Emolumenti e rimborsi non dovuti alla “task force” veterinaria della Regione, otto indagati
Poco più di un milione di euro incassati sotto forma di emolumenti, rimborsi spesa o spese di trasferta, in un periodo di circa 9 anni.
Importi che in realtà - e secondo la Procura catanzarese, che ha indagato su questo - non sarebbero dovuti essere affatto corrisposti.
Questo si contesta a cinque persone, tra dirigenti veterinari e dipendenti delle Asp di Crotone, Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria, che oggi si sono viti colpire da un sequestro preventivo e a cui si contesta il reato di abuso d’ufficio. Sono invece otto in tutto gli indagati, anche qui veterinari ma anche alti dirigenti pubblici.
Ad eseguire il provvedimento, che porta la firma del Gip Giulio de Gregorio, sono state le fiamme gialle di Catanzaro nel corso di un’operazione denominata “Artemide”.
Gli interessati dalla misura sono Fabio Arigoni, 60enne di Roccabernarda (nel crotonese), dirigente veterinario dell’Azienda sanitaria provinciale di Crotone, e che si è visto sequestrare circa 350 mila euro; Gianluca Grandinetti, 58enne di Soveria Mannelli (nel catanzarese), dirigente veterinario dell’Asp di Catanzaro, e destinatario di un sequestro di circa 270 mila euro.
Ed ancora, Maurizio Anastasio, 63enne di Rende (nel cosentino), dirigente veterinario dell’Asp di Cosenza, a cui sono stati sequestrati poco più di 323 mila euro; Achille Straticò, 58enne di Bisignano (nel cosentino), dipendente dell’Asp di Cosenza, destinatario di un sequestro preventivo per circa 86 mila euro; e Giuseppe Loprete, 73enne di Marina di Gioiosa Ionica (nel reggino), ex dipendente dell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, ora in pensione, a cui sono stati sequestrati invece poco più di 75 mila euro.
Tra gli indagati anche l'ex commissario alla sanitò Massimo Scura, l’ex sub commissario Andrea Urbani e Pasquale Turno, coordinatore della task force veterinaria.
Si tratta in particolare di cinque dirigenti medici veterinari individuati dalla Regione Calabria per far parte della cosiddetta “task force veterinaria”.
Gli inquirenti ritengono che abbiano percepito indebitamente, dal 2011 e fino al 2019, delle indennità stipendiali non dovute, in quanto per norma di legge l’incarico ricoperto non avrebbe dovuto comportare retribuzioni aggiuntive.
Il provvedimento arriva al termine delle investigazione condotte dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro, e dirette dal Sostituto Chiara Bonfadini sotto il coordinamento dall’Aggiunto Giancarlo Novelli e del Procuratore capo Nicola Gratteri.
Le indagini mirano a dimostrare, dunque, che a partire dal 2011 e, come dicevamo, fino al 2019 i componenti della task force, pur essendo stati impiegati ai sensi di una specifica legge regionale (la n. 8/2003) - che prevede la possibilità di utilizzo dei dipendenti delle Aziende sanitarie regionali senza oneri aggiuntivi - avrebbero invece percepito tre differenti emolumenti che in realtà non gli sarebbero spettati.
I pagamenti di quest’ultimi sarebbero stati determinati con dei provvedimenti assunti dal coordinatore della stessa task force e dai vertici delle strutture commissariali per la sanità calabrese, nei cui confronti sono in corso ulteriori approfondimenti.
Tra l’altro, questi provvedimenti erano stati più volte censurati dalle strutture del Ministero della Salute, deputate a vigilare sulla gestione commissariale, in quanto si trattava di una retribuzione forfettaria ragguagliata a 10 ore settimanali di prestazioni aggiuntive.
Questa indennità, in particolare, e sempre secondo le strutture del dicastero, sarebbe stata “priva di ogni fondamento giuridico”, in quanto corrisposta indipendentemente dallo svolgimento effettivo delle prestazioni aggiuntive.
I cinque avrebbero poi ottenuto dei rimborsi chilometrici per le trasferte dall’Asp di appartenenza alla struttura regionale. Anche questi importi però non sarebbero stati dovuti, perché i componenti della struttura avrebbero dovuto operare fisicamente proprio all’interno della Cittadella regionale.
Inoltre avrebbero percepito dei compensi per ore di pronta disponibilità (la cosiddetta reperibilità), che sarebbero astrattamente previsti solo per esigenze di servizio straordinarie e urgenti. Esigenze che, in concreto, non sarebbero state riscontrate.
L’erogazione delle indennità sarebbe proseguita senza interruzione sino a quando, alla fine dello scorso anno, il commissario ad acta in carica, in seguito a una richiesta di documentazione avanzata in sede investigativa, le aveva revocate con suoi provvedimenti.