Cittanova. L’appello di Rete dei Comuni Solidali: “aiutiamo un bimbo che rischia di morire”
Antonio (un nome di fantasia per tutelarne la privacy) ha solo due anni di vita ma ne dimostra meno. Non cammina e non camminerà mai. Non riesce a mangiare.
Respira a fatica perché la sua malattia gli atrofizza gli organi vitali. Si chiama tetraparesi spastica con ritardo mentale grave. Antonio non avrà una vita lunga, è quello che tutti i (tanti) medici consultati dagli operatori della cooperativa Sankatra continuano a ripetere.
Antonio vomita sangue adesso, gli operatori che si occupano di lui volontariamente chiamano l’ambulanza ma a causa dell’emergenza covid e di una sanità disastrata, quella calabrese, di ambulanze non ce ne sono.
Allora il bimbo viene caricato in macchina insieme alla mamma, il papà non ce l’ha. Un’altra operatrice prende in carico il fratellino, anche lui malato.
In ospedale l’attesa è lunga e alla fine non c’è una diagnosi, l’ospedale non ha i mezzi necessari per farla. Andrebbe trasferito altrove, a molti chilometri di distanza ma la madre è disperata ed esasperata dai lunghi, inconcludenti, ricoveri ed ha perso fiducia nelle istituzioni sanitarie.
È così che trascorrono le giornate degli assistenti sociali, degli psicologi, dei mediatori e degli operatori sociali della cooperativa Sankara, socia della Rete dei Comuni Solidali. Da anni.
Si tratta di lavoratori di un progetto di accoglienza per casi ordinari, quello del comune di Cittanova, nella piana di Gioia Tauro. Un comune con un sindaco e un’amministrazione comunale estremamente sensibili verso le persone in difficoltà, che si impegnano quotidianamente a sostenere.
Antonio, con i suoi gravissimi problemi di salute, il suo fratellino e la sua mamma non dovrebbero essere qui, dovrebbero trovarsi in un centro specializzato, dove lui possa essere seguito da personale sanitario.
Invece è a Cittanova, praticamente dalla nascita. Dapprima all’interno del sistema di protezione per i rifugiati poi, scaduti i termini dell’accoglienza, non rinnovata dal Servizio centrale Siproimi (più interessato a richiedere stupide relazioni e atti burocratici piuttosto che a pensare alle persone in carne ed ossa), affidato alle cure volontarie del personale di Sankara.
“Il grado di civiltà e di sviluppo di una società si misura dalla sua capacità di promuovere e difendere i diritti di coloro che sono più fragili, indifesi, incapaci di tutelarsi autonomamente. I bambini e le famiglie in stato di vulnerabilità rientrano certamente in questa categoria. Se così è, la Calabria e l’Italia hanno fallito” commenta Giovanni Maiolo delle Rete Comuni Solidali.
“Antonio – spiega - fin dalla nascita ha subito una serie infinita di ricoveri e accertamenti diagnostici, avvenuti in varie strutture ospedaliere d’Italia. Da un momento all’altro può morire. Questo è quello che ci sentiamo dire. E al doloroso pensiero della possibile morte di un bambino nato da poco si unisce la consapevolezza che nessuno vuole farsene carico. Che il tempo che gli resta da vivere non possa essere accompagnato dalle cure necessarie a migliorare la qualità della sua piccola, breve vita”.
Le condizioni di salute dei bambini, due gemelli, sono così gravi da richiedere che vengano accolti in strutture sanitarie che possano efficacemente sostenerli.
“Di certo un semplice progetto Siproimi per casi ordinari non era quanto gli serviva, né lo è, attualmente, il sostegno pur appassionato dei volontari di Sankara, che non hanno competenze sanitarie”, aggiunge Maiolo facendo sapere poi che sono state innumerevoli le segnalazioni fatte dagli operatori di progetto ai referenti del Servizio Centrale.
Diverse anche le richieste di supporto e aiuto per sostenere il carico familiare che inevitabilmente sovraccaricava il progetto di richieste che esulavano dalle finalità; così come tante le segnalazioni alle Istituzioni e Autorità Giudiziarie e, non per ultimo, diverse le richieste d’inserimento ai Servizi Sociali del Comune di Cittanova a strutture residenziali “casa famiglia”, che hanno ripetutamente espresso parere negativo all’accoglienza giustificandolo con la difficoltà a prendersi carico delle problematiche presentate.
“Questa è la nostra società, che – sbotta Maiolo - propone misure di accoglienza specializzata ma che, contemporaneamente dimostra che il valore umano, la dignità della persona e i propri diritti sono solamente una formalità non traducibile in risposte effettive di presa in carico”.
“Per questo – prosegue - abbiamo deciso di lanciare questo appello di fronte all’abbandono delle istituzioni. Diffondiamo la loro storia nella speranza che qualcuno si faccia avanti e possa aiutarli. Da quando sono nati Antonio e suo fratello hanno ricevuto solo rifiuti ma dev’esserci, da qualche parte, qualcuno che abbia le competenze e le professionalità, ma soprattutto il cuore, di aiutare questa sfortunata famiglia”, concludono il referente della Rete Comuni Solidali.