Olio extravergine, Presidenti Confagricoltura: «Difendere l’unicità delle nostre produzioni»
«Occorre bloccare sul nascere qualsiasi modifica che possa inficiare la qualità delle produzioni di olio extravergine d’oliva italiano e calabrese. Sulla quale tanti imprenditori hanno investito risorse e competenze per generare un prodotto che è e deve restare d’eccellenza». È la richiesta che formulano Alberto Statti, Pierluigi Taccone e Walter Placida, rispettivamente presidente di Confagricoltura Calabria, presidente regionale e nazionale della sezione Olivicola di Confagricoltura sul tema delle modifiche ai parametri dell’olio extravergine di oliva al centro dei lavori del Consiglio oleico internazionale.
«Non è possibile restare inerti – aggiungono – su una questione che interessa il futuro stesso dell’intero comparto agricolo calabrese e italiano visto che le produzioni di olio Evo ne rappresentano uno dei pilastri fondamentali. Evidenziamo con forza che un’eventuale riduzione dei requisiti per ottenere quelle certificazioni minerebbero alle basi quel lungo lavoro svolto da chi quotidianamente si sacrifica per far crescere la filiera con conseguenti devastanti su qualsiasi ipotesi di sviluppo e di occupazione».
«In questo senso bene ha fatto – dicono - l’assessore regionale Gianluca Gallo a rendersi promotore di un’iniziativa politica con i suoi colleghi assessori delle altre Regioni a tutela degli imprenditori olivicoli italiani e seguendo la nostra proposta».
Secondo Statti, Taccone e Placida, «l’introduzione di nuovi requisiti che prevedano la diminuzione di parametri di acidità come anche di altre caratteristiche chimiche finirebbero per svilire quelli che sono, semmai, i nostri punti di forza e che rendono unico l’olio extravergine d’oliva calabrese e italiano».
«Le caratteristiche degli oli Evo italiani – sostengono a questo proposito - estremamente eterogenei ed incomparabili nei loro gusti e profumi provengono da un patrimonio olivicolo unico per biodiversità e formato da decine e decine di varietà diverse, come è diverso il nostro territorio. Essi subiscono nel corso degli anni, pur conservando le ottime qualità sensoriali, differenze di acidità dovute ad andamenti climatici non stabili».
Secondo i tre esponenti di Confagricoltura, «il rischio di disperdere questo patrimonio di biodiversità è un dato ineluttabile se parte di queste produzioni verranno svalutate».
«Le caratteristiche organolettiche di un olio extravergine di oliva fino alle acidità di 0,8, ma anche di 1 grado – spiegano in particolare Statti, Taccone e Placida - non cambiano in funzione dell’acidità. Circa vent’anni fa si è applicata una riduzione da 1 grado a 0,8, ma gli extravergine non ne hanno tratto alcun vantaggio».
«Se si volesse valorizzarne la qualità – specificano - bisognerebbe prendere in considerazione altri parametri, come l’acido oleico, che distingue concretamente gli oli di oliva dalla maggior parte degli oli di semi e non l’acidità, sulla quale con metodi diversi si potrebbe addirittura intervenire con procedimenti non molto ortodossi, ma soprattutto prendendo in seria considerazione la pratica del panel test, vero elemento identificativo di un olio Evo di alta qualità».
«La nostra climatologia – affermano ancora - è di tipo mediterraneo, con inverni miti ed umidi, estati calde o temperate, ma comunque umide. Tali condizioni favoriscono le numerose patologie fungine, tipiche dell’olivo, la loro presenza, per quanto contrastata, comporta qualche decimale di acidità in più, senza alterare le caratteristiche qualitative dei nostri oli».
«Al contrario Paesi come la Spagna, in particolare l’Andalusia – sottolineano Statti, Taccone e Placida - appartengono climaticamente ad un’area continentale, con inverni secchi e freddi ed estati torride, in cui la presenza di crittogame e di parassiti è molto limitata. Questo favorisce le basse acidità, ma non le caratteristiche organolettiche degli oli ottenuti».
«Perseguire questa ipotesi di riduzione dei parametri, sia fisici che chimici – sostengono conseguentemente i tre esponenti di Confagricoltura - significa radiare dal mercato una fetta consistente della produzione italiana di extravergine, oggi abbastanza valorizzata, introducendola nella fascia degli oli vergini, il cui valore è di poco superiore agli oli lampanti. Si corre il rischio di escludere dalla gamma degli extravergini, oli con caratteristiche organolettiche ottime e continuare ad ammettere oli sensorialmente discutibili».
«Per la Calabria, secondo una stima approssimata – evidenziano - gli oli Evo di acidità superiore allo 0,4 sarebbero circa il 40% dell’intera produzione».
«Non si vede inoltre la necessità – affermano ancora Statti, Taccone e Placida - di creare categorie aggiuntive a quelle esistenti. Vi sono le Dop e Igp che già occupano degli spazi di alta qualità». Per tutto questo i tre esponenti di Confagricoltura ritengono che «accettare questa ipotesi di riduzione dei parametri di acidità, come di altri, per gli oli extravergine sarebbe sbagliato». «Si asseconderebbero interessi che non sono i nostri – affermano - e che, porterebbero a vanificare il lavoro degli ultimi anni, nei quali l’olio Evo italiano ha assunto valori economici ben superiori alle medie internazionali. Il rischio concreto sarà quello di ritrovare sugli scaffali della grande distribuzione gli stessi oli di oggi, ai medesimi bassi prezzi, con qualche decimo di acidità in meno, ma con le medesime discutibili caratteristiche sensoriali». «Viceversa valorizzare il panel – propongono - incrementare i polifenoli e l’acido oleico e limitare i perossidi, sarebbe una manovra accettabile, non strumentale e non punitiva per i nostri oli». «Siamo convinti – sottolineano ancora Statti, Taccone e Placida – che questa corsa ad “appiattire” le produzioni in nome di una standardizzazione finisca con il danneggiare tutti: produttori e consumatori». «Inoltre – aggiungono il tre esponenti di Confagricoltura – eventuali modifiche produrrebbero un aggravio di costi che peserebbe sulle tasche degli agricoltori calabresi ed italiani come è avvenuto con l’introduzione delle regole del glifosate: maggiori costi a cui però non corrisponderebbe anche un incremento dei prezzi, con un conseguente danno irreparabile per la tenuta economica e dunque occupazionale dell’intero settore».
Da qui l’appello lanciato, infine, da Statti, Taccone e Placida: «Chiediamo al nostro Governo di fare muro contro questa catastrofica ipotesi di modificare quei parametri e attivare semmai un’azione forte per difendere quel patrimonio costituito dalle produzioni agricole d’eccellenza tra le quali spicca proprio quella dell’olio evo italiano e calabrese».