Video omofobo Reggio, il diffusore: “Dietro i diritti civili squadre di odio antifascista”
Prima esclude “ogni ipotesi di omofobia” in quanto dice di avere “alcune amicizie di persone omosessuali, con le quali ho instaurato un rapporto pacifico e con le quali c’è una stima reciproca. Non ho paura delle persone che hanno fatto una scelta diversa dalla mia. Anzi, sono un forte sostenitore delle diversità, ma soprattutto un rispettoso cittadino”, poi invia un altro comunicato stampa con il quale ribadisce che “bisogna accettare che in questa società si possa e si debba avere un pensiero diverso rispetto a chi subisce gli influssi nefasti di esotiche mode e di teorie, che l’esperienza ha dimostrato assolutamente idiote”.
E invece di usare la parola omosessuali usa “effeminati”, affermando di volersi rifiutare di “entrare nella questione della scelta di vita che fanno gli effeminati in quanto non mi sento in diritto di giudicarli e/o condannarli, anzi, la loro scelta attiene alla inviolabile intimità”.
Il latore del comunicato è colui che si firma militante del popolo, ovvero chi ha pubblicato il video su Youtube nel quale due ragazzi omosessuali sono stati ripresi mentre, seduti su una panchina del lungomare di Reggio Calabria, si scambiavano effusioni (QUI).
E vuole fare ancora “chiarezza”, ribadendo che “in merito ai video pubblicati da altri utenti – quindi non di mia proprietà – che da 4 anni circolano liberamente in rete su social e piattaforme video, ma che solo adesso ci si accorge dell’esistenza per il semplice fatto che a pubblicarli sia stato io. I video in questione sono relativi a due effeminati che sul lungomare di Reggio Calabria si scambiano spinte effusioni, contrarie all’ordine naturale della vita. Se è vero che di per sé – a mio modesto avviso – non stavano facendo nulla di male e non era loro intenzione far qualcosa di male, bisogna però riconoscere che quanto stava accadendo era contrario al buon costume e al decoro dei luoghi pubblici”.
“Il video che ho pubblicato non voleva suscitare assolutamente giudizi contro gli effeminati o contro le loro scelte, ma voleva evidenziare – nelle mie intenzioni – che determinate situazioni non possono e non devono avvenire in luoghi pubblici. Ferma restando l’ipotesi che ho tutto il diritto di esprimere la mia opinione in merito a ciò che non molti anni fa in Italia era considerata una malattia e, per l’appunto, in merito a determinati fatti che avvengono in luoghi pubblici”.
E prosegue ancora scrivendo che “le frasi contenute nel video non hanno alcuna matrice di odio e di giudizio ma, anzi, seppur forti e coincise, rappresentano quello che è il pensiero legittimo di chi il video lo ha elaborato e che lo stesso pensiero – a mio parere – possa essere condiviso (o meno) da una moltitudine di persone, ma in modo sereno e pacifico, come ogni dibattito, degno di essere definito tale, debba svolgersi”. Eppure le frasi offensive del video hanno incitato all’odio e all’intolleranza.
E poi si scaglia contro la campagna mediatica che l’avrebbe travolto. Scrive che “gli antifascisti ad orologeria” avrebbero scatenato “momenti di odio e intolleranza”. E prosegue, dicendo che l’attacco nei suoi confronti avrebbe una “chiara matrice politica, ben delineata”. Perché il militante scrive di essere stato “censurato” “da alcune testate locali che si prestano a divulgare – dalle colonne dei loro siti – insulti gratuiti alla mia persona, per giunta permettendosi di interpretare un mio comunicato chiarificatore e pacificatore (si tratta di una sola redazione in realtà, e aggiungo fortunatamente)”.
E va oltre, scrivendo che questo rancore “proviene proprio da alcuni candidati alle scorse elezioni al consiglio comunale di Reggio Calabria” quelli che per il firmatario del comunicato “vogliono fare la “rivoluzione in santa pace” dietro uno schermo e che pontificano da un comodo divano”.
Gli antifascisti che per il militate del popolo “avevano l’occasione di tacere” sono invece accusati di aver “sovrastato con la loro retorica bolscevica a danno dei diritti civili che, invece, sarebbero potuti emergere dal dibattito che stava per prendere forma soprattutto in un momento così delicato in cui in Parlamento si sta contrastando una eventuale norma liberticida: il ddl Zan”.
Si scaglia poi contro questa parte politica accusata di voler screditare la sua persona e di aver messo in mezzo i bambini della squadra di calcio di cui è istruttore. Ecco perché annuncia di voler scendere “in campo per dare il mio contributo affinché l’antifascismo venga dichiarato universalmente “organizzazione terroristica”.