Inchiesta Cuore matto, Utic “fantasma”: quattro rinvii a giudizio

Catanzaro Cronaca

Rinvio a giudizio per gli indagati dell’inchiesta Cuore matto (QUI). È la decisione della gup di Catanzaro Paola Ciriaco che ha chiesto il processo per Rosanna Frontera di 56 anni, di Catanzaro, legale rappresentante della casa di cura “Villa Sant’Anna spa”; Giuseppe Failla, 65 anni, di Catanzaro, direttore generale della clinica; Domenico De Fazio, 66 anni di Torre di Ruggiero, dipendente dell’Asp di Catanzaro e della stessa clinica Villa Sant’Anna Hospital.

La posizione di Gaetano Muleo, 75 anni, di Catanzaro ma residente in Perugia, direttore sanitario della casa di cura dal 2010 e fino ad agosto 2019, è stata stralciata per gravi motivi di salute. Il processo partirà il 15 marzo 2022.

L’indagine, condotta dai militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Catanzaro e coordinata dai sostituti Chiara Bonfadini, Vito Valerio, dal procuratore aggiunto Giancarlo Novelli e la direzione del procuratore della Repubblica, Nicola Gratteri, verte sulla gestione del reparto di “Unità terapia intensiva coronarica” (Utic), ufficialmente operante all’interno della clinica “S. Anna” ma per gli inquirenti mai entrato in funzione (QUI).

Le fiamme gialle sostengono che fin dal 2013, la casa di cura fosse accreditata dal servizio sanitario regionale alla gestione dei posti-letto Utic, che richiedono un monitoraggio continuo e costante dei parametri vitali nei pazienti con gravi scompensi cardiaci in atto.

Al termine delle attività sarebbe però emerso “inequivocabilmente” che lo stesso reparto non sia mai stato concretamente avviato, che fosse senza attrezzature conformi agli standard del servizio e del personale medico e paramedico adeguatamente preparato e in numero sufficiente a garantire un’efficace turnazione e assistenza 24 ore al giorno.

I pazienti cardiologici acuti, pertanto, sarebbero stati assistiti e trattati non presso la specifica unità, come normalmente sarebbe dovuto accadere, ma nei reparti di cardiologia o di unità terapia intensiva post-operatoria (gli Utipo), mentre i posti letto ufficialmente destinati all’Utic avrebbero ospitato dei ricoveri ordinari.

Così facendo si ipotizza che la clinica sia riuscita a ottenere dal servizio sanitario regionale - tra il 2013 e il 2019 - un profitto considerato illecito e stimato in oltre 10 milioni di euro.