La carne non solo non fa male ma è anche in grado di curare
La carne non solo non fa male ma è anche in grado di curare: è quanto emerso dagli studi che il Dipartimento di medicina veterinaria e produzioni animali (DMVPA) dell’Università Federico II di Napoli e il Dipartimento di medicina di precisione dell’Università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli hanno effettuato sul processo di maturazione delle carni ideato da Alessandro Cuomo, proprietario del brevetto relativo al metodo e al dispositivo di maturazione, che è attualmente prodotto e commercializzato su licenza in tutto il mondo con il marchio Maturmeat®.
Gli studi hanno riguardato carni bovine e bufaline e sono stati effettuati sotto la supervisione di Giuseppe Campanile, Professore di zootecnia speciale, come attività rientrante nel progetto Razionale (miglioRAmento delle caratteristiche funZIOnali e della shelf life degli alimeNti derivanti da tecniche innovAtive di alLEvamento della bufala), finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico nell’ambito del PON Imprese e Competitività 2014-2020.
I risultati delle analisi hanno confermato la validità del metodo Cuomo e hanno dimostrato come tale metodo, insieme con il relativo dispositivo di maturazione che lo applica (brevetto 1408549 rilasciato dal Ministero dello sviluppo economico, da gennaio 2019 brevetto EP2769276B1 rilasciato dallo European Patent Office), attua un processo in grado di migliorare qualità organolettiche (in termini di tenerezza e succosità), qualità nutraceutiche e salubrità della carne, nei suoi diversi possibili tempi di maturazione, che possono essere brevi, medi, lunghi.
In maniera ancora più interessante, le analisi illustrate da Balestrieri (Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) hanno rilevato un risultato sorprendente ovvero che gli effetti derivanti da questo metodo di trasformazione sono in grado di trattenere e aumentare importanti molecole funzionali, nella fattispecie biomolecole antinfiammatorie e antiossidanti contenute in particolare nelle carni bufaline. La possibilità di valorizzare tale tipologia di carni è dunque un’opportunità da cogliere. A questo proposito, Alessandro Cuomo evidenzia che un elemento fondamentale per ottenere un’eccellente materia prima è l’approccio di filiera e ritiene che siano di primaria importanza le tecniche di allevamento, la dieta e il benessere dell’animale a trecentosessanta gradi.
L’evento, promosso dal DMVPA dell’Università Federico II di Napoli, ha visto la partecipazione di importanti esponenti del mondo accademico e del panorama politico della Regione Campania. Autorevoli le relazioni di Giuseppe Campanile, Professore di zootecnia speciale (DMVPA – Università Federico II) e di Aniello Anastasio, Professore di ispezione degli alimenti di origine animale (DMVPA – Università Federico II). Interessanti i risultati delle analisi presentate da Maria Luisa Balestrieri (Dipartimento di Medicina di Precisione dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli) e Raffaele Marrone (DMVPA – Università Federico II). Quest’ultimo ha dimostrato tutti i miglioramenti derivanti dall’applicazione del metodo Cuomo alle carni bufaline, per il tramite dell’algoritmo implementato dal Maturmeat®.
Dagli studi è emerso chiaramente su cosa si basa la differenza tra una normale cella frigorifera per la conservazione della carne e il maturatore brevettato Maturmeat®: il dispositivo maturatore consente l’autoregolazione di un algoritmo microclimatico in funzione dell’analisi real-time sia dell’ambiente di maturazione, che della carne in trasformazione. Importantissima è la capacità del Maturmeat® di influenzare i livelli di acidità delle carni in esso contenute, per il tramite di un sistema pH-metrico, che consente di mantenerli un range di sicurezza e di scongiurare così processi di degradazione come la putrefazione o l’ammuffimento.
La possibilità di mangiare carne buona, sicura e “che fa bene” è merito dunque anche di un processo di maturazione brevettato, unico nel suo genere, grazie al quale è possibile caratterizzare e controllare l’ambiente di maturazione per il solo tramite di azioni fisiche come unici “ingredienti” del processo. In virtù di questo, il mondo accademico legittima l’utilizzo della definizione “ricetta climatica”, una definizione ideata da Alessandro Cuomo già nel giugno 2009 con la registrazione del dispositivo Ricettario Climatico® (brevetto n.1395586 rilasciato dal Ministero dello Sviluppo Economico).