Zungri. Anni di molestie, minacce e persecuzioni: 52enne finisce in carcere

Vibo Valentia Cronaca

Minacciata, molestata, perseguitata per quattro lunghi anni. Un incubo creato dal marito, da cui si era separata per poi divorziare.

Così l’uomo, un 52enne di Zambrone, è finito in carcere con le accuse di atti persecutori e danneggiamento a seguito di un incendio.

Sono stati i carabinieri ad eseguire la misura emessa dal gip del Tribunale di Vibo Valentia, Valentina Marina Russo, e richiesta dalla Procura guidata da Camillo Falvo.

E sono diverse le condotte reiterate contestate all’uomo da parte del sostituto procuratore Maria Cecilia Rebecchi, che ha coordinato le indagini condotte dai militari.

Come emerso dagli elementi acquisiti, l’uomo avrebbe più volte seguito l’ex convivente, telefonandole a qualsiasi ora del giorno e della notte, molestandola e minacciandola di morte dicendole: Prima o poi ti ammazzo”.

In diverse occasioni la donna è stata presa a schiaffi, tirata dai capelli, sfiorata da una bombola a gas che le è stata tirata addosso. Il culmine è stato l’incendio dell’auto avvenuto sotto casa.

È da qui che sono partite le indagini dei Carabinieri di Zungri. Il presunto autore del danneggiamento è stato identificato, a incastrarlo sono state le dichiarazioni della donna, di due dei cinque figli e del vicino di casa intervenuto per spegnere le fiamme.

La vittima ha quindi riferito agli inquirenti del rapporto conflittuale creatosi con l’indagato già durante il matrimonio e sfociato in episodi violenti, causati dall’abuso di alcool, che l’hanno poi indotta a chiedere la separazione.

L’incubo è però proseguito, e la vittima avrebbe evitato di denunciarlo precedentemente “per vergogna”, “per mancanza di fiducia nella giustizia” e “per amore della famiglia”.

Un’escalation criminale seguito addirittura dal tentativo di manomissione della ruota - che “impone - a giudizio del gip - l’adozione di un urgente presidio cautelare per scongiurare il rischio, con evidenza attuale e concreto, di reiterazione criminale”.

Il carcere è stata ritenuta l’unica misura idonea per una personalità considerata “aggressiva e violenta ma anche per il fatto che l’uomo abita sullo stesso pianerottolo della vittima.