la didattica durante il lockdown: presentata indagine UniCal

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«Nei mesi di lockdown il sistema universitario italiano non si è fermato, non ha mai interrotto la sua funzione educativa. Ha dato prova di grande resilienza, avviando subito a distanza lezioni, lauree, esami».

Lo ha detto il ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, intervenendo alla presentazione dei dati del progetto di ricerca interuniversitario Clue (Corona Lockdown University Experience), condotto dall’Università della Calabria e dalla Baden-Wuerttemberg Cooperative State University (DHBW), per analizzare le aspettative e le esperienze vissute dagli atenei durante le fasi più critiche dell’emergenza Coronavirus. La presentazione dei dati è in corso, trasmessa in diretta sul canale YouTube dell’Unical.

La risposta del sistema universitario, ha detto ancora il ministro, è stata omogenea su tutto il territorio. «C’è stato un grande lavoro da parte dei docenti e una straordinaria manifestazione d’impegno da parte degli studenti. In tutto il Paese, da nord a sud, dal centro alle aree interne. Da questo dobbiamo partire – ha detto Manfredi – È stata una sperimentazione, con risultati molto importanti per tutto il sistema».

«La dimensione fisica è irrinunciabile per l’Università. Ma evitiamo crociate antitecnologiche»

«L’Università è comunità. L’apprendimento è legato anche all’interazione con i docenti, con i colleghi, con i compagni di corso che arrivano da altri Paesi. Parlo anche come docente: la mia esperienza personale mi dice che la dimensione fisica per l’Università è irrinunciabile. Se guardiamo alla storia dell’università occidentale, il contatto e l’interazione ci sono sempre stati».

Questo quanto ha sostenuto ancora il ministro Manfredi, intervenendo alla presentazione dei dati del progetto di ricerca interuniversitario Clue (Corona Lockdown University Experience), condotto dall’Università della Calabria e dalla Baden-Wuerttemberg Cooperative State University (DHBW).

«Dobbiamo evitare però crociate antitecnologiche. I nostri studenti sono nativi digitali e per loro è naturale usare i device. La didattica – ha proseguito il ministro –deve essere più interattiva. Mi aspetto, quindi, che daquesta esperienza si avvii una discussione non ideologica ma propositiva».

«Dobbiamo - ha aggiunto - parlare di più degli studenti, parola spesso poco presente nei nostri discorsi. Eppure noi esistiamo come comunità che forma gli studenti: ragioniamo con loro. Questa ricerca offre un contributo molto qualificato per quello che sarà il lavoro dei prossimi mesi. Un lavoro che, come abbiamo detto in questi giorni anche durante gli Stati Generali, dovrà rimettere al centro l’Università, la Ricerca e l’Alta formazione come pilastriper il futuro dell’Italia».

Nel prossimo anno accademico «l’università dovrà tornare prevalentemente in presenza, ma senza lasciare indietro nessuno» ha poi ribadito il titolare del dicastero dell’Università e della Ricerca.

«Non possiamo essere certi che - ha aggointo - in autunno si torni a una piena mobilità. Quindi bisognerà garantire a tutti, anche a chi non potrà raggiungere gli atenei, la possibilità di seguire a distanza le lezioni. Quando poi torneremo alla normalità, dovremo fare in modo che questa esperienza resti patrimonio. Nell’ambito della didattica erogata in presenza, ci sonoattività, come corsi di recupero o il ricevimento studenti,che possono essere fatti a distanza. L’e-learning non sostituisce quello che viene fatto in aula ma può avereuna funzione integrativa».