Lo spaccio a Palermo con la coca calabrese, colpo a “Cosa Nostra”: otto arresti
Otto persone finite in carcere ed il sequestro di una villa in via Altofonte a Palermo: sono stati disposti dal Gip del Tribunale del capoluogo siciliano nell’ambito dell’indagine “Brevis II” diretta dalla Dda locale.
Sotto la lente degli inquirenti il traffico di droga, prettamente cocaina, hashish e marijuana, ed il relativo spaccio in diverse aree del capoluogo siciliano.
Un’inchiesta dalla quale emergerebbe infatti come l’hashish fosse acquistata in Spagna, a Malaga, e - come già in altre occasioni - quanto alla cocaina si facesse riferimento invece a calabresi che si sarebbero occupati della relativa consegna.
GLI ARRESTATI
Le manette sono così scattate per quattro palermitani, Giuseppe Calvaruso (44 anni), Giovanni Caruso (50), Angelo Costa (28), Francesco Duecento (20); tre napoletani, Gianluca Carrotta (26 anni), Giuseppe Bifano (45) e Ciro Casino (49); e per un locrese, Domenico Pangallo (38).
Le accuse contestate sono di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e allo spaccio, estorsione e trasferimento fraudolento di beni e valori, tutte aggravate dal metodo mafioso.
LA CUPOLA 2.0
L’indagine, condotta dai militari del Nucleo Investigativo dei Carabinieri, costituisce un’ulteriore colpo inferto al mandamento palermitano di Pagliarelli, appartenente a Cosa Nostra, permettendo di riscontrare quindi l’operatività di quell’articolazione a Palermo.
Alcuni degli indizi raccolti erano già confluiti nel di fermo emesso dalla Dda ed eseguito il 4 aprile scorso nell’ambito del primo filone della stessa indagine che aveva consentito, tra l’altro, di individuare e arrestare il presunto nuovo vertice del mandamento, già arrestato a dicembre 2018 nell’operazione “Cupola 2.0”.
Gli sviluppi hanno portato anche ad acquisire indizi su una vicenda ritenuta particolarmente indicativa del ferreo controllo territoriale attuato da ‘Cosa Nostra’ tramite la risoluzione diretta di controversie tra privati e che si sarebbe conclusa con l’intervento in prima persona del presunto reggente del mandamento di Pagliarelli.
In tal modo quest’ultimo sarebbe riuscito a entrare in possesso di una lussuosa villa con piscina situata in un’area rurale di Palermo.
L’immobile, oggi sequestrati, venne usata come abitazione principale del presunto boss e della sua famiglia, sebbene intestato formalmente al legittimo proprietario.
IL FLUSSO DI DROGA
Il gruppo criminale, sempre secondo l’ipotesi degli investigatori, avrebbe contato su un continuo afflusso di droga garantito dalla rete di rifornimento intessuta insieme ad altri sodali palermitani, che differenziavano gli interlocutori di riferimento a seconda del tipo di stupefacente di volta in volta richiesto: come accennavamo, i campani per l’hashish ed i calabresi per la coca.
Gli inquirenti evidenziano come il presunto promotore dell’associazione dedita al narcotraffico, fosse il destinatario e gestore materiale delle somme ottenuto dallo smercio della droga.
LA CASSA DEL CLAN
Si tratterebbe del capo del mandamento mafioso di Pagliarelli e sarebbe stato il soggetto deputato alla gestione della cassa del gruppo, destinata a raccogliere il denaro necessario al mantenimento dei familiari dei consociati detenuti.
La coincidenza tra le somme raccolte col traffico di stupefacenti e quella destinata ai presunti consociati tra le sbarre, ha portato ad inquadrare nel provvedimento cautelare quell’attività in un disegno criminale più ampio e finalizzato a garantire la sussistenza stessa dell’organizzazione mafiosa.
Nel corso dell’attività, poi, erano già state arrestate in flagranza tre persone e denunciato in stato di libertà un altro soggetto, oltre ad esser sequestrati circa 70 kg di stupefacente e 20 mila euro in contanti.
LE SETTE AREE DI SPACCIO
L’operazione di oggi, frutto di una complessa indagine coordinata dalla Dda di Palermo, ha un importante valore strategico, poiché consentirebbe di delineare come sia effettivamente ‘Cosa Nostra’ a garantire l’afflusso costante di stupefacenti nel capoluogo siciliano.
È solo grazie a questo imponente import criminale che poi la droga arriverebbe nelle varie piazze di spaccio cittadine, in relazioni alle quali i Carabinieri di Palermo hanno effettuato ben 112 arresti in soli 35 giorni, eseguendo diversi provvedimenti cautelari, riguardanti sette presunte vaste aree di spaccio.
IL MARKETING CRIMINALE
Gli inquirenti, in base ai gravi indizi sin qui raccolti in più procedimenti, ritengono quindi “che l’attività di vendita al dettaglio considerata da ‘Cosa Nostra’ anche un vero e proprio ammortizzatore sociale da ‘concedere’ alle fasce delle aree cittadine più critiche, in una chiara ottica di marketing criminale volto al proselitismo mafioso”.
“Nei confronti di gruppi criminali o di interi nuclei familiari, pur venendo tollerata l’assai remunerativa gestione delle numerose piazze di spaccio cittadine (anche al fine di garantire un’offerta costante che sostenga la domanda elevata di stupefacenti), l’organizzazione mafiosa mantiene però sempre il ferreo controllo del più lucroso flusso di approvvigionamento di stupefacente sull’isola”, affermano dall’Arma.