Omicidio Sacko, le motivazioni: “Volontà omicida indiscutibile”

Vibo Valentia Cronaca
Da sinistra: Antonio Pontoriero e Soumayla Sacko

Ha ucciso “senza remoreAntonio Pontoriero, 46enne di San Calogero, accusato di aver ucciso Soumaila Sacko, il migrante gambiano attinto da colpi di fucile nell’area della fornace “La Tranquilla” il 2 giugno 2018 (QUI). Pontoriero è stato condannato a 22 anni di reclusione (LEGGI).

Per i giudici il 46enne avrebbe agito senza “remore” per “difendere il possesso di un bene abusivamente acquisito alla sua disponibilità, malgrado potesse raggiungere lo stesso effetto solo intimidendo, con condotta peraltro caratterizzata da reiterazione degli spari, sintomo di particolare intensità del dolo”.

Pontoriero, che considerava la fornace come un bene di famiglia, avrebbe reagito male all’intrusione di giugno. Per i magistrati tanto i familiari, quanto il 46enne, avrebbe esercitato “una abusiva signoria sull’area dismessa e sequestrata, tanto da aver già in passato attuato iniziative volte a impedire la sottrazione delle lamiere, usualmente prese di mira dai residenti della tendopoli di Rosarno, così da manifestare serio e concreto interesse alla conservazione dei beni, sui quali proprio la vittima unitamente ai suoi due compagni aveva inteso porre mano”.

Nelle carte i giudici scrivono che “l’azione di Pontoriero” non si sarebbe fermata “nemmeno dopo che il Soumalia, chiaramente avvistabile dalla sua posizione, era caduto in terra colpito al capo: tanto a dimostrazione dell’assoluta accettazione (…) dell’evento morte quale possibile conseguenza della sua azione. Ove si fosse trattato di errore esecutivo l’agente avrebbe interrotto l’azione: e invece la “caccia” era continuata, con imperturbata determinazione, sino a riservate a ciascuna delle sue vittime la sua punizione”.

Per i magistrati, Pontoriero avrebbe quindi sparato per uccidere. “La volontà omicida – sintetizza la sentenza – è indiscutibile: attingendo da quella distanza tutte e tre le vittime (…) aveva mostrato ampia esperienza nell’uso dell’arma in dotazione e, con essa, piena consapevolezza in ordine alla capacità lesiva del munizionamento”.