Operazione “Metameria”, sigilli a cinque imprese. Quindici persone indagate
È partita dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Roberto Lucibello, ex socio dell’imprenditore Francesco Giustra - arrestato il 16 febbraio scorso e indagato per concorso esterno in associazione mafiosa - l’operazione che ha portato al sequestro di cinque imprese del reggino per un valore di 15 milioni di euro e alla denuncia di 15 persone.
Questa mattina i Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria, su coordinamento della Procura della Direzione Distrettuale Antimafia locale, diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, hanno eseguito il decreto emesso dal Tribunale del capoluogo a conclusione dell’operazione Metameria. (QUI)
Sigilli dunque alla “Panoramic Stop di Penna Vincenza & Co. S.a.s.” di Reggio Calabria; alla “Impresa Individuale API di Iannò Francesco”, sempre a Reggio Calabria; alla “Eco. F.a.l. Snc di La Valle Egidio e Francesco”, a Villa San Giovanni; alla “Logam Srl - Logistica per l’ambiente” di Villa; e alla “BM Service Srl” di Reggio Calabria.
Le 15 persone sono state deferite a vario titolo per riciclaggio e autoriciclaggio, violazione delle norme sulle accise e per fatturazione per operazioni inesistenti.
Il provvedimento è scaturito dalle indagini che - avviate nel 2017 dai Carabinieri del Reparto Operativo reggino, e dirette dai Sostituti della Dda Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Domenico Cappelleri - hanno portato il 16 febbraio all’emissione di 28 provvedimenti cautelari e a ricostruire i rapporti della cosca Condello di Archi con imprenditori ritenuti come asserviti totalmente alla ‘ndrangheta.
Grazie alle dichiarazioni di Lucibello gli inquirenti hanno scoperto le trame della cosca che si ritiene sia guidata da Demetrio e Giandomenico Condello, e hanno portato alla luce un affare che sarebbe stato legato all’acquisto del parco veicoli della Leonia Spa.
Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia è emersa la figura di Francesco Iannò, imprenditore nel settore della distribuzione dei carburanti che lavora a Reggio Calabria con due impianti, ad Arghillà ed Arangea.
Iannò, per gli inquirenti, avrebbe riutilizzato capitali attraverso l’emissione da parte di soggetti compiacenti, di documenti fiscali attestanti operazioni commerciali inesistenti, riferibili ad una presunta frode in commercio nel settore della vendita di carburanti.
Sempre in base alle indagini, Iannò avrebbe usato un ingente quantitativo di carburante “in nero” sottratto alla compagnia petrolifera, grazie alla complicità di diversi soggetti che fanno parte della filiera di controllo.
Avrebbe quindi gestito e trasportato il carburante, poi reinserito nella rete di distribuzione da lui controllata con i due impianti di Reggio.
Gli inquirenti sostengono che per giustificare le maggiori spese, l’imprenditore avrebbe sovrafatturato le forniture rese a favore di alcune imprese-clienti, restituendo loro la differenza tra il prezzo reale e quello artificiosamente rappresentato nel documento fiscale in contanti.
Le imprese-clienti avrebbero agevolato l’attività di riciclaggio, utilizzando, ai fini fiscali, le fatture per operazioni parzialmente inesistenti, così conseguite.
Inoltre le imprese “Eco. F.a.l.” e “Logam”, all’epoca dei fatti erano sottoposte a controllo giudiziario. Pertanto le condotte fraudolente sarebbero finite per nascondere, anche agli amministratori giudiziari nominati dal Tribunale, i flussi finanziari generati dal “sistema”.
Gli inquirenti hanno inoltre accertato condotte simili, ma per importi inferiori, da parte di imprese per le quali il gip non ha disposto il sequestro, avuto riguardo ai più ridotti profitti conseguiti.